Capitolo 5.

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Confusione, caos, disordine, tutto nella mia testa.

La casa era vuota, vi ero soltanto io, ma tra quelle mura sentivo un peso sulle mie spalle, mi sentivo come bloccato da qualcosa di inesistente, pressato e imprigionato da qualcosa che non mi piaceva; come prigioniero di una colpa che non avevo, intrappolato, triste e confuso, come con un arma puntata contro.

Avevo passato circa un paio d'ore chiuso in camera a scrivere, cantare e sfogare il mio dolore: era in quei momenti che scrivevo le canzoni più belle, le pagine del mio diario con esse erano contornate da piccole chiazze scure che corrispondevano alle lacrime che cadevano dal mio viso e che non riuscivo a recuperare in tempo; non me ne resi subito conto ma la canzone che avevo appena scritto era un capolavoro su un pezzo di carta poi stracciata e buttata nel cestino perché come soggetto aveva lui, Louis.

Andai in bagno e decisi di fare una doccia per rilassarmi, mentre l'acqua bollente scaldava il mio corpo rigido nella mia testa continuava a risuonarmi quella stupida melodia che avevo scritto e, ad ogni nota che la mia mente suonava, mi innervosivo sempre di più.

In fretta uscì dalla doccia, mi vestii, presi il cellulare, le chiavi e decisi di andare a fare una passeggiata sulla spiaggia speranzoso che il suono delle onde dell'oceano potesse calmarmi.

La spiaggia era deserta, la sabbia aveva perso il suo calore, la luna si specchiava nel mare diventato blu come il cielo notturno.

Mi sedetti sulla riva, a pochi centimetri dal punto in cui le onde si infrangevano sulla sabbia, chiusi gli occhi e respirai come nel tentativo di lasciare andare ogni pensiero nella mia mente.

Tentativo fallito.

Sentivo che sarei potuto scoppiare da un momento all'altro, dovevo parlarne con qualcuno e l'unica persona alla quale potevo aggrapparmi in quella situazione era Niall.

Guardai sullo schermo del cellulare l'orario ed erano da poco passate le undici; pensai che in Inghilterra fossero circa le sette di sera, ora in cui Niall si rilassava prima di cena.

Andai sulla rubrica, selezionai il nome del mio migliore amico che, senza darmi troppo tempo per i ripensamenti, rispose in pochi istanti alla chiamata.

«Ehi Harry!!»

«Ciao..»

«Tutto ok?» chiese il biondo sentendo il velo di tristezza che traspariva dalla mia voce.

«No. Tu come stai?» mi limitai a rispondere solo qualche sillaba mentre nella mia testa cercavo di formulare un pensiero su come avrei potuto raccontare a Niall tutto quello che mi stava succedendo.

«Io tutto bene, ho iniziato il corso estivo di cucina un paio di giorni fa, ma non è importante.. Cosa ti sta succedendo?»

«Eh, è quello il problema, non capisco cosa mi stia succedendo!»

«È colpa di quel coglione di Tomlinson?!» chiese con tono innervosito e preoccupato.

«No.. Si.. Anche..»

«Spiegati meglio!» ordinò con fermezza, e fui sollevato dal fatto che volesse sapere veramente cosa mi stesse accadendo.

«Non so come spiegarlo.. Tieniti forte.»

«Mi metti ansia, amico.»

«È lungo da spiegare..»

«Riassumi e nel caso non riuscissi io ho tutta la serata libera.» disse ridendo.

Presi un respiro come speranzoso che in quell'aria che mi entrava nei polmoni ci fosse anche un briciolo di coraggio, ma alla fine mi decisi a dire tutto; se dovevo raccontare quello che mi stava succedendo Niall era la persona migliore, solo lui sarebbe stato in grado di darmi un vero consiglio.

Treacherous || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora