Capitolo 9

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Alzai lo sguardo ancora assonnato e vidi Louis che mi guardava sorridente mentre non smetteva un attimo di arrotolare ciocche dei miei capelli intorno alle sue dita, gesto che trovavo dannatamente attraente.
Il suo sorriso, quel sorriso rivolto a me che mandava a puttane il mio battito cardiaco.   
«Oh! Guarda chi si è svegliato.» disse come se fossi un bambino, mi mancava sentirmi trattato in quel modo, coccolato.
«Quindi non era tutto un sogno.» sussurrai a me stesso.
«Stai meglio?» disse Louis per poi iniziare ad accarezzarmi il braccio.
«Ora si, decisamente meglio.» 
Era assurdo pensare come la persona che mi aveva fatto soffrire per tutti quegli anni ora era quella che mi faceva stare meglio.
«Cosa significano?» chiese Louis indicando i tatuaggi visibili dal mio petto nudo.
Mi alzai e mi misi seduto al suo fianco.
«È lungo da spiegare.»
«Non ho niente da fare oggi pomeriggio.» disse poggiando le braccia dietro la testa mettendosi comodo.
Louis mi stava chiedendo di parlargli dei miei tatuaggi ma la verità è che ero imbarazzato, insicuro, nessuno sapeva il vero significato di quei disegni, non avevo mai avuto il coraggio di raccontarlo a nessuno, quei segni sulla mia pelle erano me, ogni segreto o sfaccettatura che avevo era disegnata su di me.
Presi un respiro.
«Questo è il primo tatuaggio che ho fatto, a sedici anni di nascosto dai miei genitori.» dissi indicando una piccola scritta sul polso che diceva “I can’t change”.
Louis mi guardava attento passando lo sguardo dai miei occhi al tatuaggio.
«Cosa significa?»
«L’ho fatto circa un mese dopo aver fatto coming-out, quando solo poche persone accettavano veramente chi ero, quando tanti, troppi, mi dicevano che sarei guarito presto, come se la mia scelta fosse stata una malattia..» mi tremava la voce, molto, troppo «..l’ho fatto per darmi forza, per ricordarmi di non reprimere me stesso, di non cambiare per gli altri,  per quelle persone che approfittavano della mia scelta per deridermi.» Tra quelle persone vi era anche Louis.
Sul polso, la scelta del luogo era ben ovvia: quel periodo fu il peggiore della mia vita, quando ogni passo facessi la gente parlava alle mie spalle, mi prendeva in giro e io ero ancora relativamente piccolo, forse troppo piccolo per affrontare tutto quello, avevo bisogno di sfogarmi, di punirmi per quello che avevo deciso di farmi passare e i miei polsi furono vittimi della battaglia con me stesso.
«Mi dispiace.» disse Louis abbassando lo sguardo.
«Non preoccuparti. Non racconto mai questa storia anche per non essere compatito ma fa parte di me, della mia vita ormai.» feci spallucce.
Odiavo quelle situazioni, odiavo quando le persone si dispiacevano per qualcosa che non capivano, l’avevo provato solo io quel dolore letteralmente sulla mia pelle, nessuno poteva capirlo.
Spostai il mio sguardo al soffitto cercando di non far scendere le lacrime.
«Tutto ok?» chiese Louis sapendo già la risposta.
Scossi la testa e una lacrima cadde veloce sulla guancia; Louis la raccolse prontamente con il pollice accarezzandomi il viso, scontato dire i brividi che provocò quel gesto e mi venne in mente una frase che adoravo e che avevo appuntato tra le prime nel mio diario: ‘Piangere davanti a qualcuno vuol dire fidarsi e se quel qualcuno ti asciuga quelle lacrime bhè, quello è un altro discorso. Quello è essere amati’.
Lo guardai negli occhi forzando un sorriso per il gesto appena fatto nonostante dentro stessi rivivendo le cose raccontate, quei ricordi più simili a incubi che alla vita comune.
«Ora ci sono io qui con te, non sei solo.» disse accarezzandomi il viso.
«Hai detto bene: ora. Quando torneremo a casa, quando ci sarà mia sorella?»
«Conta su di me una, due, cento, mille volte. Se hai bisogno sono qui, Hazza.»
«Hazza?!» chiesi; come faceva a sapere quel soprannome così personale?
«Mi piace chiamarti così, tua sorella mi ha detto che da piccolo quando ti chiedevano come ti chiamavi tu rispondevi con Hazza.» disse ridendo.
«Ah, e qual era il tuo soprannome da piccolo?» chiesi curioso.
«Le mie sorelline mi chiamavano Boo Bear.» disse imbarazzato.
«Aw, Boo.» dissi ironicamente.
«Che questa cosa non esca da questa stanza!» disse fintamente deluso.
«Prometto.» 
Alzai la mano in segno di promessa e questa fu subito prontamente unita a quella di Louis, guardò le nostre dita intrecciate, sorrise e mi sentii subito meglio.
Mi accoccolai con la testa poggiata alla spalla di Louis mentre le nostre mani non si erano ancora divise.
«Quando sto con te mi sento bene.» disse dopo una pausa di silenzio.
«Anche io.» risposi alzando lo sguardo sul suo viso.
La mano di Louis accarezzò il mio viso portandolo alla sua altezza, i nostri occhi erano sulla stessa altezza, le nostre labbra sempre più vicine, Louis bagnò maliziosamente le sue labbra passandoci la lingua.
Deglutii nonostante non avessi nessuna traccia di saliva nella mia bocca.
Non parlavamo, non facevamo gesti, ci avvicinavamo sempre di più, millimetro dopo millimetro mentre sentivo il mio cuore scoppiare, come volesse uscire da un momento all’altro dal petto.
Gli ultimi attimi di aria furono veloci, le nostre labbra ormai troppo vicine furono attirate tra loro come un magnete, con foga, passione, felicità; in quel momento eravamo felici; in quel momento esistevamo solo noi, nella testa ogni pensiero o paura era svanito.
Quel bacio con nessuna traccia di castità ma allo stesso tempo ricco di una dolcezza inestimabile, quel bacio che non era il primo e, speravo, neppure l’ultimo, quel bacio nessuno dei due voleva fermare.
Quel tipo di bacio che avevo provato solo ubriaco quando alle festa finivo nei bagni con persone che non conoscevo, quel tipo di bacio che, però, non aveva mai suscitato nemmeno un briciolo delle sensazioni che provavo in quel momento.
Era come se ogni bacio con Louis rivoluzionasse ogni cosa, come se sostituisse il mio cuore con uno più nuovo, non consumato, con uno pieno di vita da regalare a lui.
In quell’attimo prima di baciarci, pensavo a talmente tante cose che non ricordo quasi niente.
Mentre le nostre labbra continuavano a sfiorarsi, la sua mano tra i miei capelli e la mia che accarezzava la sua guancia, mentre eravamo più uniti di prima in quel silenzio, sentii la serratura della porta d’ingresso aprirsi.
Allontanai Louis spingendolo con le mani sul petto.
«Scusa, forse ho esagerato.» disse deluso.
«Non è per quello: è arrivato qualcuno. E, per essere precisi, non hai esagerato.» dissi sorridendo.
«Louis!!» sentii gridare dal piano di sotto da una voce che sembrava quella di Gemma.
«Vado a parlarle.» disse alzandosi dal letto con viso rigido.
«No!» gridai afferrandolo per la mano.
«Non preoccuparti, fidati di me.»
«Non fare cazzate!» 
Lo lasciai uscire dalla porta per poi alzarmi e posizionarmi in cima alle scale in modo da ascoltare la loro conversazione senza farmi vedere, non avevo idea di quello che Louis avrebbe detto a mia sorella.
«Eccoti!» gridò Gemma.
«No, niente abbracci o baci per favore.» disse Louis con tono fermo.
«Cosa sta succedendo?» chiese Gemma con tono serio.
«Devo parlarti..»
«Louis, cosa cazzo sta succedendo?» gridò mia sorella.
«Dobbiamo allontanarci un po’, dopo stanotte mi sono reso conto di essere confuso, di non sapere cosa significa veramente amare. Non voglio illuderti Gemma, sono sincero con te. Devo chiarire le cose con me stesso, non so chi sono, cosa voglio, che relazione voglio..»
«Come?»
«Io ci tengo a te, sei una persona importante nella mia vita ma prima di illuderti devo capire che persona sono io.»
«Capisco..» disse Gemma con tono dolce.
«Veramente?»
«Devo aspettare un po’, mica tutta la vita!» disse lei convinta della sua relazione.
Immaginai il sorriso finto sul viso di Louis in quel momento.
Gemma era una certezza per Louis, un motivo di orgoglio; io ero un punto di domanda, una confusione nella sua mente, ero l’opposto rispetto ai suoi programmi; aveva veramente affrontato la sua certezza per me?
Mia sorella amava Louis, lo si capiva da come reagiva, dal fatto che avrebbe fatto tutto pure di non lasciarlo andare, lo capivo da come lo guardava, da come parlava di lui.
Mi sentivo un mostro ma allo stesso tempo ero felice per quello che era accaduto, era possibile sentire due cose così opposte allo stesso tempo?

Ero accovacciato dietro al muro dal quale, qualche metro più avanti, iniziavano le scale; intento a non farmi vedere, curioso e allo stesso tempo spaventato di come sarebbe andata avanti la scena.
Ero felice, immensamente felice che a Louis importasse qualcosa di me ma, allo stesso tempo, non potevo fare a meno di ripetermi quanto fossi meschino a fare una cosa del genere, scorretto nei confronti di mia sorella, dei miei genitori e di me stesso, dei principi con cui ero cresciuto.
Sembrava come se, con l’arrivo di Louis in quella casa, con l’inizio di quelle vacanze, tutto fosse cambiato, come se dentro di me ci fosse un’altra anima che spingeva per uscire, un nuovo me stesso e tutto sommato non ero mai stato così bene come in quel momento.
Immaginavo gli sguardi tra Louis e Gemma al piano di sotto dopo essersi parlati, mia sorella che non riusciva a smettere di fissare il suo innamorato e il ragazzo che osservava i suoi piedi, imbarazzato, non sapeva cosa fare; e mi sembrava tutto così assurdo, Louis era così assurdo, così diverso da come l’avevo delineato nella mia mente fino a qualche settimana prima.
Con Louis ogni momento, ogni attimo era una scommessa, un rischio, qualcosa di impensabile, solo il fato sapeva come questa storia sarebbe continuata.
Quello che stava succedendo, il modo in cui mi stavo comportando, avrebbe deluso ogni persona vicina a me, ogni membro della mia famiglia; lo sapevo dentro di me, ero sicuro che la verità non sarebbe mai uscita dalla mia bocca e nemmeno da quella di Louis, impauriti entrambi di rovinare tutto, eravamo destinati a stare lontani, senza nessun contatto, la vita passata lo aveva delineato ma quando stavamo insieme tutto cambiava, eravamo felici, quella felicità che non sentivamo da tanto, stavamo bene solo insieme, l’uno vicino all’altro.
Forse dovevamo raccontare quello che ci stava succedendo nel momento giusto; dicono che le persone che aspettano il momento giusto finiscono per aspettare per sempre ma in quel momento non me ne importava, ero disposto anche ad aspettare per sempre pur di non perdere Louis.
All’improvviso, rendendomi conto di ciò che stava accadendo, un brivido percorse il mio corpo, un segnale di paura, paura dell’amore, non sapevo descrivere a parole quello che stavo provando per Louis, qualcosa di grande per cui sarei stato disposto anche a perdere ogni cosa.
Non osavo né pensare né dire che mi ero innamorato, alla fine io dell’amore non ne sapevo nulla e pensavo fosse normale essere spaventati da qualcosa che non si conosce.
Vivere questa situazione con Louis era come camminare su un filo sospeso in aria a migliaia di metri da terra, con la paura di cadere ma allo stesso tempo con l’adrenalina e l’emozione che attraversa ogni vena del tuo corpo, un’esperienza unica in cui rischi tutto solo per vedere un bellissimo panorama e il mio panorama era Louis.

Treacherous || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora