Capitolo 3

270 11 7
                                    

Usciti dal centro commerciale arrivammo in pochi minuti a casa e, dopo aver trovato un post-it dove Gemma avvisava di aver raggiunto i miei genitori in spiaggia lasciandomi da solo a casa con Louis, sistemammo la spesa ancora in silenzio: neanche una parola da quando quella signora sulla cinquantina con i capelli bianchi ci aveva fatto notare quanto sembravamo una coppia.

Io e Louis insieme? Sorrisi senza rendermene conto.

Imposi alla mia testa di smetterla con questi pensieri; Louis era il fidanzato di mia sorella, era etero, mi odiava e io odiavo lui. Giusto?

«Sei silenzioso oggi ragazzino..»

«Perché dovrei perdere il mio fiato a parlare con te?» Risposi freddo.

Non rispose e continuò in punta di piedi a sistemare le scatole di biscotti nello scaffale più alto; era buffo vederlo così impegnato nel tentativo di non far cadere nulla, una risata mi scappo dalla bocca.

«Cosa cazzo c'è di divertente?» sbottò.

«Tu.»

«Rimangiati quello che hai detto, sfigato.»

«Fottiti.»

Lasciai cadere quello che avevo in mano, fulminai Louis con lo sguardo e mi chiusi dentro al bagno.

Le mani posate sul freddo lavandino e la testa china mentre una lacrima cadeva dal mio viso.

Ero stanco: di Louis, delle sua battute, del suo continuare a sminuirmi e a farmi pesare quello che ero sempre con un sorriso malefico sulle sue labbra.

Tutti i bei propositi per la vacanze se n'erano andati a quel paese; non sarei stato abbastanza forte per sopportare tutto ciò.

Cosa avevo fatto di male per meritarmi quel calvario?

Io, il ragazzo convinto delle sue scelte, convinto di essere forte e di sopportare tutto, si stava rendendo conto di quanto fosse debole.

Non ci pensai troppo, mi asciugai le lacrime, uscì dal bagno e andai in camera; tirai fuori la valigia da sotto il letto e rimisi dentro quello che avevo iniziato a sistemare nell'armadio.

Qualcuno bussò alla porta: Louis.

«Vattene.»

Non mi ascoltò e aprì la porta; con occhi indecifrabili si avvicinò a me e mi mise una mano sulla spalla.

«Scusa.» balbettò.

«Sai delle tue scuse cosa me ne faccio?!» cercai di divincolarmi dalla sua stretta che divenne più forte, quasi prepotente.

«Harry, ascoltami..»

«Dimmi Louis: perché lo fai? Perché mi continui a insultare? Cos'ho fatto io di male per meritarmi tutto questo?» sbottai; le parole uscivano dalla bocca senza controllo, gli occhi stavano per straboccare di lacrime.

«Io..»

«Rispondimi! Spiegamelo, perché io non capisco!»

Un fiume di lacrime iniziò a scendere sul mio viso, nonostante facessi di tutto per trattenerle.

Louis non rispose, spiazzato da quello che gli aveva detto, senza risposta.

I pollici di Louis sotto i miei occhi asciugavano le lacrime, il mio viso che fissava a terra e che il ragazzo alzò con delicatezza con l'aiuto dell'indice della mano sinistra.

Lo guardai negli occhi, occhi che non avevo mai visto da così vicino: notai le numerose sfumature azzurre e il velo lucido che ricopriva l'iride.

«Perdonami. Non so dirti perché mi comportavo così.. Dai, vieni!» disse aprendo le braccia.

Treacherous || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora