Capitolo 15.

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La donna bionda era seduta sul divano, la musica di sottofondo faceva compagnia ai suoi pensieri, l'aveva messa per distrarsi un po' ma era servita a ben poco.
Stava ripesando a tutto quello che era successo nell'ultimo mese. Da quando le cose avevano iniziato ad andar male tra loro? Perché proprio quando era certa che avrebbe potuto crearsi una famiglia e avere una certa stabilità il mondo aveva deciso di girarle le spalle?

Sospirò per l'ennesima volta fissando il soffitto. Decise di alzarsi e di dare una pulita alla casa, giusto per tenere la mente occupata. Iniziò a sistemare la scrivania nel suo studio, stava impilando distrattamente delle carte quando da una di queste scivolò una foto, quella foto. Rimase a fissarla per qualche secondo. Come si conoscevano Ermal e Fabrzio?

Silvia sapeva che per un breve periodo Ermal aveva studiato a Roma però poi era tornato a Bari. Di quel periodo diceva poco e niente. Sapeva dove aveva l'appartamento o quale autobus prendeva per andare all'università ma niente di più. Non era rimasto in contatto con nessun collega, nessuno che lo cercasse o che gli proponesse una rimpatriata.

Quello che lasciava ancora più perplessa la donna era quello che c'era scritto dietro: "sempre e solo tuo, Ermal". A chi si dice una cosa simile? E cosa era successo tra di loro per dividerli in maniera così netta da comportarsi da perfetti sconosciuti? La donna ci mise poco a fare 2+2 e a capire che il suo malumore fosse stato causato dal ritorno di Fabrizio nella sua vita. Mentre rimuginava sulle possibili risposte sapeva che era rimasta una sola cosa da fare.

Ermal sapeva a cosa stava andando incontro. Lo aveva saputo da quando il suo rapporto con Silvia era diventato più domande che momenti di tenerezza, e poi lei aveva voluto la pausa e questo poteva significare solo che stavano inevitabilmente giungendo alla fine del loro rapporto. Il ricordo improvviso del bacio con Fabrizio gli fece contorcere lo stomaco ed Ermal era sicuro non fosse dovuto all'emozione, quanto al senso di colpa nei confronti di colei che era stata la compagna della sua vita.

Avevano deciso di incontrarsi nel bar vicino casa, quello dove ogni tanto andavano a fare colazione la domenica mattina, quello che appena entri sanno già cosa servirti senza chiedere, quello che sapeva di casa e di famiglia. Dopo aver fatto una quantità indefinita di volte avanti e indietro per la sua stanza, prese le chiavi e partì.

Circa venti minuti dopo era arrivato a destinazione, si passò le mani sui jeans prima di scendere dalla macchina, non sapeva se per tentare di asciugare il sudore o per darsi coraggio da solo. Sospirò e poi scese. Aveva 36 anni, avrebbe saputo gestire una situazione simile. Dire la verità o mentire? Ermal era assillato da questo dubbio. Silvia gli avrebbe fatto moltissime domande e lui non sapeva se mentire spudoratamente oppure dire la verità col rischio di farle scoprire un uomo che non aveva mai conosciuto o peggio, farle pensare che non l'avesse mai amata.

Vide Silvia seduta in un angolo abbastanza appartato, davanti a lei c'erano già i due caffè che prendevano di solito. Si sorrisero educatamente. «Ciao» disse lei.
«Ciao» rispose lei. Per temporeggiare Ermal si aprì una bustina di zucchero e lo osservò annegare velocemente dentro il caffè, per poi prendere il cucchiaino e mescolare. «Come stai?» chiese la donna per cercare di squarciare il velo di tensione che si era creato su di loro.
«Ho avuto giorni migliori» rispose Ermal stringendosi nelle spalle. «Tu?» aggiunse.
«Così così» disse sorseggiando il suo caffè amaro. «Dove stai dormendo?»
«In hotel» l'ansia di Ermal stava uccidendo la conversazione, ne era consapevole, ma attendeva il momento della verità come un condannato a morte aspetta il suo turno. «In hotel? Non potevi andare da Andrea o da Marco?»
«Non ho raccontato di quello che ci sta succedendo. Non potevo piombare a casa improvvisamente» spiegò Ermal osservando un po' la donna di fronte a lui e un po' il caffè. «Cosa volevi dirmi?» chiese per accelerare quell'agonia. Silvia si girò e dalla borsa prese un foglietto, lo poggiò sul tavolo e glielo passò.

Ermal perse un battito. La foto. Quella foto. «Quindi ce l'avevi tu». Silvia annuì.
«L'ho trovata nei tuoi pantaloni. Volevo dartela ma poi l'ho dimenticata». Ermal sapeva che non era proprio così. Sapeva che la foto era stata trovata prima dell'intervista di Fabrizio a Milano e lei aveva deciso di usarla contro Fabrizio in quella stessa intervista. Provò un moto di fastidio per aver riservato quel trattamento a Fabrizio ma quello non era né il contesto, né il momento adatto per parlarne.
«Come vi siete conosciuti?» chiese.
«Amici di amici di quando studiavo a Roma». Bugia. Aveva scelto la strada della bugia.
«Dietro c'è scritto-»
«So benissimo cosa c'è scritto dietro. L'ho scritto io» la interruppe e si passò entrambe le mani sul viso. Risentire quelle parole avrebbe potuto seriamente mettere a rischio la sua emotività.
«E poi che è successo? Perché non vi siete più sentiti o visti?» Ermal sospirò più per la consapevolezza di doversi inventare una nuova storia che per il fatto di dover ricordare per l'ennesima volta, in quei giorni, cosa fosse successo tra di loro.
«Quando sono ritornato a Roma, dopo l'estate, Fabrizio era scomparso dalla circolazione, nessuno sapeva dove fosse e all'epoca non se la passava troppo bene. Nessuno aveva un numero di telefono o un indirizzo per andare a trovarlo» bevve l'ultimo sorso di caffè sperando che quella bevanda gli infondesse un po' di coraggio. «Per un po' ho pensato che fosse addirittura morto» disse.
«Perché vi comportate da sconosciuti? Insomma alla cena di Cardelli vi siete presentati come se non vi foste mai visti» la curiosità di Silvia era una delle cose che l'aveva fatto innamorare, adesso però, doveva trattenersi dal chiederle gentilmente di farsi i fatti suoi. Quelle cose non la riguardavano. Riguardavano solo Ermal e Fabrizio.
«Perché dopo diciassette anni è così. Ci siamo creati due vite differenti ma al tempo stesso simili. Quando l'ho conosciuto si vergognava a dire in giro di saper scrivere canzoni e adesso tutti cantano un suo pezzo» disse mestamente. Silvia lo osservò intensamente per cercare di capire cosa passasse nella testa del suo fidanzato.
«Perché quella sera a casa nostra l'hai mandato via?»
«Perché lo amo ancora». Ermal si sentiva il colpevole di un reato che dopo ore di interrogatorio finalmente cede. Vide formarsi sul volto di Silvia un'espressione confusa. E come biasimarla? Aveva appena scoperto che l'uomo che aveva amato per tanti anni amava un altro uomo. «Lo...ami...ancora» bisbigliò. Ermal sospirò.
«Silvia io capisco che tutto è confuso e che non stai capendo niente. Io e Fabrizio siamo stati insieme, per un periodo, è vero, ma non pensare che io non ti abbia amata per tutti questi anni. L'ho fatto con tutte le fibre del mio corpo e della mia anima, credimi».
«Siete stati insieme?» ripeté. Ermal abbassò la testa maledicendosi di aver detto la verità. La donna si schiarì la voce cercando di recuperare un po' di sanità mentale. «Ermal ma a te piacciono gli uomini o le donne?»
Doveva essere sincero, Ermal aveva pensato a tutto, anche un eventuale ceffone, ma questa domanda non l'aveva manco messa in conto. «Entrambi, credo».
Silvia sospirò: «Non credo abbia senso continuare la nostra relazione se tu sei ancora preso da lui» Ermal annuì debolmente.
«Credimi quando ti dico che ti ho sempre amata, ti prego». Silvia sorrise e gli carezzò una guancia.
«Ti ho amato anche io».
Ermal guardò per l'ultima volta gli occhi color cielo della donna che per tanti anni era stata il suo rifugio da un mondo che corre troppo veloce. Erano sempre belli, come il primo giorno che l'aveva vista, anche se adesso c'era qualche ruga in più. Ed erano più tristi. Quel cielo limpido era minacciato da pesanti nuvole nere che segnavano l'arrivo di un temporale.«Domani tornerà sereno» sospirò quando ormai era rimasto solo in un tavolo di un bar. 

E copriti, che ti si vede troppo il cuore,
la strada mia è diversa e non ti posso accompagnare.
(Riparare - Fiorella Mannoia)

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