Capitolo sei: Confusion

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Nel frattempo, Peter era tornato dagli altri.
"Dannazione, Peter, ti avevo detto di non allontanarti!" Esclamò Rhodes.
"Lo so... Mi dispiace" rispose mogiamente il ragazzo, ancora preoccupato per Tony.
Rhodes sospirò. "Stai bene?" Gli chiese, questa volta il suo tono di voce era calmo e comprensivo.
"Certo" rispose Peter, anche se il suo tono di voce faceva intendere tutt'altro.
Fece per partire all'attacco per distrarsi, ma, con sua grande sorpresa, vide l'HYDRA ordinare la ritirata, visto che il loro attacco stava andando decisamente male.
"Ci stiamo ritirando. Vieni anche tu" sentì Atrax nel suo auricolare e si allontanò subito da Tony. Non capiva ancora perché le sue parole lo avessero confuso e colpito così tanto, nè riusciva a capire come si sentisse in quel momento. Senza dire una parola, si voltò e si allontanò velocemente.
"Peter, aspetta..." Tentò Tony, ma fu inutile. Si sentiva così frustrato, sapeva di essere andato vicino al farlo tornare in sè.
Dopo qualche minuto, l'HYDRA era tornata nell'altro universo, usando il marchingegno di Tony e Bruce che avevano ormai rubato.
Gli altri raggiunsero Tony.
"Tutto bene?" Gli chiese Peter e lui scosse la testa. Non sapeva davvero più cosa fare.
"Tony? Mi senti?" Si sentì poi contattare Stark dall'auricolare.
"Bruce? Quasi non ci speravo più. State bene? Pepper è lì?"
"Stiamo bene, non ti preoccupare. Ho visto che avete steso tutti, si sono ritirati! Hanno rubato il macchinario, ma posso ricostruirlo, ho ancora il progetto".
"Credo che quello sia davvero l'ultimo dei problemi".
Ci fu qualche secondo di silenzio, e poi Bruce rispose.
"Peter è ancora con loro, vero?"
In risposta, Tony sospirò, giù di morale.
"Sono certo che troverai un modo".
"Certo. Ora devo capire cosa fare. Ci sentiamo. E occupati del macchinario".
Bruce gli promise che l'avrebbe fatto e Tony guardò il resto della squadra, soprattutto Strange, visto che sembrava sapere sempre cosa fare.
"E adesso?" Chiese.
"Probabilmente non faranno nulla per un po'. Poi dovremo quasi sicuramente intervenire nel tuo mondo. Cercherò prima di capire cosa vogliono fare e verrò da voi, per adesso non c'è altro da fare".
Tutti sembrano accordare e si separarono, ognuno andando per la propria strada. Rimasero solo Iron man e Spiderman, con Tony che non sapeva cosa fare.
"Puoi venire da me" propose Peter. "Spiegherò a zia May la situazione".
"Mi farebbe molto comodo. Grazie".
E così, i due si diressero nuovamente verso casa di Peter, entrando direttamente nella sua stanza dalla finestra. Peter poi tornò nei suoi vestiti normali per poi raccomandare a Tony di rimanere lì fino a quando non gli avrebbe detto che avrebbe potuto fare il contrario.
Peter si recò in cucina, dove trovò zia May.
"Hai idea di cosa sia successo? È assurdo!" Esclamò, poi lo guardò e notò i numerosi lividi sul suo viso.
"Peter, cosa ti è successo?" Chiese preoccupata, quasi correndo verso di lui.
"Beh, anche io ero lì e... Lo scontro è stato duro" rispose, sorvolando sul fatto che fossero stati causati da una versione malvagia di sè proveniente da un universo parallelo.
"Stai bene, vero?" Gli chiese e lui annuì. "Ho sentito alcune cose, sicuramente false" disse poi. "Come ad esempio che qualcuno ha combattuto nell'armatura di Tony? Ne sai qualcosa?"
"Sì... Beh, ehm..." Iniziò Peter, non sapendo bene come spiegarle la situazione. "Ecco... I nemici arrivavano da un universo parallelo. Così come Tony. Sì, era effettivamente lui e fra l'altro in questo momento è in camera mia".
"... Cosa?" Rispose zia May, confusa e stupita, non sicura di aver capito.
"Sì, beh... È così". Disse per poi dirigersi verso camera sua, facendo segno di seguirlo. Effettivamente, seduto sul letto, c'era proprio Tony.
"Oh... Questa è la cosa più strana che io abbia mai visto. E ne ho viste di cose strane". Disse zia May, sbalordita, mentre Tony salutava con la mano, non sapendo bene cosa fare.
"Può rimanere?" Chiese Peter dopo qualche secondo di silenzio assoluto e di imbarazzo. "Stiamo cercando di capire come affrontare i nemici, che sono gli agenti dell'Hydra, questa volta del suo universo. Non sa per quanto dovrà rimanere".
"Oh, ehm... Certo" rispose lei, ancora alquanto confusa dalla situazione piuttosto assurda. "Abbiamo una stanza degli ospiti, non è molto confortevole, ma..."
"Andrà bene" rispose Tony.
Nel frattempo, nell'altro universo, gli agenti dell'HYDRA stavano tornando alla base e Atrax se ne stava un po' in disparte, visto che continuava a sentirsi abbastanza confuso.
"Non prenderla troppo male, Atrax, ci rifaremo" gli disse uno degli agenti, pensando che fosse scontento per la ritirata.
"Non è quello" rispose acidamente lui.
"E cosa, allora?"
"Fatti miei".
L'agente non aggiunse altro, sapendo quanto potesse essere scontroso.
Atrax continuò a pensare. Perché aveva vacillato? Non ricordava quel nome, eppure in quel momento aveva significato qualcosa per lui. E poi, perché Iron man gli aveva detto che gli altri agenti dell'HYDRA gli avevano fatto del male? Scosse la testa. Sicuramente gli stava mentendo. Eppure, mentre aveva sentito quelle parole, aveva avuto una terribile sensazione.
Era così assorto nei suoi pensieri che quasi non si rese conto di essere arrivato alla base. Come al solito, all'ingresso vide una sedia piazzata quasi al centro. Un'immagine attraversò velocemente la sua mente: si vide legato alla sedia urlare dal dolore mentre numerose scariche attraversarono il suo corpo.
Spalancò gli occhi e indietreggiò di qualche passo.
"Stai bene? Sei pallido" gli chiese un agente e Atrax lo guardò. Un altro ricordo gli arrivò alla mente: stava cercando di scappare, ma riuscivano ad afferrarlo e proprio quell'agente lo colpiva con forza con delle ginocchiate nello stomaco ordinandogli di non provarci più o sarebbe andato peggio. Nonostante quel ricordo, Atrax cercò di sembrare impassibile.
"Certo. Tutto bene" rispose per poi allontanarsi velocemente, mentre gli altri lo guardavano in modo sospetto, iniziando a parlare fra di loro.
Atrax arrivò nella sua stanza e un terzo ricordo arrivò: questa volta lui era steso sul pavimento di una delle celle per i prigionieri, stanco, impaurito, affamato e dolorante.
Si sedette sul letto, respirando con affanno. Tutto ciò non aveva senso. Non aveva mai avuto quei ricordi fino a quel momento, quindi quelle cose non potevano essere successe davvero. Lui non era un prigioniero, lui era lì di sua spontanea volontà. Giusto?
La sua testa iniziò a fare male. A fare terribilmente male, a tal punto che si mise rannicchiato sul letto, tenendosela. Non ricordava di aver mai provato un dolore così forte.
Atrax non lo sapeva, ma nella sua stanza c'era una telecamera nascosta e da quella telecamera, gli altri agenti lo stavano osservando, avendo notato un comportamento sospetto in lui.

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