Capitolo nove: It's gonna be alright

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Peter sbattè più volte le ciglia per poi guardarsi attorno: non riconosceva il posto in cui si trovava e decisamente non era la base dell'HYDRA. Sentì poi una fitta al fianco sinistro e iniziò a ricordare gli avvenimenti accaduti, continuando però a non capire perché fossero avvenuti.
"Stai bene?" Sentì poi da una voce.
Si girò e vide Tony. Il primo istinto fu quello di mettersi in guardia, ma, sentendolo parlare, si rese conto che era stato proprio lui a raggiungerlo dopo lo sparo. Si ricordò anche di quanto quel giorno si fosse sentito al sicuro quando lui era arrivato.
Continuava a capire sempre meno cosa stesse accadendo. Gli era sempre stato detto che Tony era un nemico, allora perché l'aveva salvato? E perché quelli che avrebbero dovuto essere suoi alleati, invece, prima l'avevano preso di peso, come se fosse un prigiorniero, per poi sparargli?
Tutto ciò non aveva alcun senso.
"Devi essere molto confuso, vero?" Gli chiese poi Tony, visto che non aveva risposto alla prima domanda.
Lo osservò: era palesemente spaesato e anche abbastanza spaventato, il suo sguardo non assomigliava affatto a quello che aveva quando l'aveva rivisto per la prima volta dopo i due anni.
Peter annuì lentamente.
"Perché mi chiami Peter?" Gli chiese poi.
"È il tuo nome". Rispose Tony. "Devono avertelo cambiato. Come ti chiami, adesso?"
"Atrax". Rispose lui, confuso. "Perché avrebbero dovuto cambiarmi il nome?"
"Ti rispondo con un'altra domanda: hai ricordi precedenti a due anni fa?"
"No... Voglio dire... Ci sono dei piccolissimi momenti, ma... Non possono essere veri".
"Perché? In cosa consistono?"
Peter deglutì. Neanche sapeva perché gli stava dicendo tutte queste cose, non avrebbe dovuto. Eppure, per qualche motivo, sentiva che era la cosa giusta da fare e che di lui poteva fidarsi.
"Mi vedo nella base dell'HYDRA, ma sono un prigioniero e mi fanno del male".
"E perché non possono essere dei ricordi veri?"
"Perché non li ho mai avuti prima, e poi... Non... Non può essere". Rispose, ma non era affatto convinto di ciò che diceva.
Tony sospirò e fece per dire qualcosa, ma Peter aveva tante domande da fargli e parlò per primo: "Hai detto che ti dispiaceva, che mi avevi deluso. Che intendevi?"
Tony guardò in basso. "Ti hanno fatto del male e io non c'ero, quando invece ti avevo promesso che non ti avrei mai lasciato solo, che ti avrei sempre protetto, ma... Peter, stai bene?" Gli chiese preoccupato, quando lo vide stringere gli occhi e tenersi la testa.
Gli faceva di nuovo male, anche più dell'altra volta. Quello che diceva Tony era vero, quella scena apparve nella sua mente, seguita poi da una serie di altri ricordi e tutto ciò stava facendo esplodere la sua testa, ma non era quello l'unico problema: il suo cuore batteva all'impazzata e sentiva la gola stringere, mentre il suo respiro era corto.
Tony gli prese delicatamente le mani. Sapeva che avrebbe potuto tornare improvvisamente ad essere aggressivo, ma, per calmarlo, doveva rischiare.
"Ehi... Guardami, Peter". Gli disse con tono rassicurante.
Peter aprì lentamente gli occhi.
"Inspira ed espira molto lentamente. Va tutto bene, te lo prometto". Disse, per poi respirare anche lui molto lentamente, per incoraggiarlo.
Peter lo ascoltò e, anche se con difficoltà, iniziò a respirare più regolarmente e, pian piano, anche il dolore alla testa si placò. Quando si sentì calmo guardò Tony, mentre sentiva gli occhi riempirsi di lacrime.
"Peter..." Sussurrò Tony, finalmente riconoscendo in quello sguardo quello dello stesso ragazzo che era scomparso due anni prima.
Peter si mise seduto per poi stringersi a Tony, iniziando a singhiozzare.
"Cosa... Cosa ho fatto?" Chiese fra i singhiozzi, ripensando a tutte le persone che aveva ucciso mentre era sotto il controllo mentale dell'HYDRA.
Tony scosse la testa mentre lo abbracciava delicatamente, per evitare di fargli male alla ferita.
"Non hai fatto niente. Non sei stato tu, non eri in te. Tu non avresti mai fatto tutte quelle cose".
"Sono stato debole". Rispose lui con voce spezzata. "Non sono riuscito ad impedirlo".
"Peter, non ho mai incontrato una persona con un cuore più puro e buono del tuo. Per riuscire a cambiarti devono averti fatto un male inimmaginabile".
Peter iniziò a singhiozzare più forte, perché anche ricordare faceva terribilmente male.
"C'erano... C'erano le scosse". Iniziò a raccontare. "Erano terribilmente dolorose, ma non era tutto: dovevano... Diminuire la mia resistenza, sia fisica che mentale. Quindi..." Dovette prendere una piccola pausa prima di continuare a parlare, ripensare a quelle scene gli faceva sentire nuovamente la paura e il dolore che aveva provato durante quelle due settimane. "Quindi... Mi tenevano fermo, per poi colpirmi ripetutamente e continuavano a ripetermi che tu mi avevi lasciato da solo. Poi mi gettavano in cella e rimanevo lì fino al giorno dopo, dolorante, affamato e spaventato, sia perché non volevo che riuscissero nel loro intento, sia perché temevo che sarei morto lì, da solo, senza averti visto un'ultima volta. Eppure mi sono trovato quasi a sperare che questo accadesse, piuttosto che diventare uno di loro come poi è successo".
Tony sentì gli occhi pizzicare, ma scosse la testa: era Peter quello che aveva passato tutto questo e che aveva bisogno di conforto. Rimase quindi in silenzio per un po', semplicemente lasciandolo sfogare, per poi cercare di rassicurarlo: "È tutto finito, non devi più preoccuparti. Se osano anche solo avvicinarsi a te, giuro che gli spezzo le mani. Anzi, lo farò comunque, visto ciò che ti hanno fatto. Andrà tutto bene, te lo prometto".
Peter iniziò a calmarsi, anche perché confortato dalle parole di Tony.
"Non so se me la sento di tornare sul campo". Disse poi.
"Non devi fare nulla, se non te la senti. Nessuno ti obbligherà a fare qualcosa, non più".
Peter sorrise debolmente.
"Credo davvero che andrà tutto bene".

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