Ombre crudeli

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Forse era sorta l'alba. Forse no. Era impossibile stabilirlo.

Nel regno delle ombre il cielo è sempre un manto scuro, come se fosse costantemente coperto da una spessa coltre di nubi nere.

Questo buio mi avvolge da giorni, freddo, intenso. Mi impedisce di dormire e ormai sento che sono allo stremo delle forze.

Con un moto di rabbia afferro un sasso da terra e lo lancio chissà dove. È nero anche quello, come i ciuffi di erba sul sentiero. La pietra si perde nell'oscurità fluttuante.

Urlo a quel nulla la mia frustrazione. Le ginocchia cedono. Le terra sembra molle quando mi ci siedo. Questo posto mi farà impazzire.

Il vento che mi scuote le vesti è caldo contro i brividi della mia pelle.

Lo chiamo. Chiamo il tuo nome. Sperando che rispondi, ma se non lo hai ancora fatto da cinque giorni perché dovresti farlo proprio ora? La speranza tuttavia non è sopita, non cede come hanno già ceduto i miei nervi.

La mia mano scivola nella tasca a stringere l'amuleto. Una semplice bambolina di pezza. Era tua. La leggenda vuole che per trovare qualcuno disperso nelle tenebre si debba portare con sé un oggetto a cui era legato.

Jarlath perché ti sei avventurato quaggiù? Sapevi quanto è pericoloso questo dannato posto.

Quando il capo della gilda dei mercenari mi aveva avvisato che pur di non perdere la licenza e gli ingaggi hai deciso di accettare una missione per Darkland, avevo subito pensato che fosse uno scherzo. Se solo non avessi avuto quel brutto vizio di giocare d'azzardo la gilda non ti avrebbe mai voltato le spalle.

Mi stropiccio gli occhi e mi alzo tristemente.

So che le provviste stanno scarseggiando. Mi basteranno ancora per tre giorni se le raziono bene, l'acqua forse di meno.

Il gracchiare di un corvo mi desta da quei pensieri. Guardo in alto ma le nuvole nere si beffano di me.

Deglutisco. Il cuore pompa più forte, in attesa.

È il primo rumore che sento, diverso dal sibilo del vento costante.

Sfodero la spada, la punto contro il nulla e non succede niente. Sto per abbassare la guardia quando una figura si accorge di me. È solo una sagoma nella nebbia.

In un primo momento sorrido. Forse sei tu. Forse mi hai sentito.

Ma quando parla, la sua voce non è la tua; è una voce da donna melodiosa e seducente: «Mai abbassare la guardia nella terra degli inganni».

Stringo l'elsa e la punto verso l'ombra. Si avvicina.

Deglutisco. «Hai visto un giovane guerriero? Ero il suo maestro».

«Soltanto gli stolti passano per di qui».

La figura emerge dal buio e sei tu. Ma la voce non ti appartiene e quegli occhi rossi con cui mi fissi non sono i tuoi.

Mi riprendo dallo smarrimento.

«Allora siamo stolti entrambi» ti rispondo. Non voglio combattere contro di te, ma la lama dell'ultima spada che ti ho regalato emette un luccichio mentre la estrai verso di me.

«Jarlath...» sussurro.

Sorridi beffardo. «Vediamo come combattono gli stolti». 

 

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