Un desiderio per un cuore innamorato

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L'acqua era gelida, la discesa violenta, eppure mentre Morven stringeva la mano di quella bella e bianca sirena con la coda di salmone, ogni dolore sembrava lontano. Le bolle gli accarezzavano la pelle come soffici spugne, anziché spilli freddi, i polmoni non bruciavano mentre invocavano un disperato bisogno d'ossigeno e l'oscurità di quell'abisso, dove il suo corpo stava lentamente affondando attirato dai movimenti di quella coda squamata e dorata, era così accogliente.

Il buio del silenzio, della pace dei sensi, della nuova libertà.

Morven chiuse gli occhi su quella schiena morbida come spuma di mare e su quei capelli cremisi che tanto gli rammentavano il riflesso del tramonto sull'acqua.

Per un istante si sentì fortunato. Si sentì come un re. Lei lo aveva scelto, lei - la creatura più meravigliosa di tutte - gli stava donando una nuova vita. Poi si sentì soffocare. Il suo cuore iniziò a battere più lento, più irregolare. In quell'istante l'amore lo abbandonò per lasciare spazio alla paura.

Stava affogando.

***

Gormlaith afferrò con forza il mulinello, girando la leva che azionava il meccanismo per issare le reti. Aveva rubato quel peschereccio nel cuore della notte, governandolo da sola fino alla piccola baia tra i fiordi di cui le aveva parlato Morven. Non era stato chiaro sulla sua ubicazione, ma lei l'aveva trovata lo stesso guidata da canti melodiosi e indistinguibili.

Da quando suo marito aveva scoperto quel posto era diventato più sfuggente, le rispondeva a monosillabi e cercava di evitarla. Per una manciata di giorni si era detta che forse stava soltanto passando un brutto periodo alla cava e non voleva darle ulteriori pensieri, ma la sera, a cena, gli occhi grigi dell'uomo incontravano i suoi occhi nocciola e non la guardavano più nello stesso modo, non con la stessa intensità.

Non era mai stata gelosa, ma aveva capito che c'era un'altra donna.

Quei canti le avevano fatto accapponare la pelle.

Quando, quella notte, lui non era tornato e lei lo aveva aspettato nel letto, finché la luna aveva oltrepassato il bordo della finestra, aveva compreso anche che gli era accaduto qualcosa.

Non era sicura sulla veridicità delle leggende del mare, ma suo padre era stato un corsaro e gliele aveva raccontate quando era bambina. Quel canto le faceva pensare soltanto a una creatura magica che poteva nascondersi sotto alle onde e possedere una voce del genere.

Una voce ammaliatrice, una voce stregata.

Le era mancato il fiato quando aveva sentito uno scossone nella rete. O si trattava davvero di un grosso pesce, oppure era quello che più temeva: una ceasg.

Le robuste corde gocciolavano, la preda si dimenava e si malediceva per la stupidità di quello sciocco tranello.

Gormlaith protese la lanterna verso ciò che aveva catturato. La luce rischiarò una sirena dai capelli corvini e gli occhi bianchi simili alle conchiglie della spiaggia del villaggio. Stringeva fra le mani palmate la sua spazzola e un piccolo specchio con la cornice in ottone; quello che sua madre le aveva regalato il giorno del suo matrimonio con Morven.

La sirena emise un ringhio basso, osservandola con odio.

La donna trasse un respiro profondo e si protese verso il parapetto.

«Ho diritto a tre desideri» le disse, ricordando la leggenda, sperando di essere compresa dalla creatura. Il fiato che si condensava in nuvolette davanti alla bocca.

«Ti ho catturata, ho diritto a...» riprovò di fronte al suo silenzio.

«Sì, lo so» l'interruppe, dimenando ancora una volta la sua grande coda per spezzare le corde. «E mi hai disturbata. Dimmi ciò che vuoi e sbrigati, io sono la meno paziente fra le mie sorelle».

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