You lied

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Per poco non mi strozzo con il pezzettino di pane che mi ero messa in bocca. Cazzo, il dieci aprile, no! Mark lo sapeva. Me lo ha fatto apposta. Mi odia. E io lo odio. Perché me lo ha fatto?

-Lexie stai bene?- mi chiede Jackson. 

-Il dieci aprile è il giorno del mio compleanno.- dico, con voce quasi assente. Mark ci è rimasto male dopo quello che gli ho detto che non potevamo avere un futuro e ha preso alla lettera il fatto di non aspettarmi.  

-Jackson io non mi sento bene. Vado a casa- gli dico.

-Ok ma lascia che ti accompagni io...- propone.

-No prendo un taxi. Ci vediamo domani a lavoro- e scappo letteralmente da lui. Esco fuori dal ristorante e sento, mentre cammino, quanto sia ingombrante il mio vestito. Mi toglo i tacchi che mi infastdiscono ancora di più,  e cammino scalza per i marciapiedi freddi della città.  Casa mia è molto lontana. Mentre cammino un fluire di pensieri mi immerge e io mi pento di tutto. Mi pento di avegli detto quelle cose oggi, mi pento perfino di essere sopravvisuta, per rovinare l'esistenza agli altri. Un brivido mi percorre lungo la schiena per il freddo. Ho dimenticato la giacca nel ristorante. Non voglio tornare indietro. Da qui in avanti non guarderò più indietro. Non mi tufferò nel passato per cambiare il presente, perché da qui in avanti il presente lo voglio vivere, alla grande. Mi voglio godere tutto quello che ho. Mi voglio godere il mio fantastico ragazzo. Mi voglio godere la mia strana famiglia. Mi voglio godere i miei amici. Mentre cammino lentamente un'ambulanza mi passa vicino. O merda! Corro, per quanto il mio tubino me lo permetta e raggiungo il punto dell'incidente, col cuore in gola. Una macchina è andata diritta contro il semaforo di un incrocio. Mi affaccio al finestrino per vedere in che situazioni sono i passeggeri. Al sedile del passeggero c'è una ragazza con solo qualche taglio superficiale.  Ma il guidatore non c'è.  È schizzato fuori dal parabrezza. Faccio uscire la ragazza e la faccio sedere su uno scalino, mentre i paramedici si occupano del ragazzo che guidava.

-Ehi, sta' calma ci sono io qui con te. Sono un dottore, fatti visitare.- la ragazza annuusce. Osservo i tagli che ha sulla fronte e le chiedo se ha dolori addominali. Lei sembra ok, quindi le medico i tagli con quello che trovo sull'ambulanza. Quando finisco i paramedici stanno rimontando per andare in ospedale. Salgo anche io con la ragazza, che nel frattempo ho scoperto si chiami Lucy. 

-Allora Lucy, mi puoi spiegare cosa è successo?- chiedo. 

-Eravamo a cena fuori. Lui mi ha chiesto di sposarlo e ovviamente io ho detto di sì. Stavamo tornando a casa quando lui si è distratto un attimo e quando ha riguardato la strada una persona stava attraversando. Ha scansato l'uomo, ma così facendo è andato contro il semaforo. E lui non aveva la cintura allacciata e-e-e io glielo dico sempre di allacciarsela, ma lui non mi ascolta mai- mi dice con la voce rotta dal pianto. Quando arriviamo in ospedale espongo il caso ai chirurghi presemti.  Io non posso ancora entrare in sala operatoria, così tengo compagnia a Lucy. Impariamo a conoscerci meglio. Lei mi racconta la sua storia e io gli racconto la mia. 

-O cielo, mi dispiace per la tua memoria!- mi dice per poi abbracciarmi. In quel momento esce Owen e ci informa della situazione. È stabile. Decido così di dormire un po'. Il mio turno inizia alle sei e sono le una di notte. Vediamo se riesco a riposarmi. Salgo in ascensore, completamente assorta dai miei pensieri, tanto da non accorgermi di non essere sola. 

-Lexie cosa ci fai qui?- mi chiede una voce suadente.

-Cosa ci fa tu qui, Mark?- domando io.

-Mi hanno chiamato, per quell' incidente. Comunque non hai risposto alla mia domanda- mi risponde.

-Io ero sul luogo dell'incidente.  Poi ho fatto compagnia alla ragazza di quello sotto i ferri.- dico.

-Ah, e dove eri con un vestito così bello?- mi chiede malizioso.

-Non sono affari tuoi dott. Sloan.- gli rispondo acida.

-Ohh, come siamo acide... Verrai il mio matrimonio, piccola Grey?- domanda.

-Sono con Jackson, ma non ti preoccupare. Sarò invisibile.- gli dico gelida.

Si avvicina e fa scorrere un dito lungo la linea della mia colonna vertebrale. E io tremo. E nonostante la barriera di gelido che mi ero costruita, mi sciolgo sotto la sua voce sexy, anzi sexyssima. Mi sciolgo come un ghiacciolo al sole.

-Lo sapevo. Sei sempre la Lexie che conosco. Tremavi sempre quando te lo facevo... Prima del disastro aereo-  dice l'ultima parte della frase in un sussurro. Il bip dell'ascensore mi fa tornare alla realtà.  Prima di scendere mi giro e lo guardo per la prima volta negli occhi.

-Non continuare a vivere con la nostalgia del passato, Sloan. Non ti fa bene- e così dicendo esco, orgogliosa di me stessa.

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