trentasettesimo capitolo

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Los Angeles

Non appena mise piede in casa potette giurare che non ci fosse nessuno. Il silenzio dentro l'edificio le faceva ronzare le orecchie.

"Phoebe? C'è qualcuno?" Chiese nella speranza di ricevere una risposta.

Nessuno rispose e affamata si diresse in cucina per prendere qualcosa.

Li avranno i krumiri?*

Guardò nella dispensa ma non trovò nulla di interessante, passò al frigo e dentro ci trovò una torta molto invitante. La prese, cercò un cucchiaio e si sedette a tavola.

"Mmhm, che buona." Disse assaporando il boccone che si era appena messa in bocca.
Ne prese un altro e un altro ancora.
Era deliziosa.

Un rumore alla sua sinistra le fece quasi soffocare con la torta. Si girò e vide due occhietti scuri avvolti da del pelo bianco che la fissavano incuriositi.

"Ma che cosa è? Un topo?! Oddio che schifo!" Urlò saltando di scatto sul tavolo. Esaminò meglio la palla di pelo e realizzò di essere una deficiente.

Scese dal tavolo e si avvicinò all'esserino.

"Come ho potuto scambiare un cane per un topo? Ora ho pure problemi di vista? Non mi bastava essere cornuta..." Disse accarezzando il cagnolino che si fece fare due grattini ben volentieri.

La porta di ingresso si aprì e il suo nuovo amico si allontanò per andare a fare le feste a chi era appena arrivato.

"Oh, hi fluffy boy! How you doin' ?" La voce acuta della sua sorellastra era indimenticabile.

Si affrettò ad andare all'ingresso e si sorprese di vedere un ragazzo in compagnia della rossa.

Non appena Phoebe la riconobbe quasi le saltò in braccio.

"Oh little sis! I missed you a lot!" Le urlò nell'orecchio stordendola ancora di più di quanto aveva fatto il suo forte e costoso profumo.

Le diede un paio di pacche sulla schiena: " Ciao Phoebe, come stai?" Le domandò allontanandosi da lei per prendere un po' di fiato.

"Starei meglio se tu fossi venuta qua prima ma non importa, ti perdono." Disse trascinando la sorellastra sul divano, seguite sia dal cane sia dal ragazzo che aveva l'aria di uno tutto muscoli e niente cervello, tipico ragazzo tipo di Phoebe.

"Oh tesoro, quasi mi scordavo - disse indicando il ragazzo con il quale era arrivata - Ti ricordi di Kyle, mio cugino, vero?"

Quello era Kyle? Kyle sono basso e brufoloso Turner?!

"Kyle! Oh! Certo che mi ricordo di te." Disse alzandosi per abbracciare il ragazzo.

Anche lui aveva spruzzato troppo profumo ma le piaceva, non era intossicante come quello di Phoebe.

"Come stai, Gaia?" Le chiese il ragazzo guardandola negli occhi.

Tasto dolente. Prese un respiro profonde e gli sorrise: " Potrebbe andare meglio, ma potrebbe andare anche peggio, no?"

Si sedettero insieme sul divano e iniziarono a parlare tutti insieme come se in passato fossero sempre stati così legati, come se ora non ci fosse Amelia in ospedale, come se fossero tre amici normali.

Torino

"Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile." La voce metallica della segreteria interruppe il silenzio fastidioso dentro l'appartamento di Paulo per la sesta volta quella mattina.

In quasi quindici ore non aveva ne mangiato ne dormito. Aveva solo provato a contattarla ma Gaia, sembrava essere sparita nel nulla.

L'aveva chiamata cinquantaquattro volte, con quest'ultima chiamata erano cinquantacinque. Le aveva lasciato tutte le volte dei messaggi in segreteria che sapeva che lei non avrebbe mai ascoltato. Le aveva inviato centotrenta messaggi che sapeva lei non avrebbe mai letto.

Sapeva che tutti gli sforzi che stava facendo per provare a sentire la sua voce era vani, ma non voleva arrendersi. Sperava in uno spiraglio di luce che secondo lui sarebbe arrivato.

Si passò una mano sul viso e prese un sorso di caffè dalla tazza di fronte a lui. Da quando viveva più a casa di Gaia che a casa sua aveva preso l'abitudine di bere il caffè tutte le mattine e le scorte di mate che sua madre gli mandava ogni settimana dall'Argentina erano ancora sigillate nelle loro scatole.

All'improvviso il suono stridulo del campanello lo fece saltare dallo spavento.
Sì alzò dal divano pigramente e camminò più lento di un bradipo al citofono, così lento che suonarono altre due volte.

"Chi è?" Chiese schiarendosi la voce.

"Dybala? Aprimi, sono Agnelli." La voce gelida del suo capo lo fece tremare dalla paura.
Perché il padre di Gaia era qui? Voleva licenziarlo di persona per aver fatto soffrire sua figlia o voleva ammazzarlo per aver fatto soffrire sua figlia? Non gli importava molto. L'unica cosa che gli interessava ora era cercare la sua amata.

Aprì il portone dell'ingresso e aspettò di sentir bussare alla porta prima di aprirla.

"Signor Agnelli, non mi aspettavo una sua visita. Mi perdoni per il disordine." Disse alludendo ai vestiti, ai cartoni di pizza e alle bottigliette di birra che stavano un po' da tutte le parti.

"Non preoccuparti. Sono qui di passaggio. Volevo solo dirti che se scoprirò cosa hai fatto a mia figlia sarai morto prima di domani. Sta soffrendo come una dannata, ma vedo che tu sei messo peggio. - disse storcendo il naso notando lo stato del ragazzo: si potevano vedere accenni di barba, cosa strana visto che la sua pelle era più liscia di quella di un bambino, capelli spettinati, occhi gonfi contornati da occhiaie scure e a giudicare dal suo odore dopo l'allenamento del non si era lavato. - So che probabilmente non dovrei dirtelo, ma non sono mai stato un buon padre e ho sempre sbagliato tutto con Gaia, ma è la mia bambina e la amo più di ogni cosa. Ho sempre saputo della vostra storia, non me ne sono mai interessato perché pensavo che fosse una cosa da niente, ma dopo averla vista così distrutta ho capito quanto lei tenesse a te e per quanto so che l'hai fatta soffrire so anche che la fai felice, quindi te lo dico: mia figlia è a Los Angeles, sua madre ha il cancro ed è lì per sostenerla. Ti consiglio di andare a riprendertela, se non sei sciocco come penso tu sia."

Paulo non seppe cosa dire. Da una parte voleva ringraziarlo e dall'altra avrebbe voluto buttarlo giù da un balcone.

Non gli serviva che qualcuno sottolineasse che era un idiota che aveva fatto soffrire la donna che ama.

Ringraziò il suo capo e quest'ultimo andò via lasciandolo solo con i suoi pensieri.

Ci riflette più volte, molte volte e decise che la cosa più giusta da fare in quel momento era raggiungerla senza aspettare un minuto di più, senza pensare alle conseguenze.

Corse in bagno a lavarsi più veloce della luce e subito dopo uscì di casa con il passaporto e un borsone con dentro più calzini che vestiti e con il piede premuto sull'acceleratore si fiondò all'aeroporto, pronto a riprendersi la donna della sua vita.

** I krumiri sono dei biscottini tipici della regione Piemonte ed in particolare della città di Casale Monferrato. La ricetta originale, che è stata anche brevettata e alla quale è attribuita la denominazione P.A.T (prodotto agroalimentare tradizionale), è stata ideata dal pasticcere Domenico Rossi nel 1878.

Accarezzami l'anima // Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora