trentanovesimo capitolo

1.3K 31 1
                                    

USC Norris Comprensive Cancer Center, Los Angeles CA

Non era mai entrata in questo ospedale, non ne aveva mai sentito parlare e non avrebbe mai pensato di dover entrarvi per fare visita a sua madre.
Secondo Phoebe, Richard, Kyle e tutte le persone che a Los Angels volevano bene a sua madre questo, era il centro migliore per i malati di cancro.
Ora era lì di fronte alla porta della suite di sua madre.
Aveva paura, non voleva entrare, tremava, non si reggeva in piedi, gli occhi le bruciavano mentre cercava di trattenere le lacrime.
Una tempesta si stava scatenando nella sua testa in quel momento: sarà malata per sempre? Guarirà? Morirà?
Il futuro di sua madre era incerto e si stava rendendo conto che non le importava se in passato si erano ferite a vicenda, non le importava se sua madre l'avesse usata o l'avesse fatta sentire uno schifo. Era sua madre e le voleva bene, doveva volerle bene. Che figlia sarebbe stata se non le avesse voluto bene? Una figlia di merda, ecco cosa sarebbe stata se non provasse un briciolo di sentimento nei confronti della madre, e forse, una figlia di merda lo era stata tutta la vita.
Se fosse stata una figlia migliore, non sarebbe scappata appena ne aveva avuto l'occasione, avrebbe dovuto provare a rimetter in piedi il rapporto inesistente che durante l'adolescenza si era instaurato tra loro due, ma era una figlia di merda e non le era nemmeno passato per la testa, troppo cocciuta e piena di rancore com'era quando a diciotto anni aveva preso un volo diretto a Torino senza dire nulla a nessuno. Quando era successo non ci stava con la testa. Lei e sua madre avevano litigato pesantemente, non si erano mai dette quelle cose prima. Allora presa dalla rabbia afferrò uno zaino, ci infilò le cose più care e i documenti e prima di uscire dalla finestra chiamò il taxi che l'avrebbe portata in aeroporto.
Adesso che ci stava pensando aveva fatto la stessa identica cosa con Paulo, ma la situazione era diversa. Non aveva senso provare a rimettere in piedi una relazione mai esistita veramente e non aveva senso provare a ricucire il rapporto con una persona che non l'amava, perché Paulo non l'amava, vero? E sua madre l'amava? Quale madre non amerebbe i suoi figli? Nessuna, quindi perché la sua non avrebbe dovuto amarla? Per nessun motivo, vero?
Stava per spingere la maniglia verso il basso ed entrare ma tutti i dubbi e i pensieri che aveva per la testa la fecero bloccare.
Per un instante pensò di vomitare da un momento all'altro.
"Tutto okay, Gaia?" Le chiese affettuosamente Kyle stringendole la mano.
"Sì, tutto okay." Gli rispose accarezzandogli il palmo della mano.
"Allora entriamo." Disse Phoebe.
"Sì entriamo." Le disse entrando nella stanza di sua madre.

⚽️⚽️⚽️

Quasi non le venne un colpo. Cosa ci faceva sua figlia lì? Non doveva vederla in quello stato, era troppo per una ragazza sensibile come lei.
Era troppo per una figlia vedere la propria madre sdraiata su un letto d'ospedale, con la pelle giallastra e verde dove vi erano dei lividi. Gonfia per via del cortisone che le avevano iniettato, quasi non la riconobbe. Capì che era lei grazie al suo profumo, che negli anni non era mai cambiato.
"Ciao mamma." La sua voce era incrinata, si stava trattenendo dal piangere. Non avrebbe mai pensato che dopo tutto quello che era successo tra di loro, sua figlia potesse piangere per lei. Per un momento le si riempì il cuore di gioia e provò a sorridere, ma anche quello, era un movimento troppo doloroso e quello che le uscì fu una smorfia.
Prese un respiro profondo e provò a dire qualcosa, seppur balbettando: "Ciao bambina mia." Gaia le sorrise e le scese una lacrima. Phoebe e Kyle capirono che era meglio lasciare loro un po' di privacy e uscirono dalla stanza.
La ragazza si sedette al capezzale della madre e prese la sua mano fra le sue.
"Non avrei mai potuto immaginare che dopo sei anni ti avrei rivista dal vivo in un ospedale. Per giunta così. Non me lo sarei mai aspettato mamma, mai. Ma forse avrei dovuto pensare che qualcosa di brutto sarebbe potuto accadere ad entrambe e che avrei dovuto cercare di rimediare al nostro rapporto molto tempo prima. Scusami mamma per non averci provato ed essere scappata da papà, mi dispiace tantissimo."
"Dispiace anche a me." Le rispose a fatica.
"Non dire nulla ti prego, non sforzarti. Parleremo quando starai meglio, perché sono sicura che guarirai, mamma. Tu devi guarire per Richard, per Phoebe e... anche per me, devi guarire soprattutto per me: dobbiamo recuperare una vita insieme e io ho bisogno di te per andare avanti."
Amelia le strinse la mano più che potette. Era felice delle parole che aveva appena sentito, entusiasta, emozionata, frastornata.
Un mix di emozioni che tutte insieme così improvvisamente le fecero perdere i sensi.
Gaia presa dal panico iniziò a urlare e Kyle e Phoebe corsero subito dentro la stanza a vedere cosa stava succedendo.
Kyle spalancò la bocca sorpreso: "Phoebe presto, vai a chiamare qualcuno!" Urlò alla cugina che senza pensarci due volte si precipitò a cercare qualcuno che potesse aiutarli.
Kyle raggiunse Gaia e la strinse forte a se, mentre le lacrime della ragazza gli bagnavano la polo azzurra di Lacoste.

⚽️⚽️⚽️

"La signora Kardness sta bene, ora. Ha avuto un calo di zuccheri, un po' strano in questi casi ma può capitare. Dovete lasciarla riposare, potrete tornare qui domani mattina dopo i controlli."
Tutti e quattro annuirono alle parole del medico. Al trio si era aggiunto Richard, il marito di Amelia e il padre di Phoebe, che chiamato dalla figlia era corso in ospedale annullando un meeting con dei clienti coreani.
Si allontanò dal gruppo per parlare con i dottori del reparto.
"Allora ragazzi, visto che qui non possiamo stare che dite se andiamo a mangiare da qualche parte?" Domandò Phoebe cercando sul cellulare dei ristoranti carini.
"Perché no? Offro io." Esclamò Kyle mettendo il braccio intorno alle spalle di Gaia, che a quel contatto si sentì subito a disagio ma per non fare la maleducata fece finta di nulla.
"Io non ho molta voglia di stare fuori, a dire la verità. Magari possiamo ordinare qualcosa e mangiare a casa, no?" Propose la bionda. Non se la sentiva di rimanere fuori ancora per molto, era stanca e la giornata per lei era stata più pesante del previsto. Quando sua madre improvvisamente chiuse gli occhi, il cuore le si fermò e dovette, più volte inspirare ed esplorare l'aria. Si sentì soffocare, come se un'anaconda le si fosse attorciglia addosso per soffocarla e poi mangiarla, poi quando sentì la voce di Kyle il tempo smise di andare a rallentatore e tornò a respirare.
"Non è una cattiva idea, anzi, dopo questa giornata stare in casa non ci farà affatto male." Phoebe si vide d'accordo con lei e Kyle non potendo fare altro le portò a casa.
"Allora vi va bene la pizza?" Chiese il ragazzo non appena entrarono in casa.
"Oddio sì ho stra voglia di pizza."
"Ragazzi la pizza qui negli USA fa schifo! Date retta ad un'italiana, è meglio ordinare qualche cheeseburger."
"Okay allora chiamo la paninoteca." Disse Kyle schiacciando il tasto per la chiamata.
Dopo un po' suono il campanello e ad aprire andò Gaia.
"E tu cosa diavolo ci fai qui?!" Esclamò esterrefatta.

Accarezzami l'anima // Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora