quarantunesimo capitolo

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Era sporco, sudato e non profumava certamente di rose quando scese dall'aereo.

Il sole era caldo sulla sua pelle perennemente abbronzata e sarebbe stato piacevole se in quel momento non fosse schiacciato tra altri corpi sudati e puzzolenti.

Guardò l'orologio al polso: 4:15 a.m.
Appena uscito dall'aeroporto avrebbe chiamato un taxi e sarebbe arrivato al primo hotel che avrebbe incontrato sulla sua strada, si sarebbe dato una profonda ripulita, avrebbe riposato e poi avrebbe pensato a cosa dirle.
Cosa poteva fare per farsi perdonare? Cosa poteva fare per riaverla con se? Avrebbe tanto voluto sapere la risposta.

Forse un gesto d'amore sarebbe stato meglio delle parole. Ma cosa avrebbe dovuto fare per far breccia nel suo cuore. Sicuramente non l'avrebbe riconquistata con dei fiori e una cena, lei non era così scontata e prevedibile.
Era sicuro che se lei gli avesse dato una seconda possibilità sarebbe riuscito a non rovinare nulla. Doveva riuscirci.

Scese dal bus ed entrò nel grande edificio, si recò al nastro trasportatore per prendere la piccola valigia che s'era portato e poi fu fuori, cercando al meglio di attirare l'attenzione di un tassista senza farsi investire e dopo svariati tentativi ci riuscì.

"All'hotel più vicino, per favore." Disse con un inglese marcato dal forte accento argentino.

Il tassista lo portò quasi dall'altra parte della città davanti ad un hotel a quattro stelle.

Il tizio aveva notato i suoi vestiti costosi e pensò che forse quel giorno sarebbe riuscito a portare qualche dollaro in più a casa.

"Grazie." Pagò, prese le sue cose ed entrò nell'albergo, sperando che avessero una camera disponibile.
"Buongiorno come posso aiutarla?" Gli chiese gentilmente la receptionist con un sorriso bianchissimo.

"Salve. Ehm. Vorrei una camera, per favore." Disse incerto. Il suo inglese era molto limitato.

"Okay... - diede uno sguardo allo schermo del computer e cliccò un paio di tasti sulla tastiera-... ho disponibile una camera matrimoniale e una formato famiglia. Quale preferisce?" Chiese non spegnendo il sorriso da modella di una pubblicità di dentifricio.

"Matrimoniale?"
"Perfetto. Quanto rimarrà qui?"
Tasto dolente. Quanto sarebbe rimasto lì? Se Gaia non gli avesse dato una possibilità e lo avesse cacciato via? Non più di quanto avrebbe potuto sperare. Fece un paio di conti velocemente, aveva avuto l'okay dal mister per non partecipare agli allenamenti di quella settimana, ma poi avrebbero avuto delle partite che non si sarebbe mai perso. Per nulla al mondo. Forse solo se Gaia gli chiedesse di restare.

"Una settimana." Le disse guardandosi intorno. Era un bel posto. Non c'erano molte persone in quel momento, ma chi sarebbe stato in giro alle cinque del mattino? Nessuno. Nemmeno lui se non fosse stato necessario, amava troppo dormire per non stare sveglio fino a tardi quando poteva.

"La sua camera è la 207, terzo piano dell'ala ovest, troverà comunque delle indicazioni. Questo posto è enorme.
Il servizio in camera è aperto dalle otto e quindici di mattina fino alle due di notte, la colazione è servita dalle sette alle nove e trenta, il pranzo dalle dodici e trenta fino alle due meno un quarto e la cena dalle sette e trenta fino alla nove. Spero abbia una felice permanenza qui al Grand Hotel."

Della lunga frase che la ragazza aveva detto, lui aveva capito la parola hotel. Annuì, la ringraziò e prendendo la chiave dalla sua mano se ne andò verso gli ascensori, non vedendo l'ora di lavarsi e dormire un po'.

⚽️⚽️⚽️

Beverly Hills, CA USA, 10.32 a.m.

"Quindi che si fa ragazzi?" Chiese Kyle mentre si ficcò in bocca il cucchiaio di latte e cereali.

Accarezzami l'anima // Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora