Capitolo 8

158 11 1
                                    


Levi pov's

"una linea dritta, sfumare, un altra più curva, sfumare" la mano mi si muoveva da sola. Sul foglio bianco, un disegno si faceva spazio, si ingrandiva e si realizzava. Lo allontanai per guardarlo, poi lo riavvicina e continuai a finire il mio lavoro, il disegno rappresentava due ali incrociate, una blu e l'altra bianca, sembravamo io ed il moccioso, due facce della stessa medaglia.

Come si suol dire "parli del diavolo e spuntano le corna ", dopo che la porta di casa fu bruscamente aperta, un Eren dall'aria stanca vi si trascinò all'interno , come ogni giorno d'altronde. Si buttò pesantemente sul divano vicino a me,
-È andato tutto bene oggi? - gli chiesi, ma non fu una vera e propria risposta quella che ricevetti, sembravano più versi di esasperazione,
-Ho preparato il pranzo, aspettavo solo che tornas- non finì di dire la frase che lo vidi alzarsi e scomparire in cucina. Mentre lentamente mi alzavo ritornò indietro, mi prese per un braccio e mi trascinò , dopo avermelo staccato di dosso mi sedetti alla sedia difronte a lui, speravo almeno in un pranzo tranquillo e silenzioso ma ovviamente non fu così
-Lefi il pranfo è squifito-
-Grazie moccioso, ma almeno ingoia prima di parlare! - mise il broncio per poi sorridermi, aveva la bocca piena di cibo e con le guance piene, assomigliava ad un criceto.
-Levi, raccontami di te.. - sbuffai e voltai la testa per non guardarlo negli occhi,
-Te l'ho già detto. non c'è nulla da raccontarti -.

Dopo aver finito ritornai in salotto e continuai a disegnare anche quando Eren mi si sedette accanto, poi fece una cosa inaspettata, poggio la sua testa sulla mia spalla mentre continuava a guardare il mio disegno, mi sentì felice anche se non capivo il perché, ma mi sentí anche molto triste, avrei voluto raccontargli del mio passato, per tantissimi motivi, lui si era confidato con me mi aveva raccontato il suo, si era preso cura di me, mi aveva salvato.. Ma avevo paura della sua reazione, avevo paura che cambiasse il modo in cui mi vedesse, volevo restare Levi , semplicemente Levi.

Poi presi un respiro profondo, glielo dovevo.

Eren pov's

Poggiai la testa sulla sua spalla ed inspirai a fondo, mi piaceva l'odore di Levi, poi mi ripresi da quel pensiero "che cavolo ti dice la testa, come può piacerti l'odore di un uomo", restai comunque in quella posizione a guardare il suo disegno e rimasi incantato fino a che lui non si voltò,

-Sono nato il 25 dicembre dell'anno 1915- sussultai nel sentire la sua voce, che finalmente si stesse aprendo?
-Non voglio insistere Levi, me lo dirai quando te lo sentirai-
-Allora sta zitto e ascolta moccioso- sospirò ed inizio a sputare alcune parole -Mia madre era una prostituta e mio padre non l'ho mai conosciuto, probabilmente era un suo cliente, eravamo troppo poveri per mangiare due volte al giorno figurati per essere istruito, quindi non ebbi mai la possibilità di imparare a scrivere o a leggere, almeno finché non ho incontrato te l'unica cosa che sapevo scrivere era il mio nome, Levi Ackerman-  trattenni il fiato, non sapevo proprio cosa dire e quel nome tanto bello quanto particolare lo avevo già sentito da qualche parte.. Ma dove??! .

# flashback#
Ero seduto al centro della piccola stanzetta che chiamavo casa quando mia madre entrò e mi si avvicinò, con grande gentilezza mi prese in braccio e mi abbracciò forte, io ricambiai.
-Guarda Levi cosa mamma ha trovato. Presi con le mie manine paffute la tavolozza e i colori che mia madre mi porgeva, sicuramente un regalo di un suo cliente,
-Grazie mamma-  le diedi un bacino e lei sorrise nuovamente, uno di quei sorrisi che ti scaldano il cuore e rimangono impressi nella mente per sempre.
Avevo tre anni e da li in poi iniziai a disegnare e a dipingere ovunque, imbrattai tutte le pareti di casa con i miei dipinti ma lei non sì arrabbiò mai, anzi ero il suo piccolo artista. Tutto accadde in fretta e senza che me ne accorgessi in un freddo giorno d'inverno,
-Levi tesoro, continua pure a disegnare, mamma dorme un poco non si sente tanto bene.
-Cos'hai mamma? vuoi che vado a prenderti qualcosa?-
-No Levi, tranquillo, vieni qui.- mi avvicinai e mi stampò un bacio sulla fronte. -ricordati che mamma ti vuole bene-.
-Anch'io mamma-. poi si addormentò, io passai tutto il tempo a fare un suo ritratto. Non gli avrei mai permesso di addormentarsi se avessi saputo che non si sarebbe mai più svegliata. Avevo nove anni, quando mia madre morì per cause sconosciute.
Passai il resto dei miei anni a rubare ai ricchi, a quelli che ci avevano abbandonato ai margini del mondo nella spazzatura, continuai però a coltivare la mia passione per il disegno e la pittura, fino a quando un giorno rubai un grosso anello ad un uomo, che accorgendosi inizio ad inseguirmi, e forse quella fu la mia più grande fortuna. Iniziai a correre tra le case in mezzo alle bancarelle cercando di sfuggirli, ma quel uomo corpulento sapeva farsi strada come niente. Non sapendo cosa fare mi rintanai nella mia casa, ma con un grosso tonfo la porta si spalancò ed io mi ritrovai al angolo. -Vieni qui piccolo ladruncolo e ridammi ciò che è mio!- fece per avvicinarsi mentre io mi ritraevo al muro, poi si fermò, quando riprese il passo me lo ritrovai di forte ma afferrò qualcosa sopra la mia testa. -Di un po, questa è casa tua?-
-Si -
-E questo? lo hai fatto tu?-
disse mostrandomi un dipinto della città vista da un palazzo,
- Si...-
mi scrutò ancora un po,
-Come ti chiami ragazzo? -
-Levi Ackerman -
-non hai nessuno Levi?-
-No-
si grattò la testa come se stesse pensando, nel mentre si guardava intorno, sembrava che conoscesse già il posto,
-Di un po sei il figlio di Kuchel Ackerman?
sgranai gli occhi nel sentire il suo nome,
-Si..
Pensai che fosse uno dei suoi tanti clienti,
-Ed ora dovè mia sorella?
Nel sentire quelle parole mi si gelò il sangue e mi venne da piangere,
- T-tua sorella? mia madre era tua sorella?
-Ah quindi sai parlare oltre a dire solo si e no! si è mia sorella.. Si può sapere dové?
Mi si asciugò la bocca e le lacrime spingevano per uscire, ma le ricacciai dentro,
-Lei.. è morta sette anni fa.
Gli vidi scurirsi il volto e rimasimo in silenzio, ogniuno con le proprie colpe, i propri dolori ed i propri ricordi. Inaspettatamente mi ritrovai un braccio attorno alla spalla che mi spinse verso il suo petto, una specie di abbraccio .
-Che ne dici di venire con me? non dovresti fare più questa vita e potresti continuare a dipingere con me. Levi io sono tuo zio, Kenny Ackerman. Rimasi sorpreso nel capire che quel uomo era il tanto famoso pittore, amavo i suoi quadri che scopri per caso il giorno in cui mi intrufolai in una mostra d'arte.
Avevo sedici anni quando la mia vita ebbe un importante svolta. Era difficile interpretare i miei sentimenti per quell'uomo tanto imprevedibile, dalle azioni avventate, una parte di me lo odiava per aver abbandonato mia madre e un altra gli era grato per avermi aiutato, forse solo per sensi di colpa.
Due sentimenti troppo contrastanti per essere coerenti.
Ogni giorno era un litigio, il disegno era troppo scuro, in colore non era steso bene, troppe o troppe poche sfumature, io lo preferivo in bianco e nero, lui colorato. la verità era che eravamo simili, molto più di quanto volessi ammettere, troppo testardi ed orgogliosi per sopportarci a vicenda, ma gli volevo bene, anche se non lo avrei mai ammesso.
Gli anni scivolavano via, ogni giorno facevo pratica e lavoravo instancabilmente su qualsiasi idea mi venisse in mente, ed un giorno mio zio insistette a far conoscere i miei quadri al pubblico. Il successo arrivò tutto d'un colpo, aver avuto il nome di mio zio, un grande pittore, mi avrà sicuramente avvantaggiato, nonostante le nostre opere erano totalmente differenti la gente apprezzava i miei lavori e così ben presto divenni un famoso pittore di successo anche io. 
Mio zio si ammalò di una febbre improvvisa quando io avevo 20 anni, ogni giorno aveva meno energie, così li vidi scivolare via la vita lentamente tra le mani, ero inerme mentre il mio ultimo parente se ne andò una notte di inverno, sentivo il gelo fin dentro le ossa, se fosse dato dal freddo o dalla morte non riuscivo proprio a comprenderlo.
Così andai avanti a dipingere, i miei quadri diventavano man mano sempre più sinistri, freddi e tragici, nonostante questo vendevano bene quindi non avevo nulla di cui lamentarmi.

-Ciò prima dell'inizio di questa dannata guerra, il giorno in cui tu mi trovasti non avevo più niente, i miei famigliari portati via dalle malattie, la mia casa e i miei quadri portati via dai nazisti, la loro intenzione era portare via anche me ma non glielo permisi, così scappai il più veloce possibile, mi avrebbero preso se non fosse stato per te, tu neanche immagini quanto io ti sia riconoscente.-

Restai immobile dopo averlo ascoltato, il mio sguardo riflesso nei suoi occhi grigi, freddi e sofferenti.
Fu un attimo, il mio cuore iniziò a martellare e le mie labbra si poggiarono delicamente sulle sue,lo abbracciai quasi non volessi farlo scappare via, permetti contro le sue labbra e mi beai del suo sapore amaro e dolce allo stesso tempo.
Ma solo quando vidi il suo sguardo gelido capí cos'avevo fatto davvero.

Warten auf die Dämmerung •Ereri/Riren•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora