Capitolo 10

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Eren pov's

Andava veramente bene così? Ogni giorno lui era il mio pensiero fisso, ogni volta che lo osservavo non facevo che ripetermi quanto fosse perfetto, così minuto ma muscoloso, basso, quei capelli neri che odoravano di thé, i suoi pungenti occhi grigi, i suoi odiosi modi di fare, così rudi ma decisi... Mi faceva impazzire, mi faceva
- AAAAAH DANNAZIONEE -

Tutto si fermò intorno a me e mi resi conto che in quel momento ero in classe.. Ad insegnare..
- P-professore tutto bene?? -
Il ragazzino a cui stavo controllando i compiti assegnati quasi non si mise a piangere,
-Eheheh Michael scusa mi sono solo appena ricordato di aver dimenticato una cosa a casa hahaha- il bambino cercò di sorridere e lo rispedì a posto.

La stanza non era piccola, dietro la mia cattedra è presente una grande lavagna nera, i banchi sono uniti e formano quattro file ognuna da otto banchi,sul fondo è presente un grande armadietto, i bambini sono abbastanza silenziosi e oltre qualche bisbiglio l'unico rumore presente è quello delle penne che scrivono.
Le ore sembravano interminabili quel giorno.Volevo solo andare a casa. Volevo andare da lui.
Ehhhh??! Ma cosa mi passa per la testa non devo pensare a lui.

Non devo pensare a Levi.
Non pensare ai suoi occhi.
Non pensare in generale.
No no no no.

Mi accorsi solo in quel momento che tutti i miei alunni mi guardavano spaventati, ci credo dannazione stavo sbattendo la testa sulla cattedra.

-Hahahahah torno subito state buoni -
Scappo, letteralmente, da dentro l'aula e mi precipito in bagno, mi appoggio al muro.
-Devo darmi una calmata - sussurrai a me stesso.
Era innegabile ormai che mi fossi innamorato di lui. Era passata una settimana da quando l'ho baciato e non facevo che pensare a quello, alla sua pelle così morbida...
Ricominciai a sbattere la testa al muro.

Mi ero innamorato di un uomo, quello era un problema.
L'altro era che l'uomo in questione era un ebreo.
Se ci avessero scoperto sarei presto andato a salutare i miei genitori lo sapevo, rifuggiare un ebreo era reato punibile con la morte, amarlo era anche peggio.

Quando tornai a casa quel pomeriggio lo trovai a guardare una foto sul divano.
Sembrava così ben concentrato che mi dispiaceva distogliere la sua attenzione, gli occhi stretti in due fessure, fissi, il respiro calmo, la bocca era una smorfia quasi stesse leggendo la parola più complicata del mondo.
Lo feci istintivamente, mi misi dietro di lui e lo abbracciai, sussultò e nascose la foto
-Ah sei già qui?? -
-Guarda che non ti mordo eh! Cosa guardi? -
Gli sottrassi la foto. Era una di Mikasa. Era piccola avrà avuto 10 anni, così fragile, così simile a Levi.
È questo il motivo per cui ci tengo tanto a lui? Non lo capivo. Perché ci tenevo così tanto?! Chi era lui per me?
-Mikasa la mia sorellina-
-lo so me lo ricordo.. Scusa se l'ho presa.. È solo che-
Arricciò il naso -Mi assomiglia-
-Si è vero ti assomiglia molto, non è che siete parenti? - gli dissi scherzando, ma la sembrò prendere seriamente,
-Non lo so-  sembrava triste, poi mi guardò
- È per questo che ti prendi cura di me vero? Perché le somiglio-

Non sapevo cosa rispondere non avrei voluto ammettere che fosse così, era quello il motivo per cui non lo avevo tradito e consegnato, era così simile a Mikasa, però adesso mi ci ero veramente affezionato, era bellissimo tornare dal lavoro e trovare qualcuno a casa, lui a casa.
"Non posso certo dirgli cosa provo, mi prenderebbe sicuramente per un idiota. È quello che sono, un idiota. Come posso essermici affezionato tanto, come."

Mi siedo sul divano accanto a lui e inaspettatame poggia la sua testa sulla spalla.
I suoi capelli, i suoi dannati capelli profumano di thé, chissà come sono morbidi. Passai una mano tra di essi, erano lisci e morbidi proprio come me li ero immaginati.
-Oioi moccioso cosa fai? - mi fermo e lo osservo, il rossore sulle guance contrasta la sua pelle bianca e liscia.

La mia mano sinistra gli passa dietro la schiena e la poggio sulla sua guancia sinistra, la mano destra sul fianco, lo attira più vicino a me . Gli accarezzo la guancia, così calda.
"Non posso, non posso" .
È inutile ripeterselo, è più forte di me. Le mie labbra si appoggiano sulla sua fronte, sulla guancia. "le sue labbra" è il mio unico pensiero, mi avvicino sempre di più...
Tok Tok. Qualcuno bussa alla porta. Cazzo.

Warten auf die Dämmerung •Ereri/Riren•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora