Quelle ultime parole

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Dopo la scuola devo andare in Questura per l'ennesimo interrogatorio.
Papà mi ha procurato un avvocato perché dovrò affrontare il processo per la guida in stato di ebbrezza, ma il mio solo desiderio è che Giulia si salvi.
Purtroppo non ricordo quasi nulla di quella notte d'estate, di cosa c'era stato prima dell'ora zero, di quali altre cazzate possa aver fatto.
Forse mi manderanno da uno psicologo: la mamma me ne parla sempre più spesso e dice di non capire perché avessi bevuto così tanto a quella festa.
"C'entra Marco, non è vero?" mi ha chiesto anche oggi durante il pranzo.
"Mamma, per favore, basta! Non ne posso più!" ho risposto sgomenta. "No, Marco non c'entra!"
"Ascoltami Sarah", ha insistito lei. "È inutile negare la realtà: vi eravate lasciati giusto la settimana prima, avevi scoperto che ti tradiva, eri completamente giù, è normale in questi casi lasciarsi andare e..."
"Basta!!!" ho urlato scoppiando in lacrime e sono scappata in camera mia senza finire di mangiare.
È vero che Marco mi aveva tradito, ma dentro di me sentivo da tempo che la storia era finita. Infatti la sera della festa ero contenta e forse proprio per questo avevo bevuto senza controllo.
E sono sempre più convinta che per dare un senso a quello che è successo devo recuperare le parole di Giulia, quelle che non ricordo e che mi ha detto in auto appena prima dello schianto, le ultime della sua vita.
Dopo la Questura vado da lei in ospedale, come faccio quasi ogni giorno ma, mentre salgo le scale per la terapia intensiva, devo nascondermi in fretta dentro un corridoio laterale, perché c'è Greta che sta venendo via.
Bene, almeno oggi sono riuscita a evitarla!
Appena mi vede, la mamma di Giulia mi abbraccia con affetto.
È una donna di mezza età, con i capelli castani che cominciano a ingrigirsi, mentre sul viso le sono spuntate tante rughe dal giorno dell'incidente. Il naso, dal profilo piccolo e delicato, è proprio uguale a quello della figlia, che ora giace, in una stanza vuota, sopra un letto che possiamo vedere al di là di un vetro.
Il padre di Giulia è morto per un infarto quando lei aveva quattro anni: la mia migliore amica è tutto ciò che resta a questa donna curva dal dolore, che la guarda in silenzio senza più lacrime da versare.
I sensi di colpa si bevono le mie viscere: resisti, Sarah, non metterti a piangere proprio ora che sei davanti alla madre!
Un po' imbarazzata, mi avvicino a lei in silenzio. Vorrei dirle quanto mi dispiace per aver combinato tutto questo casino, ma le parole mi si strozzano in gola.
"Non è solo colpa tua", mi risponde con un filo di voce. "I medici hanno detto che anche Giulia aveva esagerato con l'alcol."
"Ma sono io che mi sono distratta e ho provocato l'incidente", ribatto singhiozzando.
"Ascoltami, Sarah", mi dice stringendomi il braccio con la mano ruvida. I suoi occhi grigi sembrano spenti, come se non stesse guardando niente. "Se ti sei distratta, deve essere stato anche per colpa sua, perché non era lucida e, conoscendola, si sarà senz'altro agitata mentre guidavi."
Su questo le do ragione: Giulia era l'immagine della vitalità più piena. Tanti anni fa entrammo nella mensa della scuola elementare scavalcando una finestra aperta e rubammo un pacco di merendine. Io avevo paura e la mia amica, che era già dentro, mi incitava smanaccando: "Dai, Sarah, è solo un salto!"
Ora è immobile in quel letto da quaranta giorni e vorrei gridarle io le stesse parole: "Dai Giulia, è solo un salto!"
Ma stavolta, amica mia, è tutto più difficile! penso tra me, mentre saluto la mamma ed entro nella sua stanza.
Il ticchettio dell'orologio a lancette appeso alla parete è l'unico suono che rompe il silenzio di questo ambiente.
Io come Giulia, Giulia come me: insieme per la vita! era il nostro slogan quando andavamo alle Medie.
Ricordi Giulia queste parole?
E invece la mia amica ora è qui. Anche nel suo stato incosciente, i capelli restano stupendi come sempre: sono di un colore castano piuttosto scuro, lievemente ondulati, morbidi e lunghi e cadono sulle spalle scoperte con la leggiadria di un velo. La pelle pallida del viso è leggermente sciupata dai segni lasciati dai tubicini e dai cerotti, che hanno scavato piccoli solchi sulle guance come se fossero di burro.
Io come Giulia! Giulia come me!
Forse anche prima dello schianto urlavamo in auto queste parole, perché sono quelle che ho ricordato più nitidamente, appena mi sono risvegliata qui accanto.
Che abbiamo fatto quella notte, amica mia?
Mentre sto cercando una risposta, un'immagine confusa si compone nei miei ricordi: noi due in auto, io che schiaccio l'acceleratore e Giulia, accanto a me, che alza il cellulare.
Conoscendola, si sarà senz'altro agitata mentre guidavi!
Parole sante!
Guarda qui, Sarah, guarda lo schermo! mi sembra ancora di ricordare la voce di Giulia, quelle frasi un po' impastate che le uscivano fuori con fatica.
Qui, Sarah! Aspetta, che lo sposto!
Il cellulare: un dettaglio che avevo proprio dimenticato!
Ma sì! È vero! Voleva a tutti costi farci un selfie mentre tornavamo a casa, forse aveva anche acceso la luce dell'abitacolo.
Un selfie... Voleva ricordare quel momento!
Ma che fine ha fatto il telefono di Giulia? Le foto... Ci saranno senz'altro quelle in auto e forse altre ancora...
Esco in fretta dalla stanza e lo chiedo alla madre, che è seduta in silenzio in anticamera con la testa pendente sul grembo.
Questa donna invecchia ogni giorno di più!
"Il cellulare... Il cellulare di Giulia è un mistero", mi risponde piangendo. "Lo avrei voluto tanto anch'io e la polizia l'ha cercato a lungo, ma non è stato mai ritrovato."
"Forse è rimasto schiacciato nell'incidente?"
"Se fosse così, se ne sarebbe rinvenuto qualche frammento, ma la stradale non ha recuperato nulla."
"Ma potrebbe essere stato sbalzato fuori dalla vettura..."
"So che è stata perlustrata tutta l'area attorno al pino, per centinaia di metri, Sarah", mi risponde abbassando di nuovo la testa. "Cercavano alcuni rottami dell'auto. Credimi, avrei voluto anch'io quel cellulare: sarebbe stato un modo per restare in contatto con Giulia attraverso i messaggi e le foto. E invece non c'è più!"
Vengo via con le lacrime agli occhi e l'ennesima delusione che mi prende a calci nello stomaco, mentre in testa ci sono delle domande che non trovano risposta.
Che fine ha fatto quel cellulare? E se qualcuno lo avesse preso dopo lo schianto, perché non ha rubato anche il mio?

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