Love me like you do

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La città scorre addormentata davanti ai finestrini, mentre scendiamo da Villa Saragozza verso il Quartiere Orange, dove sono le nostre case: dai viali alberati del centro, si scivola gradualmente in straduzze più strette, delimitate da palazzi con le facciate sbiadite dal sole. È proprio il loro colore caratteristico che ha dato il nome al quartiere e qui sono nata io, in un groviglio di vicoli sporchi, campi incolti e muri ricoperti di manifesti e scarabocchiati di graffiti.
Jenny guida senza far parola, lanciandomi ogni tanto un'occhiata furtiva accompagnata da una smorfia sorridente di compiacimento.
E io amo questo silenzio, perché mi permette di pensare.
Nella mia mente sfilano le immagini dei corpi nudi che ho visto questa sera: le tette rotonde e morbide di Jessica, la sua treccia color rame che scendeva sulla spalla bianca, il seno più grosso e spumoso di Eva, i biondi capelli scomposti, la corporatura robusta, la peluria folta in mezzo alle gambe grassocce.
Non so spiegarmi il motivo, ma il pensiero di aver visto anche le parti intime di Cosimo, Nick e il Rosso mi offende come un pugno nello stomaco, forse perché associo quelle scene a un'idea di volgarità e di violenza, mentre vedo la lussuria negli occhi assetati di Jessica e la fragilità nell'abbandono ingenuo di Eva.
Come un mantra, le parole del tradimento martellano la mia mente e eccitano le mie fibre più intime:
Dai, lasciale andare! Cosimo vieni, non ti fermare proprio adesso!
Solo ora mi rendo conto della stupidità di persone come Marco, esseri insulsi che non lasciano un segno del loro passaggio, pronti a essere incornati con la stessa facilità con cui lo fanno loro. E anche a letto Marco non aveva un briciolo della sensualità con cui Jessica, stasera, richiedeva la spinta bruta del corpo di Cosimo sopra di lei.
Mentre penso a tutto questo, guardo la serenità sul viso di Jenny e sono percorsa da un altro brivido di paura, perché so a che cosa sto andando incontro volontariamente. Ma se la carne ha sete di un contatto con lei, il mio cuore ne resta ancora lontano e si presenta il timore di ferirla di nuovo.
Forse non sono ancora pronta ad accettare il fatto che possa amare una ragazza: Giulia era la mia migliore amica, sì, ma solo un'amica, non si era mai affacciata l'idea di qualcos'altro nel nostro rapporto.
E allora con Emma cosa è stato?
Cosa mi ha spinto per prima verso di lei? Più ci rifletto e più mi sento attratta dalla sua semplicità, quasi innocente, che non vedevo da tempo nella gente intorno a me: forse sono stata catturata dalla sua voce sottile, dal modo goffo di mascherarsi, dalle strette di mano sudate e dalla paura dentro l'armadio.
Jenny parcheggia in un ampio condominio e il suo appartamento è al terzo piano. Quando apre il portone d'ingresso, faccio per entrare in punta di piedi.
"Oh, non serve!" mi rassicura. "I miei non ci sono in questo weekend."
Mi fermo a guardarla. È bella: i lineamenti dolci del viso sono incorniciati dai capelli ondulati, più scuri e mossi di quelli di Eva. Gli occhi bruni brillano di audacia ed esprimono bene la sua beatitudine interiore.
Ti desidero Jenny! penso tra me, ma non riesco a dirglielo.
Perché la mia mente calcolatrice deve dare un'etichetta a tutto, deve catalogare ogni cosa: e allora come lo chiamo un rapporto fatto solo di sesso, occasionale, dove c'è spazio esclusivamente per l'attrazione fisica e i sentimenti sono assenti?
Già, come lo chiamo?
Come lo chiami Sarah? Chi è Jenny per te?
Ma perché devo dargli un nome? È proprio necessario che tutto abbia un nome?
Ora è la parte più irrazionale di me che parla, quella che vuole il contatto della pelle, le mani sulle mani, il mio seno sopra il suo, le nostre lingue che si afferrano. La lascio condurre il gioco: questa sera voglio essere un'altra Sarah, questa sera voglio spegnere il cervello.
Senza far parola, raggiungiamo la camera di Jenny e il suo ampio letto. Sto per spingercela sopra, ma lei mi blocca dolcemente e con un cenno della mano mi chiede un attimo di attesa. Va in cucina e torna indietro con una scatola di cartone piena di piccole candele rosse.
La osservo in silenzio, mentre, agile come una gazzella, saltella da una parte all'altra della stanza, accendendole dappertutto: sul pavimento, sopra la scrivania, sul davanzale della finestra, davanti ai libri di scuola nella mensola a parete. Tutto si tinge di giallo e rosso e, quando Emma spegne la luce, il movimento delle fiammelle si riverbera sui nostri corpi, sui muri bianchi, sulle enormi ombre fluttuanti in mezzo a noi.
La guardo estasiata e mi avvicino a lei. Le labbra si toccano, poi un bacio lungo ci immobilizza, mentre le nostre lingue si cercano.
Con la delicatezza di una madre, mi fa sedere sul letto e si curva a spogliarmi: sfila via i lunghi stivali rossi, la gonna corta a righe colorate e le calze a rete. Prende nella mano il mio piede destro, freddo e umido, e lo bacia a lungo senza fretta; quindi fa scorrere più volte le dita leggere sulle gambe nude, provocandomi brividi di piacere simili a scosse elettriche. Infine mi toglie la maglia e anche l'ultimo pezzo del mio costume di bambola assassina finisce sul pavimento insieme agli altri.
Allora mi alzo in piedi e mi metto di fronte a lei. Le bacio le spalle scoperte, mentre con la mano destra abbasso la cerniera del tubino nero da strega, che ha il bordo inferiore frastagliato in punte triangolari. Le faccio scendere i due lacci lungo le braccia e, con uno strappo deciso verso il basso, butto a terra l'intero vestito e mi trovo di fronte al suo seno nudo.
Lo bacio a lungo, affondando naso e mento nelle curve morbide e delicate: le tette sono più piccole di quelle di Eva e forse anche di quelle di Jessica, ma hanno delle forme armoniose, che si stagliano bene sul suo fisico asciutto.
Jenny stessa scalcia via le lucide scarpe dal tacco alto, così da permettermi di toglierle le calze a rete a maglie larghe, lasciandola in piedi con le sole mutande indosso.
Ci baciamo di nuovo mordicchiandoci il labbro inferiore e ci sdraiamo sul letto. Con mano furtiva, Jenny cerca il gancio del mio reggiseno, lo slaccia e lo rimuove, poi afferra le mie tette strizzandole un po' e portandole a contatto con le sue.
Corpo contro corpo,
carne contro carne,
il suo calore morbido
che affonda sopra il mio.
Ci baciamo dovunque capiti, a occhi chiusi, come impazzite: naso, bocca, orecchi, collo, spalle, niente di nostro oppone più resistenza alla passione che sta salendo.
Tu sei la luce, tu sei la notte,
tu sei il colore del mio sangue.
Tu sei la cura, tu sei il dolore,
tu sei l'unica cosa che voglio toccare.
Le nostre mani si intrecciano, si insinuano sotto le mutande in cerca del proibito, entrano dentro, varcano ogni confine. Le dita si muovono a cerchio, vanno e vengono in armonia, stimolano gli organi sensibili con tocco leggero e ritmo crescente.
"Jenny, Jenny", unisco il suo nome ai primi sussulti e un brivido nuovo mi assale sul dorso, mi contrae e fa sobbalzare il mio petto.
Quando inizia a gemere anche lei, le mordo un capezzolo, proprio mentre mi afferra di nuovo e succhia uno dei miei seni come fosse un bambino.
Tu sei l'unica cosa che voglio toccare, non immaginavo che avrebbe significato così tanto, così tanto.
Al colmo del piacere, Jenny si alza a sedere e si porta a cavalcioni sopra di me. La osservo inebriata mentre mi toglie le mutande e abbassa il viso fra le mie gambe. Poi la sua lingua entra dentro, si alterna con due dita della mano in una danza di brividi e sento un vortice di pulsioni che cresce sempre di più.
Inizio a gemere come in un lamento, mi contorco in modo spasmodico, il respiro si fa corto e non so più parlare se non a singhiozzi.
Jenny stringe con forza i miei seni, ora che sono più duri e gonfi di prima e a me sembrano enormi e desidero afferrarli con lei.
La mia intimità è sempre più umida, sento un'ondata di piacere che sale, so che sto per esplodere e vorrei gridare forte quello che provo.
Ma prima che succeda, la interrompo bruscamente, mi sollevo a sedere allontanandola un po', sfilo le sue mutandine con rabbia e la faccio distendere con i piedi dal lato del mio capo.
La mia testa gira, non riesco più a vederci chiaro.
Cosa stai aspettando?
Allora amami come fai tu,
amami come fai tu,
amami come fai tu.
Adesso le nostre lingue si immergono insieme, bevo il liquore della sua intimità, affondo il mio viso dentro di lei e possiamo ansimare e gemere entrambe.
Siamo un solo corpo.
E il piacere cresce di nuovo, sale dal basso come un caldo serpente, percorre i nostri ventri in spirali contorte, agita i seni scoperti, che sobbalzano molli e non hanno più forma.
Toccami come fai tu,
toccami come fai tu.
Cosa stai aspettando?
Non so quanto ancora potrò sopportare, credo di impazzire, mi sembra di svenire. Non sento altro che brividi sulla schiena e una pressione forte che vuole esplodere in basso, che cerca ardentemente di uscire fuori da me.
Jenny sobbalza, il ventre le suda sul mio petto e respiro la sua pelle come fosse un'aroma. Alla fine prorompe in un sussulto, accompagnato da un lamento più forte.
E io scoppio all'improvviso ed è bello, intenso, indefinitamente lungo e irripetibile. Appena posso riprendermi, sussurro il suo nome, dolce, leggero, con un filo di voce:
"Jenny... Jenny!"
"Ti amo", risponde lei, al colmo del piacere come me.
Vorrei poter dire lo stesso e non ci riesco.
Ma non voglio pensarci ora, perché stanotte ho spento il cervello, perché stanotte sono un'altra Sarah.

***
Salve a tuttiiiiii 😊
Voglio ringraziarvi per le tante letture che sta ricevendo questa storia.
Per me è la prima volta che scrivo e non so nemmeno se continuerò, perché tutto dipende dall'ispirazione 😁😁😁
Mi piacerebbe tanto sapere cosa pensate di questo racconto e se vi sentite più simili a Sarah oppure a Jenny.
E se la storia vi piace, potete mettere anche qualche stella, mi fareste felice.
Buon weekend 😘

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