Capitolo 3 (II Parte)

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MANUELA.


Le domande che mi rivolgeva quel ragazzo andavano contro ogni logica ed ero più che convinta che se avessi guardato all'interno di quel cranio ci avrei trovato la segatura. Anzi, era un'offesa verso la segatura e quindi verso gli alberi.
Dopo la mia risposta acida, ma in qualche modo giustificata, ci dirigemmo entrambi verso il vialetto di quella casetta: l'eccitazione, nonostante non vedessi l'ora di rifugiarmi nel letto, non mi aveva ancora abbandonata. Anzi, raddoppiò quando riuscii a distinguere dei bellissimi quad verdi parcheggiati in direzione del capanno sul retro. Sembrava dicessero:"Facci fare un giro. Facci fare un giro." con una sorta di voce ipnotica.
Una volta dentro casa mi guardai subito intorno e non ci fu niente di diverso rispetto a quanto mi ero aspettata fino a lì: aveva un arredamento rustico con mobili di legno e un parquet scuro che trasmetteva calore, un design senza pretese; la classica casa in montagna, insomma. Proprio come piaceva a me.
Nonostante il mio spirito pacifista, per modo di dire, cercasse inutilmente di dimenticare "l'abbandono" dei ragazzi, un po' di rabbia repressa mi fece ancora venir voglia di prendere tutti miei amici a parole. Per questo motivo posai il borsone all'entrata e mi diressi subito verso la cucina; ero convinta fossero lì, era quasi ora di cena in fondo.

- Bene: vedo che vi siete dimenticati di noi, eh? - chiesi sarcastica una volta nella stanza, mentre Daniela e Margaret stavano preparando un non so che di fritto.

- Sistah, finalmente! Ce ne avete messo di tempo, eh? - ricambiò la domanda Daniela, guardandomi con un sorrisetto strano.

Se pensavano di cavarsela... oh, si sbagliavano di grosso.

- Preferisco lasciare che la pace interiore mi avvolga, facendo svanire così l'istinto omicida verso di voi. Mi ritiro nella mia dimora, pace e amore. - risposi sbattendo più volte le palpebre per cercare di non dire parolacce e lasciando la stanza tra le loro risatine divertite. 

Recuperai il borsone all'ingresso e corsi al piano di sopra: ero più che convinta che le ragazze avessero già organizzato le loro camere, ed ero decisa a beccare la mia e dormire fino a tempo indeterminato. Il mio stupore non tardò ad arrivare quando notai solo quattro porte: ci saremmo dovuti dividere a coppie, a rigor di logica, ma alla fine non ci feci caso più di tanto.

Harry dormirà sul divano, che problema c'è?

Dopo aver controllato quale fosse quella libera, mi ci chiusi dentro e lasciai il borsone sul letto per iniziare a sistemarmi: odiavo dover tenere tutto da una parte quando viaggiavo, dovevo stare comoda. Questa fu anche la motivazione per cui tirai fuori il mio pigiamone arancione e bianco e iniziai a togliermi la maglia. Riuscivo già a percepire sulla pelle quella coccola calda e soffice, ma la porta si spalancò all'improvviso, facendo comparire Harry davanti a me.

Lanciammo entrambi un urlo degno di un qualsiasi film horror, prima di ridestarci e fare effettivamente qualcosa: mi girai d'istinto di schiena, finendo di abbassare la maglia del pigiamone, e, non appena tornai a guardarlo, lo ritrovai ancora tutto rosso con un'espressione sorpresa.

- Tu?! - esclamammo improvvisamente entrambi, di nuovo in sincronia.

- Che cazzo ci fai qui?! - chiesi istintivamente,sentendo improvvisamente caldo. 

Il mio cervello cercò di metabolizzare quanto appena successo, senza riuscirci. Vedevo i suoi occhi continuare a vagare lungo il mio corpo, e, per quanto la cosa mi stesse dando fastidio, non potei ignorare quel briciolo di piacere, misto ad imbarazzo, che mi stava pressando lo stomaco. 

- Io?! Che cazzo ci fai tu qui! - rispose, ridestandomi. 

Sbattei le palpebre più volte, non riuscendo a capire cosa volesse. - Sai com'è: questa sarebbe la mia camera -.

Amore, odio... e un paio di ConverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora