2. Torna

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Aurora



Mi alzo in fretta dallo sgabello, recupero la mia borsa, lanciando uno sguardo fulmineo all'ora sullo schermo dello smartphone.
«Devo andare» dico a Nic, che mi squadra incredulo. Non doveva farlo, è troppo per me, non ho voglia di parlare di Massimo adesso. Mi fa ancora troppo male.
«Aurora, per favore...» mi supplica. Sa che non devo andare davvero, che è ancora presto per il mio treno, ma che sto solo fuggendo.
Adesso sì, quello che sento è il bisogno di fuggire. Se quando ci siamo scontrati non ci sono riuscita, adesso l'unica cosa che voglio è correre via, rifugiarmi al sicuro, lontana dagli esiti della nostra conversazione.
«Per favore che cosa, Nic?» scoppio, irritata dal suo tono improvvisamente duro. «Non puoi pretendere che sia così semplice per me... Ok? Tu... tu non sai che cosa significa» spero con tutta me stessa che lo capisca per davvero. «Dopo quello che è successo, se riesco ad andare avanti è solo perché fingo che la mia sia una vita normale... e nella mia finzione non c'è spazio per... lui...»
Sentire il suo nome mi ha proiettata indietro, all'ultima volta che l'ho visto. Tutte le cose che ci siamo detti mi sono tornate nella mente, ho rivissuto la mia disperazione e la sua freddezza, il dolore straziante che mi ha dato il suo rifiuto, quando gli ho proposto di stare insieme nonostante tutto.
Al solo pensiero mi assale un'onda di vergogna che mi dà la nausea.
Vorrei che non fosse mai successo, vorrei non essermi mai umiliata così tanto davanti a lui. Ci faccio i conti da allora. I suoi occhi di ghiaccio che mi fissano disgustati e assenti tormentano i miei pensieri ogni volta che il loro ricordo si insinua nelle crepe della mia finzione quotidiana.
"Non riesco neanche a guardarti", mi aveva detto.
Come può pensare Nic che io riesca a gestire tutto questo? Mi ha praticamente uccisa. Come può pensare che riesca a parlarne?
«Finzione, Aurora?» Nic scuote la testa, sorridendo amaramente. «Ti rendi conto che si tratta della tua vita? Non può essere una finzione!»
«Lo è da sempre Nic, solo che io non lo sapevo! Tanto vale che almeno lo sia a modo mio!» rispondo rabbiosamente.
Il sorriso gli muore sulle labbra.
Sì, Nic, è difficile da digerire vero?
Non sono stata padrona di niente nella mia vita, nemmeno di innamorarmi. Tutto ridotto a finzione. Una grande bugia che mi è esplosa addosso, ecco che cosa è stata la mia vita.
E che cosa cambierebbe se tornassi? Continuerebbe a esserlo, perché anche se decidessi di tornare lui, lui non potrà mai essere mio.
«Mi dispiace Aurora» sembra davvero abbattuto. «Hai ragione, non avrei dovuto parlane in questi termini» fa una pausa, ma so che non mollerà la presa, conosco quanto può essere testardo Nic quando vuole. «Quello che intendevo dire è che dovresti... affrontare tutto questo. Ormai sono cinque anni che non torni a casa, che nessuno ha più tue notizie... Mi è preso un colpo quando ti ho riconosciuta, non potevo credere ai miei occhi! E adesso che sono qui, miracolosamente davanti a te... Non posso non chiedertelo. Davvero vuoi passare il resto della tua vita fuggendo dal passato? Non sei stanca?»
Sconfitta dalla sua insistenza, ma anche dalla ragione nascosta nelle sue parole, mi siedo di nuovo. Sono stanca, è vero. Questo non posso negarlo, e gli concedo un sì, annuendo piano con la testa.
«Non fuggire più, volta pagina. Almeno provaci» continua, ma il suo tono si è addolcito. «Torna. Prendi in mano quello che è successo e prova ad affrontare il passato.»
Fa una lunga pausa prima di continuare. «Massimo l'ha fatto... puoi farlo anche tu, Aurora.»
Di nuovo il suo nome, di nuovo un penetrante dolore al cuore e allo stomaco.
«È difficile, lo so, ma dovresti farlo per te stessa... non vuoi ascoltare quello che gli altri hanno da dire? Non vuoi avere l'occasione di affrontarli e dire loro quanto male ti hanno fatto? Potresti chiudere i conti rimasti in sospeso e magari riprenderti quello che c'era di buono...» guardandomi fa una lunga pausa. «... recuperare la nostra amicizia, mia e di Rita, spero che potrebbe valere la pena del ritorno.»
Gli sorrido teneramente, commossa dalle sue parole. Come risposta, a Nic basta il mio sguardo.
Sorride anche lui.
«Non voglio darti il tormento, è solo che il destino ci ha messo sulla stessa strada oggi, non può essere un caso... ho il dovere di dirti tutto quello che penso, non posso lasciarti andare via senza averci provato...»
All'improvviso mi invade una tenerezza infinita, e non ce la faccio più a trattenere i miei pensieri. Abbasso le difese.
«Nic, la vostra amicizia potrebbe anche essere l'unica ragione per cui tornare. Ma sai perché non voglio farlo? La vera ragione?»
Lui scuote la testa, aspettando che prosegua.
«Non credo di essere abbastanza forte», confesso per la prima volta in cinque anni ad alta voce, «e se... se non riuscissi a... resistere, Nic? Tornare significa rivederlo. Sono terrorizzata all'idea che potrei di nuovo...» ma non riesco ad andare avanti, atterrita io stessa dai pensieri dietro le parole. Ho paura di non riuscire a resistere, ho paura di caderci di nuovo, in quella trappola che Massimo era per me.
«Lui era come una droga per me, Nic...»
Nic abbassa lo sguardo dal mio. È un attimo, ma lo fa. E tanto mi basta per percepire il suo imbarazzo. Questa è la verità. È torbida, oscura, scomoda e dirompente.
«Capisci perché non posso?» tento un sorriso.
«Lo capisco» ammette lui. Per un po' tace, lo sguardo fisso sul tavolo. Chissà che cosa sta pensando, mi chiedo, con quell'aria così seria. Poi, sfila da una tasca della sua giacca una penna, prende uno dei tovaglioli di carta dal mucchio appoggiato sul tavolo e inizia a scriverci qualcosa sopra. «Promettimi però che nonostante le tue paure ci penserai» allunga verso di me il tovagliolo, esortandomi con lo sguardo a prenderlo. «Questo è il mio numero, scommetto che non ce l'hai più, vero?»
È vero, non ce l'ho più. Non ho più il numero di nessuno.
«Non buttarlo, ok? E chiamami. Fosse anche solo per dirmi di no.»

Il mio sbaglio 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora