AuroraHo guidato per ore. Ore che sono state un vero incubo. Avevo bisogno di tenere la testa occupata e noleggiare un'auto per tornare a casa è stata la cosa più intelligente che mi è venuto in mente di fare piuttosto che salire su un treno e rimanere da sola in compagnia dei miei pensieri. E della mia angoscia.
Ancora non mi sembra vero: tra poco più di un paio di ore, li rivedrò tutti. Dopo cinque anni. Li rivedrò, e rivedrò... lui. Un brivido mi corre dal collo lungo le braccia e lungo la schiena. Non sono pronta. Ma non lo sarò mai. Nic mi ha riempito la testa di questo concetto: non sarai mai davvero pronta per tornare Aurora, devi farlo e basta. Sembrava facile, a sentire lui, e mi sono convinta di potercela fare. Eppure adesso sono terrorizzata.
Spengo il motore e scendo dall'auto. Rita avrebbe voluto che mi fermassi da lei, ma ho rifiutato preferendo pagare una camera d'albergo per qualche notte: il mio rifugio sicuro nel caso le cose non andassero come sperato. Estraggo dal bagagliaio i miei due piccoli trolley da viaggio e mi dirigo verso la reception per la registrazione.
Guardo l'ora. Le sei e trenta. Non vedo l'ora di concedermi una doccia ristoratrice. Giugno è appena cominciato, ma il caldo è già opprimente. E poi devo prepararmi per la cena. Mi aspettano tutti al Taste Bistrot, il ristorante preferito dei miei genitori. Un ritorno in grande stile, ironizzo tra me e me per smorzare l'ansia che mi attanaglia la gola.
Inspiro ed espiro per calmarmi. Ok, Aurora. Sta' calma e niente panico, puoi farcela. Sei una persona adulta, ormai. Puoi gestire questo momento...
***
Due ore e un quarto più tardi, varcando la soglia del Taste Bistrot, invece, scopro di non poterlo gestire per niente. Mi tremano le gambe. Mi trema tutto. Ho la gola secca e sento una pressione al petto talmente forte che potrei svenire.
E poi, ma perché mai mi è venuto in mente di vestirmi così? Lanciando uno sguardo sulla sala ho intercettato la mia immagine nello specchio vicino al piano bar. Troppo, sono vestita in maniera troppo vistosa, penseranno che l'ho fatto apposta. Che sono tornata per provocare. Oddio. Lo penseranno sul serio? Avrei dovuto scegliere qualcosa di più sobrio e castigato di questo tubino che mi fascia la vita e mi scopre la schiena. All'improvviso mi vedo troppo ben vestita, troppo curata, troppo truccata... No, non ce la posso fare: ho sbagliato tutto. Primo errore su tutti ho sbagliato a essere qui. Non dovevo venire.
Nell'attimo esatto in cui penso che forse potrei accampare una scusa e guadagnare tempo per tornare in albergo e, quanto meno, indossare una tunica monacale per sentirmi più a mio agio li vedo. Il mio sguardo si posa sul tavolo cui sono seduti. Non riesco a vedere tutto il tavolo per bene dalla mia posizione, ma scorgo distintamente Nic e Rita, seduti vicino l'uno all'altra, vedo mia madre... e anche la madre di Nic. Ci sono proprio tutti... Il cuore mi schizza in gola e le vene iniziano a pulsarmi nelle tempie. Scatta il panico. No, non posso farcela. Devo andarmene.
La mente non fa in tempo a elaborare il pensiero che il mio corpo si è già voltato verso l'uscita e le mie gambe stanno già muovendo i primi passi di fuga. Ma per quanto abbia agito in fretta, non è stato abbastanza.
«Posso aiutarti?» una cameriera si è avvicinata a me, sicuramente incuriosita dal mio pallore e dal mio immobilismo.
Mi fermo e la guardo, sorridendole. Sì, penso di risponderle, certo che puoi aiutarmi: fingendo di non avermi vista. Invece rispondo, «Mi stanno aspettando, sono a cena con» esito, cercando di farmi forza nel pronunciare quello strano insieme di parole «... la mia famiglia».
Sto per dirle che non ho bisogno che mi indichi dove andare perché ho già individuato il tavolo, nella speranza che si allontani e che io possa finalmente dare seguito al mio proposito di fuga, quando la voce di Nic in lontananza richiama la mia attenzione. Ormai non ho scampo. Nic mi ha vista...
Mi congedo con uno sguardo dalla cameriera, che mi sorride a sua volta e si allontana, rassicurata che tutto sia in ordine. Guardo Nic. Inspiro. Mi avvicino, lentamente. Passo dopo passo, mi sento come se stessi raggiungendo il mio patibolo. Qualche minuto ancora, e molto probabilmente la mia testa rotolerà fuori dal ristorante tra lo sgomento atterrito di tutti gli avventori. Sono ormai così vicina al tavolo dell'esecuzione che sento distintamente quello che Nic, che mi sta aspettando in piedi, sta dicendo.
«Vi avevo anticipato che stasera sareste rimasti sorpresi e, beh, adesso capirete perché.»
Quello che sento chiaramente mi sconvolge. Che cosa?! Ci metto un attimo a capire che a differenza di quello che pensavo nessuno, tranne Nic e Rita, sa del mio arrivo quella sera. La mia testa esplode in una serie di pensieri angoscianti e distruttivi. Come ha potuto, Nic, farmi questo? Non riesco a crederci! Lo shock è talmente tanto forte che, non so se purtroppo o per fortuna, ottunde la mia rabbia. Comunque ormai è davvero troppo tardi per reagire tirandosi indietro, sono a un passo da lui e da tutti gli altri. Nic mi indica, ignorando il mio stordimento, e gli sguardi di tutti si posano su di me. Sono uscita allo scoperto, mi hanno vista.
«Aurora» continua Nic, sorridente e incurante del silenzio improvviso intorno a noi, «ben tornata!».
Il mio sguardo si posa su tutti e su nessuno. Li vedo ma sono cieca. La paura mi ottenebra. Sono lì, dopo cinque anni di silenzio e di assenza, dopo ciò che è successo, e nessuno sapeva che quella sera sarei tornata. Sembra assurdo, sembra una follia. Eppure è così, e non c'è modo di tornare indietro.
La prima persona che riesco a mettere a fuoco è mia madre. Ci guardiamo a lungo nel silenzio e nell'immobilità. Deve essere sconvolta dalla sorpresa. Come tutti, dopotutto. Poi, vedo mio padre. Hanno entrambi gli occhi lucidi. Questo lo vedo, anche se sembrano scioccati quanto me.
Trattengo il fiato. Non riesco a pronunciare parola. Come potrei? Percepisco il peso degli occhi di tutti puntati su di me. Uno sguardo in particolare sento bruciarmi addosso con intensità. Lo sento come lo sentivo in passato che mi sta fissando. Ed è come se potessi intuire i suoi pensieri, la sua rabbia ancora prima del suo stupore. E ciò mi angoscia, se possibile, ancora di più. Non oso ricambiare quello sguardo di fuoco. Non ancora. Non avrei la forza di sostenerlo, tradirei la mia debolezza. È il demone del passato: ha già iniziato a tormentarmi.
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Il mio sbaglio 2
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