3. Equilibrio di cristallo

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Aurora


Quando più tardi infilo le chiavi nel portone di casa mi sento come se fosse passato sopra di me uno schiacciasassi. Sono distrutta. Emotivamente e fisicamente.
Chiudo la porta alle mie spalle, lascio cadere la borsa sul pavimento, sfilo le scarpe. In confronto al male che sento dentro, il dolore dei tacchi è quasi piacevole. Il contatto fresco con il pavimento mi fa bene, mi solleva il modo in cui riesce ad alleviare il dolore. Vorrei che esistesse un balsamo così anche per l'anima: una cura semplice che abbia davvero il potere di rendere sopportabile lo strazio che ho nel cuore.
Chiudo gli occhi, li sento gonfi sotto le palpebre. Non ho il coraggio di guardarmi allo specchio, devo sembrare un mostro, uno zombie con gli occhi rossi iniettati di sangue. Inizio a pensare che un bagno caldo, la schiuma e i sali profumati potrebbero riuscire se non a rimettermi in sesto, almeno a farmi distendere un po' i nervi.
Mi dirigo verso il bagno, inizio a spogliarmi. Abbandono le mie cose nel corridoio, non mi importa del disordine. Ci penserò domani. Adesso voglio solo annegare i pensieri.
Apro l'acqua e lascio che piano piano la vasca si riempia. Indosso l'accappatoio e torno sui miei passi, entrando in cucina. Mi verso abbondante vino rosso in un calice, e ne sorseggio un po'. Sì lo so che ho già bevuto, e anche un cocktail piuttosto forte, schietto e senza ghiaccio. Una vocina nella mia testa mi rimprovera che dovrei cenare, nutrire il mio corpo con qualche alimento sano ed evitare di buttare giù ancora dell'alcol. Ma non mi importa di lei, non insinuerà in me il senso di colpa.
Sto troppo male. Ormai conosco bene gli effetti di questo dolore. Quando è così forte da spaccarmi il petto, da martellarmi in testa fino a farmi credere che esploda, solo l'alcol mi aiuta. Mi farà dormire senza sogni, che poi mi agghiacciano come fossero incubi.
L'unica cosa che voglio è stordirmi fino a dimenticare tutto, perfino me stessa, e abbandonarmi a un sonno profondo, che assomiglia all'oblio. Stordirmi così tanto da neutralizzare il mio inconscio, e impedirgli di affacciarsi insieme ai suoi mostri alla soglia dei miei sogni.
Prendo il calice e torno in bagno. L'acqua è alta abbastanza per il bagnoschiuma. Ce ne verso dentro un bel po'. Mi piace tanto sparire con la faccia nelle bollicine di sapone, fino a immergere anche il naso. Mi scarica trattenere il respiro e rimanere lì, sospesa, ad aspettare di non farcela più. Prendo i sali e ne butto tre manciate nell'acqua calda, che piano piano continua ad alzarsi di livello.
Seduta sul bordo della vasca ripenso a quanto ho scoperto. Nic e Rita insieme. Mi sembra così strano... eppure è accaduto. Si sono trovati e adesso sono innamorati. Dovrei essere felice per loro, ma perché sotto sotto l'idea mi fa anche tanto male?
La mia mente torna a rivivere il momento in cui io e Nic ci siamo salutati. È da poco passata un'ora, da allora. Mi interrogo su quanto è successo, sullo strano sentimento che mi ha invasa un attimo prima di lasciarlo andare via.
L'ho accompagnato al treno, siamo rimasti a lungo in silenzio. Ero imbarazzata, probabilmente anche lui lo era. Ma se prima avrei voluto solo fuggire, arrivati al momento di salutarsi non volevo che se ne andasse. Una consapevolezza inaspettata e spiazzante, che mi ha disorientato. Ho lasciato che salisse su, incapace di alcun gesto se non di sorridere come si sorride a un estraneo.
Anche lui mi ha sorriso, "Ciao Aurora" ha detto alla fine a bassa voce, gli occhi sulla punta delle scarpe. E allora quel sentimento mi è esploso dentro. Una tristezza sconfinata, sconcertante.
E non ho resistito. Ho realizzato che se lo avessi lasciato sparire dentro quel vagone così, beh, lo avrei perso per sempre. E ho capito che non volevo che questo accadesse. Ho capito che, per quanto sconvolgente sia stato incontrarlo, io ho bisogno di lui. Ancora. Mi è mancato, tanto, e mi manca sempre, ogni giorno, anche se fingo che non sia così. Che persona sarei stata se lo avessi lasciato andare senza che lui lo capisse?
Allora l'ho chiamato. "Nic!" credo che lui abbia avvertito l'urgenza disperata nella mia voce. Voltandosi, mi è sembrato sorpreso. Mi ha guardato, interrogandomi con lo sguardo.
Ero decisa a parlare, a dare voce a quel bisogno impellente. Ma poi quando i suoi occhi si sono posati di nuovo su di me, non ci sono riuscita. Un'altra urgenza si è fatta sentire. E non ho detto quello che davvero avrei voluto.
"A parte Rita non dire a nessuno che mi hai vista per favore", l'ho pregato tutto d'un fiato ma, prima che io stessa potessi razionalizzare quello che la mia voce stava pronunciando, quella frase, all'apparenza semplice, mi è soffocata in gola.
Lui ha abbassato lo sguardo per un attimo, infine ha annuito, senza nascondere la delusione.
"Se è questo quello che vuoi, d'accordo, non lo farò" mi ha concesso e si è sforzato di sorridere.
"Ok" ho sospirato sollevata. E anche io ho sorriso. "Grazie."
Lui si è voltato di nuovo, ma una volta ancora quell'urgenza mi ha sopraffatto. L'ho chiamato per la seconda volta. Se possibile, più disperata di prima.
"Nic!"
Lui si è voltato di nuovo, aveva uno sguardo preoccupato.
"Ti voglio bene" mi sono finalmente lasciata andare, cercando di reprimere il nodo alla gola che all'improvviso mi stava opprimendo.
Al suono delle mie parole Nic è sceso con un balzo giù dal treno e mi ha stretto in un abbraccio fortissimo, il più forte in cui io sia mai rimasta intrappolata.
L'ho ricambiato, aggrappandomi a lui come se fosse la mia ancora di salvezza in un mare in tempesta. Ho trattenuto il fiato, gli occhi fissi sulle rotaie del treno: qualcosa di brutto, quotidiano, freddo, impersonale per ingannare la mia mente e me stessa che di quell'abbraccio non mi importasse, che quella stretta infinita d'affetto e disperazione non mi commuovesse.
Mi sfilo di dosso l'accappatoio ed entro lentamente nella vasca ormai piena. Appunto i capelli sulla nuca, avvicino il calice di vino e mi stendo nel calore dell'acqua, il mio corpo nascosto tra le bollicine.
Il mio è solo un equilibrio di cristallo. È fragile, basta un niente e può distruggersi in mille pezzi.
Per un po' sono riuscita a tenere vivo l'inganno nella mia testa, ma poi Nic mi ha sussurrato "Anche io, da sempre e per sempre" e allora non ce l'ho fatta più, ho dovuto allontanarmi da lui.
"Ciao Nic" è stata l'ultima cosa che gli ho detto prima di voltarmi e incamminarmi a passo svelto verso il mio treno.
Mentre mi allontanavo, l'ho sentito gridare. "Non lo dirò a nessuno ma tu ricordati della promessa che mi hai fatto, Aurora, ok? Mi senti? Ricordatelo!"
Ma ero già lontana per qualsiasi risposta.
Me ne sono andata in fretta. Non volevo che mi vedesse piangere.

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