AuroraRaggiunta la spiaggia, prendiamo possesso dell'ombrellone accanto a quello dei nostri genitori. Rita si spoglia in un baleno, imitata da Nic. Nic già scalpita, non sta nella pelle, non vede l'ora di gettarsi in acqua e fare il bagno. Lo conosco, quando è al mare si trasforma in un bambino. Non che Rita mostri meno entusiasmo. Li osservo mentre scherzano tra loro e fremono. Sorrido nel vederli così. Sono belli insieme. Con Rita Nic sembra più... sereno, mi sorprendo a pensare. Questo pensiero dovrebbe ferirmi, invece lo accolgo come se fosse l'evidenza più naturale del mondo. Assurdo che nessuno di noi si fosse accorto prima di quanto potessero essere compatibili.
Anche Massimo li sta osservando, mi rivolge rapidamente uno sguardo d'intesa. Probabilmente anche lui sta pensando le stesse cose. Scuote la testa, «Siete eccitati come due bambini» li rimprovera, ma sta ridendo.
«Forza!», mi sgrida Rita, sbuffando di fronte alla mia esitazione. «Che cosa stai aspettando Aurora? Spogliati che non vedo l'ora di tuffarmi!».
«Ok ok» le rispondo, iniziando a togliermi il vestito. Non senza una certa titubanza. Continuo a sentirmi molto a disagio all'idea di rimanere in costume davanti a Massimo, ma cerco di non pensarci. Fingo che il problema non mi riguardi. Sì, quel bel problema che si sta sfilando la maglietta proprio in questo momento, davanti ai miei occhi, proprio no, non mi riguarda affatto. Quel problema dal fisico perfetto, muscoloso, meraviglioso...
Deglutisco. Inspira ed espira, Aurora. Con calma, andrà tutto bene se adesso ti concentri e distogli lo sguardo da lui. Obbedisco alla voce della mia coscienza. Torno a rivolgere la mia attenzione a Rita e a Nic.
«Sono pronta» dico. «Andiamo?» Rita mi prende per mano, saltellando, e inizia a correre verso il mare. Non posso fare altro che seguirla. Il suo entusiasmo mi travolge in un istante, adesso mi sento anche io felice come una bambina. Cosa che mi sorprende, non credevo di esserne capace.
Quando i nostri corpi entrano nell'acqua del mare, quello che provo mi toglie il fiato: per la prima volta, dopo tantissimo tempo, mi sento viva. Viva e felice. Mi lascio andare a una risata liberatoria, mi tuffo e il mare mi accoglie dentro di sé. Avevo dimenticato che ci si potesse sentire così bene. Nuoto per un po', godendomi quel momento di benessere. Quando riemergo dall'acqua cerco Rita, che compare accanto a me pochi attimi dopo. Ci guardiamo, scoppiamo a ridere. Le salto addosso stringendola in un abbraccio fortissimo. Non so quanto durerà questa felicità. Ma adesso che la provo capisco che vorrei trattenerla. Che mi manca, essere felice così. Sono sopravvissuta anche troppo a lungo, adesso è arrivato il momento di ricominciare a vivere.
***
Tra uno scherzo d'acqua e l'altro, qualche chiacchiera e nuotata passiamo a mollo non so dire quanto tempo. Probabilmente è già passata più di un'ora da quando ci siamo tuffati. Infatti, guardandomi le mani, vedo le dita molto avvizzite. Inizio anche a sentire freddo e capisco che sta arrivando, almeno per me, il momento di uscire e andare a scaldarmi al sole.
Vorrei dire a Rita e a Nic che sto per uscire, ma alzando lo sguardo su di loro mi accorgo che si sono allontanati. Se ne stanno abbracciati, testa contro testa, si sorridono come due innamorati novelli. Sospiro. Ok. Non posso disturbarli in questo loro momento di intimità. Dopotutto Rita è arrivata da poche ore e io ho monopolizzato la sua attenzione, quindi non posso proprio disturbare la loro pace adesso che finalmente si sono ritagliati un momento tutto per loro.
C'è Massimo accanto a me. Anche lui li sta osservando in silenzio. Lo sorprendo a sorridere, e non resisto alla tentazione di chiedergli a che cosa stia pensando.
«Perché sorridi?» domando.
Lui esita. «Sorrido perché se me lo avessero detto diversi anni fa, che loro due sarebbero stati insieme un giorno, e che li avrei scoperti così affini, non ci avrei mai creduto. Non credo di avere mai immaginato, in passato, Nic senza di te.» Solo in questo momento mi guarda, sorpreso quanto me dalle sue parole.
Annuisco, mio malgrado. «Credo di capire che cosa intendi. Anche per me è strano vederli insieme e scoprirli così simili, un'anima in due corpi» gli sorrido.
«Un'anima in due corpi» ripete, piano, tornando a guardarli.
«Già» confermo.
«Dev'essere così che ci si sente, ad avere accanto l'anima gemella» commenta.
Lo guardo, lui mi guarda. I suoi occhi mi studiano, improvvisamente torno a sentirmi tesa e a disagio.
Proprio così Massimo, penso. Potrei dirti che è così che mi sento quando sono con te. Che è così che mi sento da sempre, anche quando stavo insieme a Nic. Che una parte di me è in te, e solo in te ha senso. Ma non posso dirti niente di tutto questo. Posso solo pensarlo e illudermi che, da qualche parte dentro di te, anche tu abbia provato le stesse mie sensazioni, almeno in passato, fosse anche stato solo per il tempo di un sogno.
Un brivido mi scorre lunga la schiena. È la scusa per interrompere quello scomodo contatto visivo e annunciare che voglio tornare a riva. Mi accorgo però che lo sguardo di Massimo si è distolto da me, per posarsi su un punto alle mie spalle, in direzione degli ombrelloni. Incuriosita, mi volto per scoprire che cosa abbia attratto la sua attenzione. E capisco. Capisco che sta fissando il bagnino che al nostro arrivo ci ha mostrato l'ombrellone. E che il bagnino sta fissando lui.
«Ti guarda spesso» mi dice Massimo.
Mi volto di nuovo verso di lui, sorrido imbarazzata. «Davvero?» chiedo.
«Davvero.»
Mi stringo nelle spalle, senza sapere che cosa dire. Che il bagnino mi guardi spesso mi lusinga, ma che sia Massimo a dirmelo, in quel modo poi, mi mette in imbarazzo. Cerco di svincolarmi.
«Sto iniziando ad avere freddo, credo che tornerò all'ombrellone» dico finalmente, e mi incammino verso la riva.
Ma Massimo mi chiama e mi volto di nuovo verso di lui. Spero con tutta me stessa che non dica cose strane, che mi lasci in pace. Voglio godermi il sole in relax, senza dovermi tormentare rivivendo nella mia mente l'ultima sconvolgente conversazione avuta con lui, perché di sicuro è così che andrebbe. Così va sempre: lui che mi dice cose che mi feriscono e che mai avrei pensato di sentire uscire dalle sue labbra, e io che mi tormento per ore ripetendomele nella mente.
«Che cosa c'è?» domando, sulla difensiva.
«Scusa per prima, quando siamo arrivati mi sono comportato come un idiota.»
Le sue parole, in effetti, mi sorprendono. So che si riferisce alla scenata di gelosia che ha fatto arrivando. Per fortuna però non mi feriscono, anzi mi danno l'occasione per uscire di scena impugnando una soddisfacente rivincita morale. Accettare le sue scuse significherebbe dare importanza alla sua scenata. E non voglio che pensi che per me ne abbia.
Sorrido.
«Perché?», chiedo, «Che cosa è successo prima? Non capisco proprio a che cosa ti riferisici...».
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Il mio sbaglio 2
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