11. Faccia a faccia

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Massimo


Diego parcheggia l'auto davanti al cancello di casa mia. Mio padre è rimasto in silenzio per tutto il tempo durante il tragitto verso casa e io l'ho imitato, lo sguardo fisso fuori dal finestrino. Mi chiedo che cosa stia pensando, probabilmente lui si sta domandando la stessa cosa di me.

Abbiamo lasciato Rachele appena dieci minuti fa e, per fortuna, almeno per stasera, lei non ha fatto altre domande scomode su quanto accaduto alla mia mano o su quanto accaduto in generale. Per quanto mi riguarda, meglio così. Appena sono rimasto solo con Diego, ho tirato un sospiro di sollievo.

Mi slaccio la cintura di sicurezza, mi volto verso mio padre, sperando che non legga nei miei occhi quanto mi sento sperso, per dargli la buonanotte. Non ho intenzione di dilungarmi troppo in chiacchiere questa sera. Ho bisogno di stare da solo e sono esausto, le ultime energie che mi rimangono le userò contro Nic. Voglio proprio capire che accidenti gli è passato per la testa. Non doveva tirarmi un colpo tanto basso...

Diego chiama il mio nome, distogliendomi dal mio proposito di un'uscita di scena rapida e indolore. Dirotto su di lui la mia attenzione, incoraggiandolo con lo sguardo a parlare.

«Va tutto bene?» domanda, dopo aver esitato per qualche istante.

Abbozzo un sorriso, «Ma certo» rispondo subito. Non deve cogliere esitazioni nella mia voce.

«Sei sicuro?» insiste lui.

«Mai stato più sicuro di qualcosa», mi stringo nelle spalle.

Lui annuisce, ma non pare convinto. D'altra parte, come dargli torto? Lui è l'unico, a parte Nic, a conoscere tutta la storia, anche la parte scomoda. Quel pensiero mi fa attorcigliare lo stomaco. Ho mentito ad Aurora dicendole che nessuno sapeva davvero quello che era accaduto tra di noi. Sono quasi certo che lei abbia deciso di rimanere anche per questo. Ma la verità non è solo nostra, come ho voluto farle credere. Lei non lo sa e non dovrà saperlo mai, non lo accetterebbe.

«Immagino che sia stato difficile per te, stasera. O sbaglio?» insiste.

«No, non sbagli» concedo. «Nic avrebbe dovuto avvisarmi. Avrebbe dovuto avvisarci tutti.»

Per un bel po' rimaniamo in silenzio. «Comunque, Aurora rimarrà. È davvero quello che vuoi?»

Che cosa?, penso. Certo che è quello che voglio. Adesso che è tornata, non voglio che se ne vada di nuovo.

«Sì, perché non dovrei?»

«Be', sei sembrato molto irritato dalla sua presenza...» la butta lì, quasi distrattamente.

Scuoto la testa. «Lo ero in generale, mi è parso incredibile che potesse davvero ricomparire così, come se niente fosse.»

Diego annuisce. «Credeva che lo sapessimo, questo mi è sembrato evidente.»

«Lo so. Ma tu sai come sono fatto, mi si è chiusa la vena.»

Ride. Per un po' i nervi di entrambi si distendono.

«E comunque», riprendo a parlare, con voce ferma e seria, «non possiamo fuggire per sempre. Tu più di ogni altro dovresti saperlo, che prima o poi il passato ritorna e non si può fare altro che affrontarlo se non vogliamo che ci consumi» gli rispondo e lui sorride. Annuisce, sommessamente. Starà pensando che ho ragione.

«Già» ammette, dopo un po'. Poi si schiarisce la voce, come se all'improvviso fosse turbato. «Massimo, non ti piacerà la domanda che sto per farti, ma devo. E credo di essere l'unico adulto a potertela fare.»

So che cosa sta per chiedermi. Mi preparo ad assorbire il colpo e a reagire come è giusto.

«Provi ancora qualcosa per lei?»

Bingo. Inspiro, senza scompormi. Poi butto fuori tutto d'un fiato la mia risposta.

«Sono passati cinque anni. Aurora è solo un lontano ricordo. Adesso c'è una ragazza nella mia vita che mi piace moltissimo. Quello che è successo tra me e Aurora si è annullato nell'attimo esatto in cui ho capito che sua madre era anche la mia» non riesco a velare il disappunto quando pronuncio quelle ultime parole.

Ci sto lavorando ancora, su questo concetto. Con mia grande sorpresa, devo ammettere di averlo quasi digerito. Se me lo avessero detto quattro anni fa, quando ho deciso di tornare, non ci avrei creduto. Ma nonostante i miei sforzi, andati a buon fine, ogni tanto riemerge da dentro di me la rabbia.

Mia madre, sua madre.

Quando me ne sono andato ho passato un anno a cercare una ragione per quello che era successo. A cercare di ignorare il dolore che avevo dentro, l'odio che mi bruciava il corpo e la testa, ogni giorno sempre di più. L'ho odiata. Ho odiato mia madre fino allo sfinimento. Quella donna che per una vita mi aveva vissuto accanto, cullando il suo segreto nell'intimo della sua anima, mi aveva osservato in silenzio, mi aveva visto crescere accanto ad Aurora e mai, mai, avrei pensato che il motivo per cui non voleva che io e lei ci frequentassimo, una volta cresciuti, fosse perché era la madre di entrambi. Per un anno non ho provato altro che disperazione e odio. Quante energie ho sprecato, una volta tornato a casa, per ricucire i brandelli della mia vita. E adesso, accade questo. Non permetterò che davanti a me si riapra quel baratro.

«E così anche ogni sentimento» concludo.

Diego annuisce e sembra sollevato. «Ok, va bene» mi sorride. «Ricordati, comunque, che per qualsiasi cosa io ci sono per te, sempre. D'accordo?»

Sorrido anche io, rassicurandolo con lo sguardo. «Grazie» dico. Ma non ce ne sarà bisogno, penso tra me e me.

In quel momento l'auto di Nic ci passa accanto ed entra nel nostro vialetto. Rita non è con lui, deve averla già accompagnata a casa. Non aspettavo altro che l'occasione per un faccia a faccia con lui ed eccola che si palesa.

Apro lo sportello dell'auto.

«Devo andare» dico in fretta.  «Devo parlare con Nic, scusami.»

Diego capisce e annuisce.

Il mio sbaglio 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora