AuroraHo ordinato un cocktail Martini e mentre giocherello nervosamente con l'oliva, lo osservo. Nic non è cambiato quasi per niente. Rispetto al ragazzo che ho lasciato cinque anni fa è più uomo, si vede che il tempo ha forgiato il suo carattere, rafforzandolo in sicurezza. Eppure, dietro quell'aspetto sicuro si nasconde ancora il mio Nic. Il ragazzo dolce, gentile con cui sono cresciuta è ancora lì, l'ho visto quando il suo sguardo si è addolcito sul mio riconoscendomi.
Sorseggia il suo Spritz e mangia piano un po' di patatine.
Io non ho fame.
Mi si è chiuso lo stomaco, all'improvviso ho solo un gran mal di testa. Abbasso in fretta gli occhi da lui, quando si accorge che lo sto osservando assorta. Vorrei evitare domande, vorrei che non fosse inevitabile che a un certo punto mi chiedesse che cosa ho fatto in questi cinque anni, perché sono scomparsa e non sono mai tornata, mai, neanche per un giorno, e volesse parlare con me di tutta quella serie di cose che ho faticato tanto a cancellare dalla mia vita. O almeno, a illudermi di averlo fatto.
Bevo un altro sorso di cocktail, inspirando lentamente.
Nic continua a guardarmi in silenzio, poi scuote la testa, e sorride. È ancora stordito e confuso, proprio come me. Sorrido con lui. È una situazione così insolita, così assurda.
Mio Dio, sono passati cinque anni...
Lo so che è questo che sta pensando anche lui.
Sono passati cinque anni e tutto è rimasto cristallizzato lì, a quel maledetto giorno. Che cos'altro potremmo doverci dire, se non questo?
Il panico si è impadronito di me un attimo dopo averlo riconosciuto.
Nic.
Possibile che sia un caso?, ho pensato.
In questa stazione affollata, avremmo potuto passarci accanto senza vederci, invece siamo entrati in rotta di collisione. Perché? E se ci fossimo scontrati proprio perché dovevamo incontrarci?
Questa domanda, che ha assalito la mia mente l'attimo dopo aver pronunciato, stordita, il suo nome, mi ha pietrificato dallo spavento.
Per qualche secondo ho pensato di fuggire. Fuggire al sicuro, lontano da lui, da me stessa, dal passato. Dalle domande e dalle risposte che non voglio avere. Lontana da questo panico che mi taglia il fiato, come acqua gelida. Proprio come il dolore di quel giorno.
Qualcuno lassù si sta forse prendendo gioco di me?
Se è così non è divertente.
Non sono affatto pronta per affrontare il mio demone più grande...***
«Quindi ho rovinato la tua serata» tento, per rompere il ghiaccio.
Sul momento Nic sembra non capire, poi il suo sguardo si illumina. Sgrana gli occhi e ride, ma è una risata imbarazzata, vagamente tesa.
«Oh, ehm, già, ma non preoccuparti» balbetta, poi sembra recuperare la sua sicurezza. «La mia ragazza capirà» dice.
Fa strano sentire Nic che dice a me "la mia ragazza" riferendosi a qualcun altro, lo ammetto. Ma va bene, sono contenta per lui.
«Sul serio?» chiedo, curiosa di saperne di più.
Lui annuisce. «Capirà quando le dirò che si trattava di te.»
Lo guardo senza capire e lui ride ancora. «Dovresti chiamarla, sai?»
Questa volta sono io a sgranare gli occhi. «Chiamarla? Ma chi, la tua ragazza?» lo guardo come se fosse pazzo.
Poi, inizio a capire. «Aspetta, la conosco?»
Lui annuisce energicamente. «Sì. Sì la conosci...», il suo largo sorriso non nasconde una certa tensione. «Da quanto non senti Rita?»
Rita?, penso. O mio Dio. No, non può essere vero...
«Rita?» domando ad alta voce.
«Dovresti chiamarla, non è arrabbiata con te sai? Sì, insomma, lo è stata e ogni tanto lo dice ancora ma non ci crede davvero...»
Sbatto ripetutamente gli occhi, assolutamente incredula.
«Nic... Sul serio?... Tu e... Rita?»
Annuisce di nuovo.
Nessun fraintendimento, quindi è davvero così, ho capito bene: Nic e Rita stanno insieme. Il mio ex ragazzo e quella che, nonostante tutto, nel mio cuore è ancora la mia migliore amica stanno insieme.
Ed è assolutamente pazzesco, perché non esistono due persone più diverse.
Certo, almeno lo erano cinque anni fa. Chissà quante altre cose sono cambiate nel frattempo, senza che io fossi lì a cambiare insieme a loro.
Deglutisco a fatica, cercando di non pensarci. Cercando di non pensare che l'unica cosa che davvero vorrei che cambiasse, è l'unica che non potrà cambiare mai...
Mi assale una raffica di domande: come è successo?, da quanto tempo?, e lei, lei come sta? Ma non riesco a pronunciarne alcuna.
«Ci siamo avvicinati perché ci mancavi» aggiunge Nic subito dopo, come se leggesse le domande dentro la mia testa.
Il mio cuore si contrae in un sussulto di dolore.
«È successo con il tempo, abbiamo iniziato a vederci sempre più spesso, a conoscerci e piano piano...» fa una pausa.
«Vi siete innamorati...» concludo io per lui. Lo guardo a lungo e lui guarda me, annuendo piano. Vorrà capire che effetto mi ha fatto sapere di loro così. Se la notizia mi fa stare bene o male.
Non lo so ancora, ma mi sforzo di sorridere. Finisco di bere il mio cocktail, in silenzio, gli occhi bassi fissi sul bicchiere.
D'un tratto Nic sembra agitarsi sullo sgabello, si porta la mano chiusa a pugno davanti alla bocca e si schiarisce la voce.
«Vedi Aurora», torno a fissare i miei occhi nei suoi, preparandomi ad ascoltare. Ecco, ci siamo. Ce l'ha scritto in faccia che si sta preparando ad affrontare un discorso difficile.
«Quel giorno è stato... straziante, ok? Completamente folle. Quello che è successo... be' è caduto come un macigno anche addosso a noi. Non ha cambiato solo la tua vita, ma anche la mia e quella di Rita. Entrambi ti abbiamo perso. Avremmo voluto poterci essere per te, ma non ce l'hai permesso, te ne sei andata e sei scomparsa... Posso capire che non ti andasse di sentire me, ma Rita... lei non si meritava di essere coinvolta, non meritava di subire il peso della tua assenza.»
Mi sforzo per non cedere al dolore che sta dilaniando il mio corpo. Nemmeno io mi meritavo quello che è successo, penso, sforzandomi per non scoppiare a piangere, eppure è successo.
«Ci siamo ritrovati soli con tanta rabbia dentro e tante domande che non potevamo rivolgere a nessuno.»
Fa una pausa, mentre io in silenzio lo osservo sempre più sconvolta.
«Aurora...»
Esita a lungo, immagino cercando di decifrare il mio silenzio per capire fino a che punto può spingersi a parlarmi. «... tu non hai domande? Non ci sono cose che vorresti sapere? Cose che potrebbero spingerti a... tornare?»
Scuoto la testa, agitandomi a mia volta.
«No, Nic, quello che so mi basta e non devo sapere altro.»
«E Massimo?»
Silenzio.
Il suono di quel nome è come un proiettile che squarcia la mia carne. Alzo di scatto gli occhi su di lui, supplicandolo di non farlo mai più, che non si permetta mai più di pronunciare quel nome così, all'improvviso, davanti a me.
Solo il suono del suo nome mi fa sentire violata e sconfitta, come un animale ferito a morte.
«Non ci sono cose che vorresti sapere... su di lui?»
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Il mio sbaglio 2
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