Capitolo 1. Stellina2168

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La mia vita in casa era praticamente indifferente a mia madre. Mi sentivo come se non mi volesse in casa. Ogni cosa che facevo per lei era insignificante... Mi facevo del male? A nessuno importava. I miei parenti erano tutti all'estero e gli unici che avevo nelle vicinanze non tenevano a me.

Quanto avrei voluto una sorella o un fratello o un parente, un familiare che si prendesse cura di me...

Certo,  mi dava da mangiare e da bere, mi faceva andare a scuola e praticare qualche sport, ma io intendo che avrei voluto un rapporto familiare con qualcuno che tenesse davvero a me, e che mi stesse accanto non per costrizione, come faceva lei.

Purtroppo la vita mia e di mia madre non era tata affatto semplice a causa del papà. Entrambe cercavamo di renderlo fiero, ma lui voleva sempre di più. Per questo ci maltrattava tanto da essere finito in carcere quando ero molto piccola, lasciando così una madre e una bambina completamente da sole tranne quella volta al mese in cui tornava per tre giorni, d'inferno se posso dirlo.

A volte sognavo di scappare, tanto a nessuno sarebbe importato... ma non potevo. Dove volevo andare senza soldi e senza un posto dove stare? Quando mi immergevo in questi pensieri mi sentivo una merda, letteralmente... stavo male... Pensavo che il mondo ce l'avesse con me, ma si sa, come ci sono le cose negative e i mai una gioia, c'è sempre qualcosa, o meglio qualcuno, che ti fa ritornare il sorriso.

Quell'angelo che ti fa sorridere solo salutandoti, quell'angelo che farebbe di tutto per te, quell'angelo che tiene a te più di ogni altra cosa, e per me quell'angelo era Kayla, la mia migliore amica...la conoscevo da quasi sei anni quando frequentavo il terzo anno di liceo, e già dal primo impatto, quando la conobbi, avevo capito che sarebbe stata la mia complice in tutto e per tutto. Lei c'era sempre stata per me quando ne avevo più bisogno...

Quando ero giù, quando stavo male per colpa dei miei genitori o per il ragazzo che mi piaceva ma che non avrei mai potuto avere - Sebastián Boris - lei c'è sempre stata come una vera amica.

Mi sentivo in debito con lei, per tutto quello che aveva fatto per me.

Mi aveva aiutato, senza di lei non so come avrei fatto, di sicuro non avrei concluso niente. Ma ero arrivata al punto che ormai era meglio lasciar perdere.

Credo sia il momento di finire questo discorso, perché la me del passato deve andare a scuola.

12 settembre 2003

Erano quasi le sette quando suonò la sveglia. Si ricominciava con la routine di settembre. Già avevo il presentimento che sarebbe iniziato un nuovo anno di liceo di merda, peggio dell'anno  precedente. Mi ero svegliata prima che suonasse la sveglia, non riuscivo a dormire. Pensavo solo e soltanto a Sebastian. E poi oltre Sebastian avevo altri ricordi e pensieri oscuri.

Come si dice? Ah, si. "Nella vita ci sono alti e bassi". ma nella mia ci sono più bassi che alti.

Che Sebastian non mi parlasse non mi faceva alcuna differenza. Mi sarebbe piaciuto fare amicizia con lui ma il punto era che non mi avvicinavo neanche lontanamente al suo canone di ragazza. Era ovvio che uno come lui - bello, fantastico, perfetto, simpatico e gentile - non potesse anche solo parlare con una come me - sempre in ritardo, goffa, con i capelli disordinati e la testa sempre da un'altra parte.

<<Josieee, muoviti non vorrai fare tardi il primo giorno di scuola. La colazione te l'ho fatta. Io vado al lavoro! Ciao. >>

Ecco a cosa mi riferivo in precedenza. Mi sentivo ancora peggio quando sentivo mia madre urlare da lontano e poi andarsene subito, senza darmi consigli sul primo giorno, anche se non era più il primo giorno per me dal primo anno di superiori, senza darmi un bacio quando se ne andava, senza salutare come avrebbe fatto una vera madre.

Se pensate che mi sia arrabbiata solo per questa piccola cosa vi sbagliate, è solo che le piccole cose fanno la differenza e questa era la 300esima volta che faceva così.

Di solito le madri alla fine di una giornata scolastica dicono ai proprio figli: <<Com'è andato il primo giorno di scuola?>> Mia madre non si limitava nemmeno a chiederlo, non era un minimo curiosa, e sapeva benissimo che io volevo più attenzioni ma non me le dava e non capisco ancora oggi il perché. Anche se un presentimento ce l'ho. Se non fosse stato per me non si sarebbe mai sposata con Chad, mio padre.

Erano le le sette e venti quando iniziai a prepararmi. Mi feci la doccia, mi vestii, preparai lo zaino e uscii di casa chiudendo la porta a chiave. Ero salita sul bus che mi conduceva verso la scuola. Ed ecco che, appena scesi da esso, mi accolsero le tre pagliacce, il trio malefico della scuola.

La pioggia non ci tocca. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora