Speciale 2

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I passi risuonavano lenti, frettolosi, oppure ancora furiosi accanto al suo corpo privo di forze.

Era riversa a terra, dove fissava i piedi dei passanti passare oltre la sua figura completamente invisibile al resto dei cittadini.

Aveva perso tutto. Non era rimasto più niente, solo la polvere era ancora al suo posto, onnipresente persino sul suo corpo sporco e sfinito.

Non aveva neppure più un qualcuno disposto a consolarla, come aveva fatto fino all'ultimo suo fratello maggiore.

Nessuno.

Era sola.

Era diventata invisibile.

Era infreddolita.

Era affamata.

Era stata abbandonata a sé stessa.

Ed era sempre sola, stavolta per davvero.

Il tempo minacciava la gente con grandi nuvole di un grigio cupo, annunciando un acquazzone imminente.

Nessuno prestava attenzione al corpo riverso a terra di una donna magrolina, priva di forza fisica, con due occhi nocciola spenti e pronti a lasciarsi andare, i capelli rossi sporchi di qualcosa di scuro e polveroso.

Come aveva fatto a finire così? Dopo aver lottato per tutta la vita contro la fame, il freddo, le ostilità della vita, come aveva fatto a finire lì? In mezzo alla gente che volontariamente la ignorava?

La testa le scoppiava, lo stomaco neppure più osava chiedere cibo, la gola urlava in fiamme.

Era così che sarebbe morta? Sola e in mezzo alla strada come un cane randagio?

Era stata colpa di quella stupida malattia. Tutta colpa sua. Era stata colpa sua se la sua famiglia se n'era andata così, lasciandola sola al mondo col fratello.

«Ti proteggerò io.» Le aveva garantito quella notte calda «Te lo prometto.»

Lo aveva promesso, lo aveva fatto. Allora perché, ora non era lì con lei, a rassicurarla come faceva di solito?

Era sempre colpa sua, colpa della malattia.

Fino all'ultimo lui si era limitato a rifilarle bugie, promettendole che sarebbe guarito nel giro di poco, che l'avrebbe ancora abbracciata come un tempo.

Adesso l'unica cosa che abbracciava era la terra, la tomba del fratello e dei genitori poco distante.

Erano stati talmente poveri da non potersi permettere neppure una lapide o un degno funerale. L'unica prova che adesso loro erano ancora lì, erano dei piccoli legnetti disposti a croce, conficcati nel terreno dove i loro corpi forse avevano trovato la pace eterna.
La loro casa un tempo era stata vicino alla locanda della cittadina, dove adesso giacevano, proprio nel giardino sul retro.

Era appunto rivolta verso la locanda, ad attendere di ricongiungersi coi suoi cari. Vedeva le prostitute avventarsi sugli uomini, attaccarsi a loro come polipi e lasciare loro baci languidi. Vedeva gli uomini, troppo ubriachi per capire anche solo quale fosse il loro nome, camminare e inciampare nel nulla, rialzandosi dopo aver riso come idioti.

Sentiva la musica incalzante provenire attraverso quelle calde pareti, dove si sentivano grida gioiose e rumori di calici brindanti.

Chissà che ore erano, forse sera? Pomeriggio inoltrato? O stava per sopraggiungere la notte? Non aveva comunque più senso prestare caso al tempo, visto quanto poco gliene rimaneva.

Un suono leggero, appena udibile fece sì che i suoi occhih venissero attirati dal terreno. Aveva ormai perso la percezione del freddo e del caldo, quindi faticò a comprendere che quel suono altro non fosse che la prima goccia di pioggia che era caduta dal cielo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 25, 2019 ⏰

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Cappuccetto rosso (Wattys 2019)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora