L'anemone rosso e il giardino di Bil'in

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C'era una volta un fiore.
Piccolo, esile, tanto fragile alla vista da destare incredulità quando, tenace, resisteva alle folate di vento che a volte sferzavano il luogo ove era nato.
Viveva sereno, in pace accanto alle altre creature della natura, godendo del sole e del nutrimento che la terra gli donava.
Un giorno, all'apparenza non diverso da quelli precedenti, due bambini, uno ebreo e uno palestinese, giunsero da quelle parti per giocare attorno a lui.
Non avendo, come uomini e animali, occhi per vedere e orecchie per ascoltare, il piccolo fiore osservava il mondo attraverso le emozioni e i sentimenti che percepiva nelle altre creature.
Fu talmente colpito dalla purezza dei piccoli umani che colorò i suoi petali di un bianco candido. Come lui, anche i suoi fratelli non restarono indifferenti ai bimbi, acquisendo colori diversi, come il luminoso giallo, il tenero rosa, il celestiale azzurro.
Ogni volta che i due bambini tornavano a giocare nei prati, i fiorellini colorati vibravano di gioia.
Trascorsero gli anni, vissuti in serenità e armonia.
Poi, un brutto giorno, i due ragazzi, ormai cresciuti, non tornarono a giocare, e così fu per molto tempo a venire.
I fiorellini si intristirono per aver perduto dei compagni così graditi, e attesero speranzosi il loro ritorno.
Altro tempo passò prima che, finalmente, i due uomini si facessero vivi.
Il primo istante, per il prato di fiori colorati, fu di immensa gioia, ma, un momento dopo, tutto cambiò.
Negli animi adulti dei due amici non albergava più il piacere di giocare insieme, bensì un miscuglio di sentimenti che alla vegetazione apparve sconosciuto.
Negli animi umani i fiorellini lessero la paura, il timore nei confronti del vecchio amico, accanto al disperato terrore di perdere la propria terra.
I fiorellini iniziarono a tremare, incapaci di capire: cos'era quella marea nera che aveva preso possesso dei cuori degli uomini, e che cresceva come una tempesta inarrestabile?
Essi non potevano sapere che l'umanità attribuiva a quel sentimento un nome ben definito: odio.
Spalleggiati dai propri fratelli, coloro che erano stati amici si fronteggiarono. Dalle grida, e poi agli insulti, il passo alla violenza fisica fu breve, e le due fazioni si affrontarono con le armi.
Il male che causò lo scontro tra quei popoli fu talmente grande che persino la terra soffriva per quanto stava accadendo, trasmettendo alle minute radici dei fiori un freddo tanto intenso che molti ne morirono.
Il fiorellino bianco era disperato. Voleva gridare, ma non aveva voce.
Quando il sangue iniziò a scorrere, una goccia cadde dalle ferite di un palestinese bagnandogli un petalo. Un istante dopo, una stilla che proveniva invece da un ebreo lambì un secondo petalo dalla parte opposta.
A quel punto, il fiorellino decise di colorare metà dei suoi petali del colore del sangue palestinese, e l'altra metà della tonalità del sangue ebreo.
Da quel giorno, esso divenne completamente rosso, e nessuno, nemmeno il rapace con la vista più aguzza, riuscì mai a distinguere quali petali avessero il colore del sangue ebreo e quali di quello palestinese.
Perché il colore era il medesimo.
Fu questo il modo col quale il piccolo fiore provò a urlare il suo dolore nel tentativo di fermare l'eccidio.
Da allora, il fiore chiamato, dagli uomini, anemone, assunse, tra le tante tonalità, anche quella rossa.
Incuranti del messaggio lanciato dal generoso anemone rosso, israeliani e palestinesi continuarono a combattere, tanto che il fiore pensò che nessuno avrebbe mai compreso il suo linguaggio di pace.
Accadde però che, un giorno, una donna palestinese, dopo aver raccolto ciò che restava delle granate lacrimogene lanciate durante gli scontri a Ramallah, decidesse di trasformare uno strumento di offesa in un messaggio di speranza.
Determinata a dimostrare che, con cura e amore, tutto è possibile, iniziò a piantare un fiore colorato in ogni granata.
Oggi, a Bil'in, è possibile ammirare un giardino unico nel suo genere, e non si può non pensare che, tra tutti quei fiori che crescono all'interno di involucri di metallo, ove l'umida terra ha preso il posto dei gas tossici, non vi sia anche un piccolo anemone rosso.

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