La bandiera della Palestina garriva al vento, impugnata con solennità da un uomo di mezza età attorniato da altre persone urlanti. Insieme sembravano troppo pesanti per essere sorretti dal tetto della vecchia automobile sulla quale stavano sfilando lentamente per la città, intasata da profughi trionfanti.
"Abbiamo vinto! Allah è grande!" gridavano, felici.
Ad Hassan piaceva quel bagno di folla. Erano i suoi compatrioti, i suoi fratelli. Lui, in quanto esponente del partito al potere, si sentiva a casa quando era circondato dal popolo cui apparteneva.
La notizia dell'accordo raggiunto in Egitto tra la delegazione palestinese e quella israeliana si era diffusa a una velocità sorprendente tra la popolazione stremata, che si era riversata per le strade a celebrare la vittoria della resistenza contro l'imperialismo sionista.
Un gruppo di uomini, alcuni dei quali portati a spalle da altri, gli passarono accanto, sventolando i vessilli verdi di Hamas.
Doveva sentirsi felice per la conclusione di cinquanta lunghi giorni - e altrettante interminabili notti - di bombardamenti, eppure non ci riusciva.
Alzò gli occhi al cielo, come potesse leggervi la soluzione per porre fine al proprio travaglio interiore.
La via del giusto è spesso irta di ostacoli
L'armistizio sarebbe stato celebrato come una grande vittoria di Hamas, ma lui era fin troppo cosciente della realtà dei fatti. Il suo ruolo non era ancora così importante da consentirgli di essere tra gli esponenti di governo partiti per Il Cairo, dove, con la mediazione - interessata - del presidente egiziano Al Sisi, si era giunti a un compromesso, però sapeva che i contorni degli accordi avevano l'amaro sapore della beffa.
Nessuno dava ancora risalto alla cosa, ma non si era fatto altro che tornare alle condizioni concordate nel 2012, a conclusione dell'ultima guerra, con la differenza, sostanziale, di oltre duemila morti e danni incalcolabili ad abitazioni ed edifici statali.
Principalmente, i palestinesi ottenevano - chissà poi fino a quando - l'apertura dei passaggi verso Israele e di quello di Rafah sul fronte egiziano, con lo scopo di lasciar transitare aiuti umanitari e materiali edili per la ricostruzione, oltre al permesso di pescare non più limitatamente a tre miglia nautiche ma fino a sei, e all’effimera promessa di negoziare, in seguito, la costruzione di un nuovo porto e di un aeroporto.
La Striscia di Gaza restava esattamente ciò che era da tempo immemore. La più grande prigione a cielo aperto del mondo, in cui anche donne e bambini venivano segregati, in una nuova e perniciosa forma di apartheid.
L'embargo cui erano costretti i profughi da quando, nel 1948, iniziarono a riversarsi nella Striscia di Gaza, aveva ottenuto come conseguenza la creazione di una delle aree con maggior densità di popolazione del pianeta e un tasso di disoccupazione dell'ottanta per cento.
Non erano condizioni nelle quali un uomo potesse vivere con dignità, e la sacrosanta resistenza, con tutti i mezzi possibili, che il suo indomito popolo aveva posto in atto, era l'unica moneta con la quale avevano potuto ripagare la tirannia ebrea.
Le istituzioni palestinesi non erano però esenti da colpe.
Troppo dilaniate da correnti interne, influenzate dagli hezbollah libanesi, dagli alleati iraniani, dalla Siria, e persino dagli interessi dei leader che dettavano le direttive dal loro esilio dorato in Qatar.
Per tacere dei dissidi, in precedenza sfociati in guerra civile, con Fatah, che, almeno sulla carta, si presentava meno intransigente del suo partito, il quale, forse proprio per questa ragione, aveva trionfato alle ultime elezioni raccogliendo un forte consenso popolare.
No, non avrebbero mai vinto una guerra contro Israele, che contava su un esercito potente, moderno, bene armato e una direzione politica meno frammentata.
Rallentò il passo, mentre un’auto familiare gli passava accanto. Il portellone posteriore era aperto, a rivelare mezza dozzina tra bimbi e ragazzini che mostravano le dita a formare una V in segno di trionfo.
Rispose allo stesso modo, osservandoli sorridere timidamente tra loro in conseguenza del suo gesto amichevole, prima di sprofondare nuovamente nei suoi pensieri.
In Iraq e ai confini della Siria stava avanzando il Califfato universale dell'IS, una sorta di mostro pronto a raccogliere tutti i combattenti più radicali della Jihad. Presto o tardi sarebbe venuto a contatto con lo stato ebreo, e a quel punto Hamas avrebbe dovuto decidere da che parte stare. Favorire il nemico del proprio nemico? Oppure provare a percorrere una nuova strada, una soluzione mai tentata, ipotizzando una forma di collaborazione, se non proprio di alleanza, con Israele? Come avrebbe considerato, il suo popolo, una proposta del genere? Un tradimento? Una svolta?
Se la leadership palestinese desiderava trasformare Gaza, come auspicato da qualcuno, nella Singapore medio-orientale, era necessario cambiare le regole del gioco.
Si fermò, salutando i bambini, che scomparvero inghiottiti dalla folla.
Forse poteva assicurare loro un futuro.
InshAllah
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Gaza
Historical FictionNell'estate 2014, a seguito del rapimento e dell'uccisione di tre giovani coloni, Israele lancia l'operazione Protective Edge, destinata a rafforzare la sicurezza delle frontiere. La Striscia di Gaza diviene ancora una volta un luogo nel quale, acco...