Rosa e Francesco

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La piramide di gusci, ammonticchiata sul tavolo, cresceva ogni minuto di più, come se questi, magicamente, si riproducessero da soli.
Francesco sembrava un professionista che non avesse fatto altro che allenarsi per tutti i vent’anni della sua vita a consumare freneticamente i piccoli pistacchi coi quali si riempiva le mani.
Era divenuta una piccola tradizione, quella dei pistacchi di nonna Rosa; ogniqualvolta Francesco andava a farle visita, sapeva che avrebbe trovato un sacchetto nuovo, pronto per essere vuotato dalla vorace golosità del giovane.
Non parlavano molto, Rosa e Francesco. A entrambi bastava stare nella stessa stanza, consapevoli della vicinanza l’uno della cara nonna e l’altra dell’amato nipote.
Così, come spesso accadeva, mentre Francesco sgranocchiava, la televisione accesa riempiva l’ambiente delle voci che loro non usavano.
«… soddisfazione per l’accordo raggiunto è stata espressa dai principali capi di stato…» stava dicendo la giornalista, con gli occhi fissi nella telecamera, come volesse trapassare con lo sguardo i telespettatori, uno per uno.
«E’ finita. Per fortuna.» commentò Francesco, appena ebbe ingoiato l’ultima infornata di noccioline verdi.
«Magari fosse così. E’ solo una tregua. Presto riprenderà tutto daccapo, e tanto Israele quanto la Palestina ricominceranno a piangere i propri figli.»
Francesco alzò le sopracciglia, non convinto. «Come fai a dirlo, nonna? Magari è la volta buona.»
«Franci, quanto ne sai di questa guerra?» chiese Rosa, con la classica espressione dell’anziano che coglie il giovane a dire sciocchezze.
«Beh… quello che dicono in televisione…»
«Che la tivù sia portatrice di verità è una pia illusione. E anche il vostro amato internet è poco affidabile. Se vuoi farti un’opinione, su questa come su altre faccende, devi informarti, leggere e ascoltare i pareri più disparati, compresi quelli di parte. Solo così puoi costruirti un’idea tua, non imposta dagli altri.»
Francesco accusò il colpo «Tu cosa ne pensi allora? Chi ha ragione, secondo te?»
La nonna per un attimo parve perdere lucidità, lo sguardo perso nel vuoto.
«Nonna?»
Rosa scossa la testa «Scusami, quando sento parlare della Palestina mi chiedo sempre cosa ne sia stato di Isaam…»
«Il ragazzo arabo che aiutavi quando ero piccolo? Non sapevo fosse palestinese.»
«Viveva a Ramallah, con la sua famiglia. Purtroppo persi presto i contatti, tenuti attraverso l’ONG di un mio vecchio amico. Di lui e dei suoi non si seppe più nulla.»
«Vuoi dire che… » l’argomento cominciava a interessare seriamente Francesco, incapace di resistere alle storie che la nonna raccontava sulla sua vita.
«Non lo so. Ma ho ancora una foto, che conservo nel cassetto, dalla quale Isaam mi sorride, speranzoso, come solo un ragazzino di quindici anni sa fare, ingenuamente illuso che la vita laggiù possa riservargli un futuro.»
Il nipote non parlò. Non gli sembrava opportuno risvegliare nella nonna altro dolore.
«Sai, – riprese Rosa – lo immaginavo spesso lanciare sassi, come i suoi coetanei, contro i carri armati israeliani. Quanti ragazzi sono morti così…»
Francesco notò gli occhi della nonna divenire lucidi «Vedi, a quel tempo ero fortemente schierata dalla parte dei palestinesi. Poi, una sera, uscendo a cena per lavoro, conobbi un israeliano. Per fortuna tuo nonno non era con me, altrimenti si sarebbe vergognato.»
«Perché?»
«Perché aggredii quel pover’uomo. I miei colleghi erano sconvolti, ma io lo trattai come un assassino. Come l’assassino di Isaam. »
«E lui cosa fece?»
«Subito nulla. Cercò, con garbo, di rispondermi, ma io non lo lasciai parlare. Quando non ne poté più, mi mostrò la foto di sua figlia. Una bellissima bambina di tre anni.»
«Non capisco cosa c’entri…»
«Quell’angelo è morto tra le braccia di suo padre, che non aveva potuto far altro che vederla spirare. Era stata colpita da un giovane terrorista che aveva fatto irruzione nel locale in cui stavano cenando. Quella notte non riuscii a dormire. Mi sembrava di non vedere più Isaam lanciare sassi, ma sparare a una bimba.»
Francesco era scosso «E’ terribile.»
«Sai cos’è ancora più spaventoso? Che la guerra possa trasformare un ragazzo come Isaam in un omicida in grado di colpire, accecato dall’odio, anche i più piccoli e indifesi. E questo accade sia sul fronte palestinese che su quello israeliano. Non sto parlando di mostri, amore mio, ma di esseri umani. Ragazzi come te.»
«Io non farei mai una cosa del genere!»
«Purtroppo l’abisso che alberga nell’animo umano è senza fondo. Come puoi sapere come agiresti, in quelle condizioni? Riusciresti a conservare la tua umanità? Io lo spero, ma al tuo posto non ne sarei così sicuro.»
Quella sera, quando Francesco se ne andò, Rosa noto nel suo sguardo una luce nuova, più matura. O forse più consapevole. Nell’abbracciarlo, salutandolo, non poté fare a meno di pensare a quei coloni israeliani che non avrebbero più potuto fare lo stesso con i propri ragazzi.
E a tutti quei nonni, infinitamente meno fortunati di lei, che non avrebbero più baciato i propri nipoti. A Gaza.

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