Capitolo 17

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"In quel momento gli occhi di Gianluca si aprirono e le labbra accennarono un rapido sorriso, subito nascosto da quelle calde di Sofia. Rimasero così fino a quando i medici non intervennero per separarli e la giovane, stretta nell'abbraccio di Ignazio e Piero, fu costretta a guardare un pezzo della sua anima venir portato via su una barella, appena appeso alla vita."


La sala d'attesa dell'ospedale di Ragusa era, a quell'ora della notte, quasi completamente deserta, eccezion fatta per due giovani ragazzi che aspettavano trepidantemente notizie sul loro caro amico.

L'orologio aveva fatto quattro giri di valzer ma ancora non si era avuta nessuna notizia da parte dei medici. Piero e Ignazio avevano ormai memorizzato i quadri appesi alle pareti, la lunghezza e larghezza della sala, percorsa con irrequieta frenesia causata dai possibili scenari futuri. 

Erano rimasti soli: Gianluca chiuso in sala operatoria, da solo, su un tavolo freddo, circondato da medici e macchine. Sofia chiusa in una delle stanze del Tribunale, a cercare di fare giustizia, ugualmente sola e ferita, nel corpo e nell'anima.

Finalmente, all'albeggiare, un dottore si fece avanti. Aveva il camice verde e i guanti  sporchi di sangue, l'espressione stanca e rammaricata. 

"È vivo" esordì il medico, illuminando di una flebile speranza i volti dei suoi giovani ascoltatori" ma avrà una lunga strada di riabilitazione davanti a sé, se riuscirà a superare le successive ventiquattr'ore senza troppe complicazione" e a tali parole le espressioni tornarono a incupirsi. 

"Vedete ragazzi, la situazione del vostro amico era critica" disse il chirurgo, sedendosi su una delle scomode sedie e accennando ai due tenori di sedersi di fianco lui. Provava compassione e tenerezza per quei ragazzi, in fondo potevano essere suoi figli, e poi ben conosceva la storia che li aveva portati a quel punto. Tutta la città mormorava e sperava che questa orrenda situazione venisse archiviata con un lieto fine, quello che questi ragazzi poco più che ventenni si meritavano. " Gianluca è stato ferito alla spalla con una profonda coltellata, che ha lesionato l'arteria succlavia destra. Ciò ha causato una forte emorragia e una pericolosa infezione causata dalla mancata cura tempestiva della ferita. Inoltre il suo corpo è stato usato come un sacco da boxe da chissà quanto tempo, aveva numerose fratture in tutto il corpo, ma quelle più pericolose sono quelle delle costole: una di queste infatti ha perforato il polmone sinistro e per questo il vostro amico adesso è stato intubato. Inoltre aveva un'emorragia interna causata da lesione nel rene destro e nella milza, che è stata asportata in sede operatoria. Per quanto riguarda il rene abbiamo cercato di ripararlo ed evitare di asportarlo. Sinceramente ragazzi il costo amico non avrebbe dovuto mai entrare in sala operatoria, ma l'ha fatto e da lì è uscito. Abbiate fede in lui, è un combattente, dategli una forte ragione per combattere e non lasciatelo solo: avrà bisogno di voi oggi più che mai". 

" Dottore, lei lascerebbe mai solo un fratello nel momento del bisogno" chiese Ignazio con gli occhi bagnati da lacrime di rabbia e dolore. " Assolutamente, starei con lui fino alla fine".

" È quello che faremo noi dottore. E poi adesso c'è una ragazza in mezzo e per amore si torna sempre dagli inferi" disse Piero con un coraggio che non sapeva di poter avere in quella situazione.

"Allora vi accompagno da lui, seguitemi"

Arrivarono davanti alla porta dove giaceva, inerte e ferito, il loro amico. Il medico aprì la porta per lasciare entrare i due ragazzi; ma essi rimasero pietrificati sull'uscio della porta, spaventati dalla vista innanzi a loro: Gianluca, il loro bellissimo, amatissimo, sensibilissimo baritono, bianco come un cadavere e piccolo come un bambino indifeso in quel freddo letto di ospedale. Una macchina respirava per lui, lui che aveva dei polmoni molto forti per poter cantare così bene e profondamente come faceva. Il sangue che gli veniva reinserito nel corpo, un sangue che aveva sempre ribollito di potenti e irruenti emozioni. Era diventato un fiore sgualcito, calpestato, violato. 

"Non lasciatevi intimorire, entrate, su. Adesso è in coma ma può sentirvi. I pazienti in coma sentono tutto e se hanno vicini i loro amici e parenti, le persone a cui vogliono più bene, si riprendono prima. Forza fatevi coraggio e andate da lui" disse il medico, cerando di incoraggiare i due amici.

Piero e Ignazio si guardarono tra loro intensamente, annuirono flebilmente e entrarono insieme.

La porta si chiuse dietro di loro, lasciando indietro la paura e il tormento delle ore passate e mettendo forzatamente davanti a loro l'incertezza di un futuro che poteva, come doveva essere, gioioso o amaro. 

Si fecero forza e si sedettero accanto al loro fratello. Sarebbero stati lì per lui, come avevano sempre fatto in quei dieci anni di cammino insieme, e come avrebbero sempre fatto nei momenti a venire.

Era una questione di tempo e di fede.


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