Capitolo 28

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È passato un mese dalla partenza del Tour, la mia vita è monotona, spenta come se fosse in stand by , penso sia la mancanza di Calum ed Ashton, e il fatto che io stia in contatto perenne con mio padre non mi fa bene.

Non avevamo mai avuto un vero e proprio rapporto, io e mio padre, sono sempre stata la preferita di mamma, era Ally la sua prediletta, quindi se prima non c'era rapporto, ora è proprio sotto terra.

Telefono Calum tutti i giorni e le nostre chiamate superano sempre un'ora, poi c'è Ashton, che invece mi scrive costantemente e mi tiene aggiornata tra gli spostamenti e le cose storte che fa il mio ragazzo;  vorrei dire che è un santo, ma no, beve, anche tanto e Ashton lo trascina in camera o sul tour bus per non farmi tradire.

Questa cosa non mi fa impazzire,ma Calum Hood oltre essere il mio ragazzo è pur sempre il bassista di una band di fama mondiale, e questo non lo posso cambiare. 

Questi pensieri mi attanagliano il cervello tutti i giorni, e ora sto camminando verso il centro di recupero per alcolizzati, per vedere la psicologa, ormai ogni settimana sono da lei, mi aiuta, vorrei poter dire, ma non è così, non m i aiuta, nessuno può aiutarmi in questo momento.

Perché in questo momento, per quanto io possa sembrare una bastarda ingrata con la vita, vorrei solo non aver mai incontrato Calum, vorrei non essermi affezionata a lui, e ai ragazzi, o a sua sorella, o anche solo all'idea del nostro futuro. Ho delle aspettative dal nostro rapporto che per quanto il penso che sia solido, ho come il pallino che non durerà per sempre, penso solo che nulla dura per sempre, e dubito fortemente che il nostro rapporto sia tra le eccezioni del per sempre.

Senza accorgermene sono già dentro lo studio della mia psicologa, la dottoressa Martin, assomiglia molto a mia madre per i suoi modi di fare, ma lei non lo è, mia madre è mia amica, questa donna invece dovrebbe solo trovare un buon pretesto per riportarmi in clinica, e fino ad ora, non gliene sto dando la possibilità, io non posso neanche minimamente farle sospettare di me, anche se confesso, che ogni tanto la notte, quando so che tutti dormono in casa io non rinuncio ad un goccio di vodka.

-Signorina Moon, come si sente oggi?- chiede la donna non appena mi siedo e sospiro

-bene, come sempre- sorrido fintamente, la donna si sposta una ciocca di capelli color grigio perla dietro l'orecchio e accavalla la gamba con fare elegante

-il bimbo, come sta?- mi passo la lingua sul labbro e sospiro nuovamente

-meglio di me e lei messi insieme- sorrido sarcastica per poi accarezzarmi la pancia, ormai davvero evidente

-da quanto non bevi Juliet? Per favore dimmi la verità, anche perché l'alcol fa male al tuo bambino- la donna si appunta qualcosa sul suo quadernetto

-glielo dico ogni volta, dottoressa Martin, non bevo dall'ultima volta che sono stata ricoverata, non metterei mai in pericolo il mio bambino- un calore mi sale alle guance, mentire non era un mio forte, sfacciata si, ma bugiarda, bugiarda no, eppure mento, perché ogni sera bevo, per sentirmi un minimo più vicina a Calum, soprattutto ora che mio padre è tornato a casa a tempo pieno, e davvero, è la cosa peggiore dopo la morte di mia sorella.

-Juliet, mi menti ogni volta, sai da quando tuo padre è tornato a casa tua, tua madre, per sicurezza ha fatto istallare delle telecamere, per tutta la casa, tua madre mi ha riferito che bevi ogni sera, poco, ma lo fai.Non prenderti in giro, non prendere in giro te stessa, dicendoti che va tutto bene, non stai bene.-il mio respiro si appesantisce ad ogni parola che la dottoressa aggiunge, e i miei occhi si colmano di lacrima, perché ha fottutamente ragione -stai male, perché tua sorella, neanche un anno fa è morta, perché tuo padre è un alcolizzato che può diventare violento e ti vieta delle cose, perché ti sei innamorata di un ragazzo famoso, e hai paura che il tuo bel sogno possa finire, perché sai che lui non è abbastanza da non tradirti, perché in fondo sai di provare dei sentimenti anche per una persona per cui non dovresti, e quello è Ashton, sai anche che il tuo bambino potrebbe avere un padre assente o magari, ad un certo punto, non averlo più. Stai male Juliet, per queste e per un'altra miriade di cose, che non stanno a me dirti, perché infondo, io sto solo dando voce ai pensieri che ti tormentano da troppo.-

E le lacrime iniziano a scendere sulle mie guance, calde e salate, rovinandomi il trucco e togliendomi definitivamente l'illusione che tutto andava bene

-Chiama Calum, Juliet, deve saperlo, devi dirglielo- dice la dottoressa Martin, prima di alzarsi, passarmi un fazzolettino di carta e lasciarmi sola in quella stanza vuota, come me, che credevo aver trovato la mia luce, ma forse era solo un raggio passeggero, per farmi comprendere che la luce è vita, il vuoto decadenza. E io sto cadendo.

Torno  a casa e trovo un bigliettino sul tavolo da parte di mai madre, è sempre stata una sua abitudine, dirci cosa dovevamo fare quando lei era fuori.

Juliet io e tuo padre stiamo fuori tutto il giorno, torneremo stasera tardi, domani mattina, voglio accompagnarti a comprare i vestitini del bimbo, quindi aspettami. Baci, mamma.

Mi vado a rifugiare in camera e prendo il cellulare, un dubbio mi assale non appena apro la rubrica, Calum o Ashton? A chi devo chiamare?

Calum è l'uomo che amo e il padre di mio figlio, ma Ashton è la persona che sento più vicina al momento, perché se non ci fosse lui, Calum mi avrebbe già tradito svariate volte.

-Juliet- la voce calda e famigliare del mio ragazzo mi fa sorridere mentre una lacrima mi solca il viso

-Calum, devo parlarti- singhiozzo

-Juliet, stai piangendo?- scuoto la testa, posso anche dirgli di no, ma è insensato è stupido

-si, va tutto male, e io bevo- un sospiro spezzato dall'altra parte della linea, le lacrime cadono copiose e io mi lascio cadere a peso morto sul letto 

-principessa, non devi, io -si interruppe -è colpa mia?- cosa devo fare, mentirgli? No, è il giorno del giudizio, non ha senso 

-anche, Ashton mi racconta del fatto che la sera dopo i concerti ti sbatteresti chiunque, e sappi che non è bello Calum, io sono qua con tuo figlio in grembo, non dovrebbe neanche sfiorarti l'idea di un altra- la mia voce dura, a fine frase

-lo so, ma- cerca di giustificarsi

-no, Cal, niente ma. Datti una regolata- dico fredda

-anche tu Juliet, smettila di bere, farai male al bambino- mi immagino la sua espressione al momento, dura, con la mascella contratta e i pugni chiusi

-vedrò- deglutisco, sono una merda a dare queste risposte

-ci sentiamo stasera dopo il concerto, ti chiamo io- sono le ultime parole di Calum, prima di chiudere, e io voglio solo abbracciarlo, quando dovrei volerlo prendere a schiaffi.


Passate a leggere Dark Run,la mia nuova storia su Luke, credo proprio vi possa piacere.

Twelve Hours||Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora