Capitolo 26

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Oggi è il giorno della partenza, mi sono svegliata prestissimo per l'ansia, l'ansia che una volta in tour, lontano da me, lui possa dimenticarmi, l'ansia che possa tradirmi, l'ansia che possa lasciarmi, io non sopporterei nessuna di queste cose, ci morirei, ma sfortunatamente devo comprendere che una di queste cose, potrebbe davvero accadere.

Rientro in camera da letto, e guardo il suo busto sbucare dalle lenzuola candide, è così bello, sembra un dio possente e benevolo;  l'unica vera pecca sono i suoi capelli, che ieri ha tinto di blu, fanno davvero cagare. Ma io gli dico che ha dei capelli di merda dal primo giorno che lo incontrai cinque mesi fa, circa.

-Cal- lo richiamo dandogli dei piccoli baci sulla clavicola tatuata -oggi pomeriggio parti, e non hai ancora fatto la valigia- traccio con le dita tutto il contorno del suo viso, delicatamente, lui mugugna qualcosa e apre piano gli occhi, sbattendoli ripetutamente

-buongiorno- dice piano, prima di attirarmi su di se e baciarmi , e io mi godo il momento, perché i suoi baci, quelli non me li porterà via nessuno, rimarranno nella mia mente per sempre, qualsiasi cosa accada

mi stacco dalle sue labbra, e lo guardo, come il primo giorno, ma con la consapevolezza di amarlo -dai, devi fare le valigie, e anche io, quindi sbrighiamoci- sospiro, lui di riflesso fa lo stesso, mi alzo e lui mi segue, scendiamo in cucina ed entrambi in religioso silenzio ci sediamo a tavola, ho già preparato le rispettive colazioni, io uno yogurt, lui un uovo fritto e una fetta di pane tostato.

Mangiamo e ogni tanto Cal mi lancia un occhiata, è come se volesse dirmi qualcosa, ma non ne è in grado

-Cal, devi dirmi qualcosa?- spezzo il silenzio che si era creato, un silenzio che non è solito di questa casa, lui posa le posate sul piatto, sospira pesantemente e mi guarda

-vorrei dirti duemila cose Juliet, non una, non due, ma troppe, il probleme che per quanto io mi sforzi, non ci riesco, tengo così tanto a te, che ho il terrore che una parola sbagliata, una frase formulata male, possa allontanarti da me, e io ci morirei. Ma si, c'è una cosa che mi attanaglia la bocca dello stomaco, ho già fatto quest'errore, la sera prima che tu rimanessi incinta, e mi conosco talmente bene, che so, che in tour, con lo stress, il cambio del fuso, l'adrenalina, possa rifare lo stesso errore, e non me lo perdonerei- i suoi occhi sono di una sincerità sconvolgente, mi sembra quasi Ally quando ammetteva le sue colpe davanti ai nostri genitori e sapeva già di essere in torto

-non so cosa dirti Calum, sappi solo che stai per diventare padre, e una volta l'hai passata, la seconda, non so, se potrei reggerla, perché da donna, sapere che il tuo ragazzo va a letto con una qualsiasi, ti fa sentire poco voluta, e sostituita, io non sono nata per essere sostituita da una qualsiasi solo perché tu sei Calum Hood- fa male dirgli queste parole, ma dentro c'è tutto il veleno che ho in corpo, perché nonostante tutto, ho provato più volte la sensazione di essere sostituita.

E la discussione si chiuse li, perché altre parole sarebbero state superflue, perché io non avevo voglia di litigare con lui il giorno della sua partenza, ed evidentemente neanche lui, perché alla fine quel fottuto 31 maggio entrambi ci siamo innamorati delle debolezze dell'altro, e quel giorno stesso, io ho compreso che avrei dovuto convivere con la sua notorietà.

-Questa cosa dei quattro borsoni, mi suona troppo strana- alzo le spalle, cercando di capire che senso ha quella strana cosa

-te l'ho detto- sbuffa -in ogni borsone c'è il cambio per una settimana, così per un mese sono apposto, poi appena sono all'ultimo borsone, li faccio lavare e il giro ricomincia, non è poi così strano, lo facciamo tutti, da sempre- si siede sul letto matrimoniale accanto a me, dove io nel frattempo sto piegando i miei vestiti, che tra poco metterò nella mia valigia, poggia la testa sulla mia spalla, e io chiudo gli occhi, lasciandomi trasportare dal suo calore, e dal suo profumo che sembra  urlare "casa".

-Non credo di essere pronta- sospiro, siamo davanti l'aeroporto, e tutta la band sta aspettando solo me, perché Crystal e Sierra andranno con loro, quindi finché io non mi decido a salutarli, rimarranno qua all'infinito 

-Non per farti premura o altro, ma ricordati che poi io ti devo accompagnare a casa- mi sussurra Mali-Koa, la quale si è offerta gentilmente di accompagnarmi a casa, visto che la mia macchina si trova a San Francisco e con gli autobus sarebbe stato "pericoloso" a detta di Calum

-si hai ragione- dico e mi avvicino a Sierra e Crystal, intente a parlare del nome del piccolo  Clifford -ragazze, ci vediamo- dico sfoggiando un sorriso sincero, mi stanno simpatiche , loro sorridono altrettanto e mi danno un veloce abbraccio a l'una , poi mi avvicino a Michael, è quello con cui ho legato di meno, perché troppo indaffarato a seguire i preparativi del matrimonio e del bimbo -Michael, tienili a bada, e non stare troppo davanti ai videogiochi- scrollo le spalle alla sua faccia offesa, e mi abbraccia di slancio, poi mi avvicino a Luke, l'ho visto nudo talmente tante volte, che non ho proprio nulla da dirgli, così mi limito a dargli una pacca amichevole sulla spalla.

Salutare Ashton, mi viene davvero difficile, lui è stato il mio migliore amico e anche un po' il mio angelo custode, nei momenti di smarrimento 

-non devi, per forza dirmi qualcosa, solo, per ogni cosa chiama, e non saltare le sedute dalla psicologa, ne quelle dalla ginecologa, e tienimi sempre aggiornato- parla a macchinetta, e i miei occhi si riempiono di lacrime, perché gli voglio un bene dell'anima, non posso negarlo, gli allaccio le braccia al collo mi stringo a lui

-si chiamerà Fletcher- gli sussurro , poi stacco l'abbraccio, e posso vedere il suo viso sconvolto, ma con un  sorriso che gli fa spuntare due fossette adorabili 

-Cal- siamo uno davanti all'altra, mi passo una mano sul viso, dopo stamattina, non so neanche cosa dirgli 

-Ti amo Juliet, infinitamente- mi accarezza una guancia con le nocche delle mani, io chiudo gli occhi e mi fiondo tra le sue braccia, la testa sul suo petto e lo circondo, lui appoggia il mento sulla mia testa, sento il suo cuore battere velocemente, una lacrima mi sfugge , calum sembra essersene accorto, perché la asciuga, per poi prendere il mio viso tra le sue mani, e baciarmi, lentamente, assaporandomi, facendomi disperare, perché questo è un bacio disperato, si stacca e mi guarda 

-fatti sentire Cal, ogni tanto- sorrido debolmente e vado verso Mali, che ha già salutato, non mi volto, non voglio vederlo, non ho il coraggio, perché infondo sono fatta così.

-Sei pronta?- chiede Mali dopo aver acceso l'auto

-portami a casa- le dico.

Twelve Hours||Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora