CAPITOLO 45 - Un dolore straziante

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= Altovento / Monte Bianco, Valle D'Aosta (Italia). 7 settembre 1964, ore 00:01 =

Eccitata, Aradia entrò nel Laboratorio, trovando il padre Astaroth e il futuro marito impegnati a parlare di Bacchette.

[Aradia] « Padre, eccoti! È vero che c'è un Auror?! » - cinguettò vedendo il genitore. Poi, cogliendo una parte del discorso che aveva interrotto, si rabbuiò - « Lucius, hai fatto la spia? Ma che bravo » - lo schernì indispettita.

[Astaroth] « Non era sua intenzione dirmi alcunché, Aradia: non mi ha detto nulla » - prese le mani della figlia, notando i polpastrelli sbucciati - « Dall'esperienza che avete fatto imparerete a essere più cauti, entrambi: tu con la lingua, e lui con la Bacchetta »

[Aradia] Sbuffò ribelle - « Sì, certo » - poi ricordò il motivo per il quale stava cercando il genitore - « Allora? C'è davvero un Auror? » - saltellò fremente.

[Astaroth] « Sì, c'è, purtroppo, e infatti ora vai nella tua camera e ci resti »

[Aradia] « Cosa?! No! », latrò delusissima.

[Astaroth] « Non intendo ripeterlo. Dov'è Amon? »

[Aradia] « Non ne ho la più pallida idea », rispose con sincerità.

[Astaroth] Emise un sospiro esasperato - « Vai nella tua stanza, e porta con te il tuo sposo: devo sapervi al sicuro » - guardò il ragazzino con apprensione. Se fosse successo qualcosa a loro due, sarebbe stata una tragedia per entrambe le Casate!

[Aradia] « Non è ancora il mio sposo! », sottolineò, tuttavia le bastò un'occhiata severa del genitore per agguantare Lucius dalla collottola della casacca e trascinarlo al piano superiore, seppur sbuffando tutto il suo disappunto.

Il Reggente discese la scalinata per cercare le altre Veela Nere: nessuno doveva muovere un solo dito contro quell'ospite indesiderato, restando immobili come prevedeva la procedura di emergenza.

°

La figlia del Reggente stava andando avanti e indietro per la sua stanza.

[Aradia] « È assurdo starsene qui mentre quello stupido umano si aggira nel nostro territorio! Spero che Amon gli ficchi una freccia in mezzo agli occhi, o che ci pensino i Centauri oltre Nitidaqua! » - batté i piedi per terra come una bambina capricciosa, mostrando gli artigli affilati, pur non essendo ancora lunghi come quelli di sua madre: sporgevano di un paio di centimetri dalle falangi, e sarebbero stati in grado di squarciare la gola di un umano - « Gli strapperei gli occhi e ci giocherei a mosca cieca fino a farlo cadere da un dirupo! »

Lucius si era intanto sdraiato sul letto, annoiato. Probabilmente ricordarle che fosse anche lui un umano avrebbe peggiorato la situazione, pertanto tacque. Abituato agli scatti d'ira del padre, sapeva che fingersi morto fosse un'ottima soluzione per farsi ignorare da qualunque creatura in uno stato emotivo alterato; dunque chiuse gli occhi, pensando ai fatti propri, ad esempio temeva che con tutto quel trambusto Thanasia non sarebbe venuta a trovarlo quella notte, e se ne doleva. D'un tratto sentì la ragazzina dirigersi verso la porta e dire:

[Aradia] « Non voglio starmene ancora qui, come una codarda: voglio vedere che faccia abbia quello schifoso! »

[Lucius] Scattando, si mise a sedere, non aspettandosi tanta cocciutaggine - « Ma tuo padre ha detto... » - cercò di farla ragionare.

A quelle parole, lei si bloccò. In effetti Astaroth si sarebbe arrabbiato tantissimo se gli avesse disubbidito: un Auror costituiva uno stato d'emergenza, e se le fosse capitato qualcosa avrebbe subito una delle poche punizioni serie previste dal genitore. Capendo l'azzardo piantò un pugno contro il legno della porta, ma non la oltrepassò. Il Malfoy tornò a stendersi sul letto, soddisfatto: non capiva gli atti di eroismo, pertanto aveva accolto con sollievo l'imposizione del Reggente di chiudersi in camera e stare lontani dai guai. Se lei intendeva andare a fare l'eroina e disubbidire a un ordine, prego, si accomodasse pure, ma a lui andava benissimo così. Anzi, se le cose si fossero aggravate se ne sarebbe tornato al Maniero usando la Passaporta nel Laboratorio.

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