6. La controffensiva

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Gli echi della tragedia di Greenfield Bay non avevano impiegato molto tempo per raggiungere Port Royal, e ora erano sulle bocche di tutti, miserabili ed aristocratici. Si mormorava che i Corsari della Regina fossero stati inviati verso i Caraibi per porre fine a quei massacri ingiustificati, ma non tutte le navi riuscivano ad attraversare l'oceano sane e salve. C'erano i giorni di bonaccia, c'era la mancanza di rifornimenti, c'erano le tempeste, e naturalmente c'erano anche tutte le altre navi illegalmente pirata, che bloccavano i corsari prima ancora che potessero raggiungere la loro destinazione.

Coloro che ce la facevano, ed erano stati al massimo due, non erano ancora riusciti a raggiungere la Coleridge. Essa doveva procedere alla sua normale e non invidiabile velocità, ma attorno alla nave del Capitano mascherato fiorivano tempeste, gorghi e cavalloni come non se n'erano mai viste. L'ultima cosa che sentivano i corsari che sprofondavano nell'oceano con la loro nave era una candida melodia di flauto traverso.

Proprio uno di questi corsari ciondolava seduto al banco del "Vecchio Marinaio", raccontando delle sue disgrazie a chiunque fosse disposta ad ascoltarlo. All'ombra di un angolino riparato, Sonia ascoltava senza un particolare interesse. Quell'uomo era stato vittima della Coleridge, come molti altri prima di lui, e non sarebbe stato certo l'ultimo. Era stato ritrovato sulla spiaggia bianca vicino a Port Royal con una corda stretta intorno alla gola, le cui vene bluastre ormai sporgevano dalla pelle. Era stato un miracolo se non era morto soffocato, ucciso dalla perfezione come al solito pulita e asciutta tipica della Balia.

Sonia sospirò, passandosi una mano fra i capelli corti, biondi. I suoi occhi un tempo neri e lustri come scarabei adesso erano di un grigio scuro e molto spento, piatto. Non che fosse ubriaca: del resto, poteva permettersi di bere soltanto acqua.

La notte volgeva al termine, colorando l'ambiente del grigio azzurrino tipico del momento che precede l'alba. Sonia si sporse per osservare dalla finestra le stelle ancora visibili, e non poté che rasserenarsi. Non si sentiva sicura la notte. Era il regno dei suoi incubi peggiori, dei suoi ricordi più spiacevoli. Quando arrivava il tramonto il suo cuore aveva un tonfo, riconoscendo nei colori pastello gli stessi che avevano illuminato il corpo tranciato in due dell'infimo signor Livingstone. Poi la notte calava gocciolante intorno a lei, come un calamaio che viene rovesciato su un quadro mal riuscito. E allora il cielo trapunto di stelle non le appariva come uno splendido spettacolo; era il riflesso di un incubo a occhi aperti, che purtroppo non era soltanto un miraggio, ma era la realtà. Non le restava altro da fare che nascondersi al Vecchio Marinaio a leccarsi le ferite. Era l'unico luogo che traspirava una sorta di atmosfera, qualcosa che la riportava ai suoi primi due anni di vita, quando i pirati non avevano avuto ragione della sua esistenza, quando ancora era bello navigare per i mari del continente Americano.

E quel corsaro sventurato sembrava fosse lì apposta per farle sentire distintamente quell'emozione, non per le storie che raccontava. Era più il suo aspetto, o il suo tono di voce. Anche lui un sopravvissuto, come lei, alla Coleridge, anche lui aveva vissuto l'incubo del mare ingrato del quale aveva osato desiderare di essere sovrano.

Sonia non riuscì a trattenere il flusso delle sue riflessioni e così, per evitare che sfociasse nell'assurdo, uscì dal Vecchio Marinaio. Attraversò la silenziosa Port Royal che tra poche ore si sarebbe risvegliata per riprendere la solita vita, cercando di respirare al massimo quell'odore notturno. Magari un giorno sarebbe riuscita ad apprezzarlo; per ora ne era soltanto terrorizzata. Conosceva bene quel buio, lo ricordava, dolorosamente. Il buio nel quale aveva vissuto molti dei suoi anni.

L'intervento dei corsari dall'Inghilterra si era rivelato del tutto inutile. Chi aveva visto la Coleridge almeno una volta, non voleva parlare, e se parlava, non diceva nulla di rilevante per la caccia. Il Commodoro Norrington non sapeva più dove sbattere la testa, come egli stesso aveva ammesso di fronte ad alcuni suoi fidati sottoposti.

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