11. Tradire il Diavolo

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Malmessa e ancor più dondolante del solito, la Perla Nera solcava lentamente le acque di quel tratto sconosciuto di mare, molto lontano da Port Royal e soprattutto molto lontano dalla Coleridge appena sconfitta. O forse soltanto placata. Jack aveva lanciato Sonia sulla sua nave come si sarebbe fatto con un sacco di patate: e appena la ciurma della Coleridge ne aveva preso conoscenza, era andata in confusione. Ma poco più tardi la Perla Nera stava già sfiorando l'orizzonte dopo aver recuperato il tesoro perduto l'ultima volta. Era troppo lontana perfino dalla portata dei cannoni della Coleridge. I pirati di Rowena sapevano benissimo che la Balia avrebbe strangolato qualcuno quando avesse saputo che colei che doveva morire il giorno dopo le era stata sottratta dalle grinfie.
Sonia ringraziò il cielo di essere oramai troppo lontana per assistere alla scena. Ma non fu altrettanto contenta della reazione che la sua presenza aveva innescato nella ciurma. Non sembravano contenti di trovarsela a bordo. E nemmeno lei lo era più di tanto. Ma non aveva altre speranze per salvarsi la vita. Era salita di nascosto sulla Coleridge senza un piano preciso, forse con il solo scopo di convincere alcuni pirati a ribellarsi a Rowena, ma non aveva considerato che le cose potessero andare in quel modo.
- E lei chi sarebbe? - domandò Gibbs in tono fin troppo sarcastico.
- Non ne ho idea, - fu la tranquilla risposta del suo Capitano.
Tutti gli sguardi ora si spostarono su Sonia. Lei non si sentiva a disagio. Aveva solo voglia di andarsene di lì il più presto possibile. Gli sguardi divennero via via più eloquenti, e alla fine Sonia capì che le stavano silenziosamente chiedendo il suo nome.
- Sonia, - rispose, vagamente balbettando. - Vengo da Port Royal. -
- Una prigioniera, suppongo, - arguì Gibbs. - Rapita? -
- Bhe... sì. - si affrettò a dire Sonia. In che altro modo avrebbe potuto presentare la situazione? Ma non sembrava tanto brava a mentire, era stata prigioniera della Coleridge solo molto tempo prima. O almeno, i pirati della Perla Nera davano segno di aver capito benissimo che non era esattamente stata rapita.
- E cosa ti fa pensare che la Perla Nera sia una specie di ospizio per gli orfanelli? - domandò aspramente un altro pirata che stava nelle ultime file. Intorno a Sonia si era formata una piccola folla.
- Niente me lo fa pensare, - rispose Sonia, già esasperata, - Spero soltanto che mi riporterete... non lo so... da qualche parte! Volevo solo scappare da quella nave! -
Dal coro di risate che si scatenò, sembrò che la richiesta di Sonia fosse qualcosa di particolarmente esilarante. Jack non rideva, non era partecipe delle bonarie frasi di scherno. Scrutava la ragazza con occhi curiosi. Aveva qualcosa di strano. Non aveva il migliore degli aspetti, effettivamente, ma non ancora tanto malmesso da sembrare quello di una prigioniera di Rowena.
Jack Sparrow aveva avuto modo di incrociare quei medesimi occhi grigi, una volta. E li aveva incrociati vicino a Greenfield Bay: sfavillavano dietro una maschera veneziana.
Sonia si rese conto che due occhi la stava fissando e si voltò di scatto verso il Capitano della Perla Nera. Stava per dire qualcosa: ma d'un tratto, qualcos'altro attirò la sua attenzione, una macchia scarlatta sulla guancia magra e scura. Sonia ebbe un brivido, che durò diversi istanti. Un taglio. Un taglio sanguinante.
- Sangue... - il sussurro di Sonia era a mala pena percettibile.
La ciurma non ebbe nemmeno il tempo di ridere di nuovo, che Sonia era svenuta.

Gli occhi di Sonia si riaprirono quando la seconda secchiata d'acqua marina nell'arco della stessa giornata le si riversò addosso per intero, alcuni minuti dopo. Le chiacchiere e le discussioni non si erano interrotte sulla Perla Nera. Ma tutti avevano capito che era a causa del sangue che la ragazza era svenuta, e per quanto trovassero singolare la cosa, si erano trattenuti dal provarne ilarità. Sonia aveva parlato mentre era svenuta. E quel poco che si era capito li aveva indotti tutti a restare in silenzio.
Appena Sonia si risvegliò capì che cosa era successo e non ebbe il tempo di sentirsi in imbarazzo. I pirati stavano ancora decidendo che cosa farsene di lei, e spesso le ipotesi proposte erano tutt'altro che umanamente tollerabili.
- Che facciamo, Capitano? La buttiamo in mare? - propose ad un tratto, ancora in lacrime dalle risate, uno dei pirati.
- Non sarebbe meglio tenerla fino al prossimo porto? Ci farebbe comodo, - obiettò Anamaria, per sentirsi rispondere che avevano già una donna a bordo e che non volevano tirarsi addosso qualche altra sventura, accettandone un'altra. Gli occhi di Sonia erano supplichevoli, ma trasparivano ancora una nota d'orgoglio, per quanto sembrasse difficile che lei potesse provarne.
- Dunque, Capitano? - incalzò Gibbs.
Jack dette un'ultima occhiata a Sonia, inclinando per un attimo la testa sulla spalla sinistra.
- Gettate una scialuppa, un pezzo di legno, qualcosa... - ordinò in tono leggermente mugolante, - E lasciatecela. -
Sonia sgranò gli occhi. Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito.
- Ma... e allora perché? Perché mi hai preso a bordo? -
- Perché me lo hai chiesto, - rispose semplicemente Jack. Sonia era sconcertata da tanta semplicità, e più ancora dal fatto che avrebbe dovuto probabilmente morire in mare, abbandonata quando aveva creduto di potersi salvare. - Mi hai detto che se fossi scappata dalla Coleridge tutti si sarebbero distratti, - proseguì il Capitano, - E così è stato, e ci ha recato vantaggio, mi pare. Ma io rivolevo soltanto il mio tesoro, cara... non mi sono buttato contro quella simpatica donna per salvare ostaggi. -
Sonia si sentì mancare. Dal punto di vista di Jack, effettivamente, quel ragionamento non aveva niente di sbagliato. Ma come potevano ragionare così? Come potevano pensare soltanto al tesoro? Come potevano rifiutarsi di aiutarla quando lei aveva indirettamente aiutato loro? Li aveva supplicati, glielo aveva chiesto per favore, ma a nulla erano valsi i tentativi: ormai era deciso.
Sonia sentì che i pirati scoprivano una scialuppa dai teloni ingialliti.
Ebbe appena il tempo di girare su sé stessa, nervosamente, con espressione disperata, per controllare se qualcuno avesse cambiato idea, impietosito, forse. Non le interessava di assomigliare ad una che ha bisogno soltanto di supplicare. Non conosceva altro modo per farsi ascoltare. Non aveva avuto modo di conoscerne altri.
- Non è... non è affatto giusto, così! - tentò ancora una volta Sonia, rivolgendosi di nuovo a Jack, - Non potete lasciarmi in questo modo! Non so niente del mare, di come si tiene una scialuppa! Vi prego! Portatemi almeno su un'isola qualsiasi, a chilometri da un porto. Ma non lasciatemi in mare... vi prego! -
A quel punto anche Jack alzò le sopracciglia, vicino allo scoppiare a ridere. Un carattere di quel genere era veramente uno spettacolo insolito anche dopo anni e anni di viaggi.
- Sul serio, forse ti converrebbe farti più sveglia, - consigliò Jack, squadrandola e fissandola negli occhi senza sosta, - Sembri la principessa di una fiaba. In mare nessuno si preoccuperà di questo. -
Sonia non poteva dargli torto: aveva avuto le sue occasioni per impararlo. Ma si era illusa che i pirati della Coleridge fossero, se non un caso isolato, almeno la peggior specie di marmaglia che esistesse, e che quindi al mondo ve ne fossero di migliori. Questo era senz'altro vero, ma c'era un limite all'aggettivo "migliori", come si stava rendendo conto.
Venne caricata di peso sulla scialuppa appena preparata, e poi questa fu affidata al mare, flagellata dal sole alto del mezzogiorno e trasportante quella che probabilmente di lì a poco sarebbe morta di fame, o di disperazione.


*


Furibonda? Perversamente soddisfatta? Malignamente desiderosa di infliggere una punizione fatale agli incapaci che l'avevano delusa?
Nessuno poteva dare una definizione calzante a Rowena, non in quel momento. Uno di quei casi in cui era impossibile definire se fosse di buon umore o di cattivo umore, considerando che spesso questi due casi si assomigliavano sufficientemente da confonderli. Ma adesso i pirati della Coleridge erano certi che lo stranissimo nervosismo già precedentemente acquistato da Rowena fosse precipitosamente calato dopo la fuga di Sonia. La sua preda, la sua vittima designata. Rowena era precisa e spietata come una tigre: e se sceglieva una sua vittima, doveva ucciderla, se non altro per non fare la figura della persona arrendevole. Ma adesso Sonia le era sfuggita. E se lei non poteva morire, sarebbe senz'altro morto qualcun altro al posto suo.
- Vi avevo dato delle disposizioni ben precise, razza di infimi tagliagole! - ruggiva Rowena, eppure anche nella sua ira appariva più tranquilla che agitata. Faceva ugualmente una paura terribile, anche a dei pirati come quelli. - Non solo avete fallito per la seconda volta un'impresa che, sempre per la seconda volta, siete stati voi ad incoraggiare, - elencò, sondando con lo sguardo tutti i suoi sottoposti, in particolar modo Gabriel, che si fece piccolo come un tappo di bottiglia. Ma allo stesso tempo il francese ribolliva di collera, tanto ben repressa da fargli pensare che sarebbe veramente esploso. - Ma vi siete lasciati sfuggire una mocciosa come quella! Nient'altro che una camerieretta che a mala pena riusciva a reggersi in piedi! E io dovrei tenervi ancora tutti in vita, secondo voi? -
Eppure Rowena non aveva fatto niente per tutta la durata dell'assalto! Come doveva essere facile parlare, per lei. Gabriel, stavolta, era deciso a non farsi mettere i piedi in testa, neanche se quella che aveva dinanzi fosse stata la personificazione di Cristo. Avrebbe reagito.
- Non potete ucciderci, o non riuscireste a dominare la nave soltanto con le vostre forze, - notò Gabriel. Dovette correggersi. A Rowena fu sufficiente estrarre il suo bel flauto d'argento per ricordargli due cose: sia che non poteva interferire con le disposizioni di Satana stesso, non avrebbe osato, sia che con quel flauto Rowena poteva tranquillamente lasciare che i venti da lei comandati governassero la nave come l'avrebbero governata le braccia di centomila uomini.
Le parole di Gabriel, comunque, non erano state vane. Non per la ciurma.
Rowena non aveva apparentemente bisogno di loro, perché con quel flauto era potente, protetta dall'inferno stesso. Ma allo stesso tempo non poteva ucciderli. Non poteva provvedere da sola al lavoro sporco. Non poteva trascinare i bambini giù nella stiva e fare ciò che ordinava di fare agli altri al posto suo. Tutti lo sapevano, ormai: Rowena aveva bisogno della sua ciurma.
- Siamo stanchi! - gridò Gabriel, sovrastando il coro di ululati primordiali levatosi dalla ciurma, - Tutti noi adesso siamo stanchi! Di voi, di tutti i vostri ordini, di tutto! Da quando siete voi al comando non abbiamo visto l'ombra di un tesoro! Non abbiamo visto gloria, ricchezza, saccheggi, niente di tutto questo! -
Rowena non era stupita da una reazione del genere. Se l'era sempre aspettata, prima o poi, ma l'aveva sempre considerata un momento molto distante. Non sapeva bene come avrebbe risposto a tutte quelle provocazioni.
- Avete conosciuto la gloria della decadenza! L'allegoria del male puro! - ribatté Rowena, - Che cosa volete adesso di più? Tesori? Puttane? Sangue che sgorga sul ponte? Non ne avete avuto abbastanza? Non siete davvero in grado di spingervi più oltre? -
- Non sappiamo che cosa farcene delle vostre allegorie! - ruggì Gabriel.
- Soltanto io vi ho portato dove siete! Non avreste potuto essere niente senza di me! Se non ci fossi stata io voi sareste a succhiare tesori come sanguisughe soltanto per accumulare materia su materia senza mai capirne niente! Non sareste nessuno, nessuno di voi, senza di me! -
Nessuno fu d'accordo con le sue parole. Nessuno che le avesse ascoltate. E tutti gli altri erano anch'essi dell'avviso che non c'era più tempo di attendere: troppo a lungo avevano sopportato la presunzione di Rowena, e troppo a lungo avevano assecondato ogni suo capriccio. Non valeva niente come capitano. Sarebbe stata bene soltanto come dittatrice. Ma nessuno aveva bisogno di una dittatrice sulla Coleridge, non ora che avevano capito che era giunto il momento di ribellarsi, a qualsiasi costo.
- Questo è un ammutinamento! -
- Lo è, Rowena! E questa volta lo sarà fino in fondo! -
Immediatamente un altissimo cavallone si sollevò dalla superficie dell'acqua marina, fino a poco tempo prima piatta, e si infranse parzialmente sul ponte della Coleridge. Un avvertimento. Dopo poco tempo però, composto di istanti di pietrificato panico da parte della ciurma, la temporanea manifestazione meteorologa si estinse: il mare tornò alla sua calma abituale nel tempo di un battito di ciglia. La Coleridge, bagnata e danneggiata dal recente arrembaggio, troneggiava ancora una volta sulle acque grigio azzurre del mare tranquillo.
- Voi non potete ribellarvi! - gridò Rowena, e la sua voce fu tagliente come un pezzo di vetro schizzato via da uno specchio in frantumi, - Avete lasciato Dio, e ora state tradendo anche il Diavolo! -
Per un attimo i pirati sembrarono frenare i loro stessi impulsi. Ma durò pochissimo. Stavolta niente avrebbe impedito loro di andare fino in fondo. Gabriel estrasse un coltello, e fece alcuni passi verso Rowena. Quest'ultima non indietreggiò, ma fu evidente anche da sotto la maschera che gli occhi erano sgranati. I suoi pugni chiusi tremavano. Le unghie premevano sulla carne delle mani, fin quando i guanti di seta bianca lentamente iniziarono a tingersi di rosso. Rowena non osò guardarli.
Gabriel non poteva ucciderla. Non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo.
- Tu non oserai, cane rognoso! - ruggì Rowena, facendoli tutti rabbrividire: eppure erano altrettanto calamitati dal coraggio di Gabriel.
- Mi hai sottratto col tradimento il ruolo che spettava a me, - sibilò Gabriel, di poco differenze ad un serpente pronto a scattare e affondare i denti da un momento all'altro. Ansava. - Mi hai costretto per più di due anni a sopportare tutti i tuoi capricci da signora d'alta classe... Ma ora noi torneremo ad essere ciò che saremmo stati se tu non fossi mai esistita! Io conosco il tuo punto debole, Rowena! -
Rowena svenne, si afflosciò pesantemente sul ponte della nave: Gabriel si era tagliato sul petto e da quella ferita era sgorgato del sangue rosso. Abbagliante, lustro come una luce in cielo.
La ciurma trattenne il fiato, dando vita ad unico sospiro di tensione. Che cosa sarebbe successo?
Era un altro trucco di Rowena? O forse di lì a poco avrebbero conosciuto l'ira che Satana riservava a coloro che ostacolavano il suo patto?
Non accadde niente.
A poco a poco anche Gabriel recuperò la sicurezza. Sollevò Rowena per un braccio. Le strappò la maschera dal volto, sotto gli occhi attoniti di tutti i pirati della Coleridge. La maschera cadde e si spezzò in due metà quasi perfette. Gabriel staccò via la parrucca bionda dalla testa, rivelando un volto pallido, le palpebre semichiuse sugli occhi grigi, dietro ai ciuffi dei corti capelli di uno smorto color biondo cenere.
Sotto il sole di mezzogiorno Rowena venne lasciata su una rudimentale zattera ottenuta da un pezzo di legno staccatosi durante l'arrembaggio. Nessuno sapeva che lo spirito gemello, in quel preciso momento, stava subendo, in modo diverso, lo stesso destino.
La zattera venne calata giù. Rowena doveva morire da sola, non doveva sembrare un assassinio, per il bene della Coleridge. Un pirata rivolse uno sguardo eloquente al flauto d'argento che ora Gabriel reggeva in mano. Gabriel rispose allo sguardo scaraventando giù il bello strumento, che andò incastrarsi in una scanalatura fra una trave e l'altra della zattera, accanto alle due metà della maschera.
- Ora sono io il Capitano, - proclamò Gabriel, ben sapendo che ormai tutti lo avevano capito, - E non abbiamo più niente a che vedere col suo Diavolo.

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