III ATTO - Flâneur

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Indaffarata nel mio non far niente pensai, dopo essermi fatta un bagno, che l'arte fosse magnifica, ma non lo avrei mai capito se fossi rimasta in Italia. Era facile per me girare per le città e scontrarmi su di un'opera d'arte. Bastava che entrassi in una cappella, in una piazza o in un parco.

Seoul era diversa.

Sembrerà strano, ma tutto ciò mi aveva fatto rivalutare le cose di ogni giorno. Se prima davo per scontata una qualsiasi statua di marmo, adesso ne assaporavo la vista. Godevo delle loro imperfezioni e dei loro colori, cercando di inventarmi un significato. Al tempo mi ero ritrovata ad avere costantemente qualcosa verso cui ispirarmi. Finalmente capivo perché tanti turisti venivano da noi e mi sono sentita una scema ad essermene accorta solo in quell'istante.

Vagavo per la città, attenta a ogni banalità quando mi capitò di reincontrare Taewon, il ragazzo della discoteca. Sentii una sirena e intravidi riflessi rossi riflettere dalle finestre dei locali adiacenti. Girandomi per curiosità mi trovai di fronte a lui.

Stava scappando dalla polizia facendo slalom fra le macchine. Gli agenti stavano per prenderlo, ma ci mise poco a scavalcare un muretto e scomparire nel chiasso della città. Devo essere sincera, non mi sorpresi per nulla. Avevo già percepito che quel ragazzo non avesse la testa a posto. Fui solo sorpresa di ritrovarmelo davanti. Questa però non sarebbe stata la prima volta. Quando ne parlai con Jun, quasi si stupì della mia domanda.

-Come, non lo sai? Fa parkour, ha un canale da un milione di follower, è abbastanza famoso su internet.

-E cosa c'entra la polizia?

Gli chiesi.

Jun mi guardò con la faccia di chi aveva capito che stava parlando con una persona stupida, quasi me ne risentii di quella sua espressione.

-Sale sopra palazzi e grattacieli e spesso aspetta la polizia così da cominciare un inseguimento. Dice che questo tipo di video gli fanno fare un sacco di visualizzazioni.

Era questo il motivo? Fare visualizzazioni? Rimasi ferma a pensarci un po', se prima ero convinta che non stesse bene con la testa, adesso pensavo solo che fosse proprio scemo. Perché rischiare la vita e la fedina penale per fare degli stupidi video?

Me lo domandai così tante volte che finii per cercare il suo canale e capirlo da sola. Ne guardai uno dopo l'altro. Più li guardavo, meno riuscivo a capire perché li facesse, eppure persi la facoltà di fermarmi. Quei video stavano diventando una droga. Finii per passarci tutta la notte e non ero nemmeno arrivata a vederne un quarto di tutti quelli che aveva pubblicato. "Almeno era prolifico", pensai. Sbirciai l'orologio sulla barra del mio laptop, erano le cinque del mattino, chiusi il computer e smisi di pensarci.

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