VI ATTO - Gemütlichkeit

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Minju mi stava salutando dall'altra parte della strada, mi sembrava strano che l'avessi incontrata per caso e ancora più strano era il suo comportamento. Non era timida nel senso stretto del termine, era più che altro muta. Questa cosa mi affascinava.

-Dove stai andando?

Le chiesi interessata.

- .

-Fa niente, era solo una curiosità.

Dissi, avendo perso le speranze.

-A casa, abito qui vicino.

Balbettò.

Abitavamo nei paraggi dunque. Sarebbe potuta essere l'unica opportunità per potermi fare un'amica in città, quindi non ci girai troppo con le parole:

-Posso chiederti il numero di telefono? Ancora non ho molti amici qui e mi farebbe piacere conoscerti.

Silenziosa prese il telefono che le avevo appena offerto e si aggiunse ai contatti. E così, dopo esserci scambiati i numeri, ben presto me ne dimenticai.

La prima volta con un uomo è particolare. Sei spaventata, hai paura di sbagliare qualcosa, di non piacergli. La mia prima volta è stata con Taewon. Lo so, ho davvero aspettato così tanto? Eppure adesso penso che la domanda fosse: Perché ho aspettato così poco?

-A cosa pensi?

Taewon mi guardò.

-Tu come mi vedi?

"Io?", pensai. Come dovevo vederlo?

-Si sincera e schietta.

Disse Taewon vedendomi dubitare.

-Alcune volte sei incosciente e presuntuoso.

-Presuntuoso?

Disse, scostando la testa e mostrando il suo sorriso.

-Sai? Me lo hanno detto in molti. Dicevano che se avessi continuato così non avrei fatto nulla di buono.

-Ed è vero?

-Chissà, forse. Se non mi fosse capitato questo strambo lavoro, non so cosa avrei fatto.

Capii cosa in quel momento lo stesse turbando, lo stesso senso di inadeguatezza che provavo anch'io. Non aveva gridato palesemente, "ehi, ci soffro, compatiscimi", ma era chiaro. Potevo leggere me stessa attraverso i suoi occhi. Perché doveva essere così? Mi avvicinai a lui con il chiarore della televisione di fronte a noi e mi diede un bacio. Volevo dimostrargli quanto ci tenessi a lui, eppure mi tolse la spontaneità di un atto d'amore, dovevo trovarne uno più forte che glielo facesse capire in modo inconfutabile. Lo toccai lungo il collo, scesi fino ad accarezzargli il petto, con le sue attenzioni puntate verso di me, e mi fermai giusto sulla cintura. Questo glielo doveva far capire, e lui capì bene quali fossero le mie intenzioni in quel momento.

Fu una notte particolare, in mezzo a tante notti monotone. Era questo che mi piaceva dello stare con lui, la monotonia che con un ragazzo del genere non mi sarei mai aspettata di avere. Ho sbagliato a pensare che avrei potuto avere un futuro con lui? Ho sbagliato a pensare che in fondo, seppur nella nostra inadeguatezza, fossimo stati graziati dalla fortuna delle nostre vite? Dallo stare insieme?

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