Il giorno dopo (ancora peggio)

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Cominciai il secondo giorno di lavoro. Come un gesto di ribellione, avevo lasciato due bottoni aperti, mi sentivo più libera cosi. Ma la nonna se ne accorse subito e me li abbottonò personalmente. Mi senti come quando uno appoggia la scala vicino al muro per scappare di prigione ma arriva il direttore e non a posta la sposta perché ci deve mettere un cestino nuovo.
Cominciai soliti servizi....sempre più triste.
Pulendo le loro belle cose pensavo che io non me le sarei potuta permettere mai. E non avevo con chi aprire la bocca.
Poi c'è stata la goccia che ha fatto travasare il bicchiere, facendolo pure cadere in terra.
Stavo passando la scopa, nel loro gran salone sontuoso. Avevo già ammucchiato tutta la spazzatura da una parte, quando all'improvviso passò il "padrone"...con un sorriso del cazzo sulle labbra, guardando il vuoto come se a parte lui nella stanza non ci fosse nessuno...trascinando i piedi su quel mucchietto che avevo preparato misteriosamente.
Mi fece sentire davvero una nullità. Capí subito che non avrei resistito a lungo li, anzi, non volevo passare nemmeno un minuto di più in quella casa.
Cosi mi chiusi nella stanza, presi il mio piccolo dizionario in mano e creai una specie di lettera che adesso non mi ricordo di preciso ma doveva suonare più o meno così:
"Io volere chiamare mie amica. Io volere chiedere quando loro andare su stazione. Perché io avere una lettera per mandare casa."
Non era vero, ero disperata e non sapevo in che modo potevo contattare Eva, mi sembrava l'unico modo.
La signora lesse il mio arabo-italiano e chiamò Eva. Appena me la passò, pregai quasi piangendo, che mi sento umiliata e me ne voglio andare via subito.
Lei disse che mi aveva detto dall'inizio che non ero fatta per lavorare in una casa (conosceva tutti snob cosi forse boh) e che mi sarebbe venuta a prendere quel giorno stesso.
Era l'unica cosa che volevo sentire.
Sapevo però di aver detto una bugia nella mia specie di lettera, cosi andai subito in camera mia, sentendomi comunque una vigliacca.
Dopo un pò la signora bussò alla porta, dicendo che è ora di mangiare.
Un pò arrabbiata con lei, un pò pensando che non mi meritavo più nemmeno di mangiare li, le risposi "io no fame", ma la signora, meno gentile del solito, rispose solo "tu no ma noi si"
Cazzo dovevo ancora tornare in cucina e stare nell'angolo con il pane ed il coltello in mano, aspettando paziente che qualcuno ne avesse voglia (del pane, non del coltello)
Ma sapevo che stava per finire tutto quindi resistetti con orgoglio.

Dalla Polonia con furgoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora