•Capitolo 28•

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Disegnai piccole onde che gli ricadevano sulla fronte, poi le resi più fitte. Alcune più corte altre più lunghe. E ripensai a quando i capelli gli erano finiti proprio in quel punto, poco prima che mi baciasse. Provai una forte stretta allo stomaco. La mia mano si muoveva mossa dall'immagine che la mia mente aveva creato mezz'ora prima. Giravo il foglio a seconda dell'angolazione che ritenevo migliore e calcavo ogni curva, ogni tratto nel minimo dettaglio. Volevo renderlo il più reale possibile. Decidere di ritrarlo, di ritrarre Noah era stato più forte di qualsiasi altra cosa. Sapevo solo che dovevo farlo e adesso eccomi qui, piegata sulla scrivania della mia stanza a disegnare.

«Noi due abbiamo una conversazione in sospeso.» Sussultai sulla sedia, due mani che mi si posavano sulle spalle.

Mi irrigidii quando avvertii la sua presenza proprio dietro di me, poi il suo respiro contro l'orecchio. Mi irrigidii. «Carino il disegno.»

Imbarazzata allungai una mano e mi affrettai a nasconderlo. Sapevo che lo avrebbe visto, ma non pensavo adesso. Preferivo una volta averlo finito. Così non me ne sarei pentita. «Non è ancora terminato» mormorai a disagio. «E comunque, giusto per fartelo sapere, disegno molte persone.»

Arrossii, soprattutto quando lo sentii emettere una risata. «Non ne dubito.» Mi puntellò la guancia con l'indice. «Andiamo, rilassati, non posso dirlo a nessuno che mi sogni, mi disegni...»

Il mio cuore fremette, come se fossi sul punto di avere un infarto. «Non ti sogno!» Il mio viso stava andando a fuoco. E mi rifiutavo di voltarmi a guardarlo.

Ma cosa cavolo mi sta succedendo?

«Mi disegni, però» ribatté malizioso. «E sei molto brava, ti ho visto qualche volta, appena sei arrivata.»

Speravo che non avesse visto quando disegnavo Aaron. Quello sì che sarebbe stato imbarazzante. «Io...Be', Ho avuto molto tempo per esercitarmi.» Cercai di sminuire la cosa. Mi misi in piedi, prendendo il foglio. Lo piegai in diverse parti. «Disegno da quando ero...»

Noah posò una mano sulla mia, bloccando ogni mio movimento. Il cuore ebbe l'ennesimo sussulto quando avvertii il suo naso contro la mia guancia. «Non nascondere la tua arte, Dakota», mi sussurrò, il tono di voce basso e roco.

Lui mi voltò, sotto il mio sguardo inebetito e accorciò la distanza che ci separava in un baleno. L'attimo successivo mi stava baciando. E la mia mente si spense. Lo attirai a me e lui mi sollevò fino a farmi sedere sulla scrivania. Le sue labbra erano calde, morbide e invitanti. E io avevo perso la ragione. All'improvviso non mi importò più di niente: del disegno, della realtà o del fatto che da un momento all'altro sarebbe arrivata...

Il campanello suonò al piano terra, facendomi venire letteralmente un infarto.

«Chi è?» mi chiese Noah con il respiro affannato, allontanandosi da me soltanto per porre quella domanda. Tornò a baciarmi l'istante successivo, ancora prima che potessi rispondergli.

«Emery...» bofonchiai, in un altro pianeta, tra un bacio e l'altro. Nel pianeta Noah. «Devo...»

«Devi...» I suoi baci corsero lungo il mio collo, dove mi lasciarono una scia di brividi. «Andare...Lo so.»

Chiusi gli occhi, stringendo con forza il tessuto della sua maglietta per impedire che le mie mani affondassero tra i suoi capelli, che lo trattenessero facendomi perdere completamente la cognizione del tempo. Peggio di come era già successo.

Lo spinsi praticamente via e corsi alla porta, il fiato corto e le guance rosse. Sapevo che se non mi fossi affrettata, non sarei più riuscita a farlo. La risata di Noah mi seguì fino al primo piano, dove arrivai correndo.

The Bad boy's SoulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora