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Quando le renne toccarono la neve fredda la slitta le seguì a ruota, poggiandosi delicatamente sul freddo e bianco manto morbido che si distendeva a vista d'occhio in ogni direzione. Il sole brillava alto e sebbene facesse freddo il vento non soffiava più forte e i raggi solari scaldavano i loro volti come potevano anche lì, al polo nord. Yoongi tirò le corde verso di sé dopo un paio di minuti, una volta arrivati ad un piccolo igloo di ghiaccio adonato da una semplice porta rossa all'ingresso, tanto uguale alle tante altre porte di ogni casa nel quartiere di Jimin. Le renne si fermarono, zampettarono sul posto stanche, Yoongi disse loro che erano state brave in modo più veloce del solito per girarsi l'istante successivo verso Jimin: si era guardato intorno e aveva riso a lungo e Yoongi lo sapeva - lo sapeva benissimo - che era la magia del Natale a rendere la sua risata tanto simile ai campanelli, tanto musicale e rinvigorente per la sua anima, ma non gli era importato. Il figlio di Babbo Natale era rimasto ad ascoltarla per ore, godendone appieno la melodia, finché Jimin non si era addormentato per la stanchezza della nottata passata.

Yoongi avvicinò la mano verso di lui, gli scosse lievemente la spalla: «Tizio violento, siamo arrivati.» lo chiamò con un sussurro, provando a svegliarlo con calma. Jimin deglutì e crucciò la fronte, arricciò il naso e mugugnò infastidito dal doversi svegliare, ma quando i ricordi gli riaffiorarono alla mente spalancò gli occhi all'improvviso, richiudendoli subito dopo accecati dalla luce del sole.

«Cosa succede?» chiese confusamente il giovane ospite, portandosi una mano al volto e stropicciandosi gli occhi, tenendo lo sguardo basso e sollevando piano le palpebre; le iridi nere si soffermarono un istante sul proprio corpo, trovandolo nascosto da una calda e morbida coperta bianca. Pensò, in un primo momento, di chiedere cosa fosse, ma si sentì pieno d'imbarazzo e silenzio appena capì da sé che solo Yoongi poteva aver avuto la gentilezza di mettergliela addosso durante la notte, mentre dormiva. Decise di non chiedere nulla, pensò di ringraziarlo, ma non trovò le parole adatte e, alla fine, rimase semplicemente in silenzio, togliendosela da dosso e piegandola in modo gentile per poi riappoggiarla al suo fianco. Yoongi rimaneva anch'esso immobile, osservandolo, beandosi dell'ultimo istante su quella slitta. «S-siamo arrivati?» chiese Jimin alzando lo sguardo e evitando di posarlo sul volto dell'altro, preferendo guardare la distesa immensa di neve intorno a sé «Dove siamo?»

Yoongi aprì la porticina al suo fianco, saltò giù dalla slitta e cadde con gli scarponi nella neve, affondandoci di qualche centimetro: «Siamo a casa.» rispose, girandosi verso di lui e aspettando che anch'esso scendesse dal rosso mezzo di trasporto, chiudendogli successivamente la porticina dietro le spalle.

Jimin affondò nella neve, fece qualche passo verso l'igloo, poi si bloccò e si girò verso il ragazzo biondo: «Questa è casa tua?» chiese incerto, indicando la porta rossa tanto fuori luogo, così assolutamente non adatta a quel posto. Yoongi annuì semplicemente e avrebbe volentieri invitato l'altro ad entrare sé Jimin non si fosse portato le mani alla bocca e un'espressione di terrore non si fosse creata sul suo volto «Ma è pieno giorno!» esclamò guardandosi intorno, alzando lo sguardo verso il sole alto in cielo, riabbassandolo subito sull'altro con gli occhi già affaticati a quella vista veloce con la stella, trovandosi un cerchio nero ovunque guardasse per i secondi successivi.

Il figlio di Babbo Natale lo raggiunse e sollevò lo sguardo al cielo, stanco: «Sì, ma non ti far venire una crisi.» sollevò il proprio polso toccandoselo con l'altra mano, metafora di ciò che avrebbe dovuto fare «Guarda che ore sono e placati».

Jimin ricordò in un solo istante quanto quello strano personaggio gli stesse antipatico, ma fece come richiesto; osservò il quadrante dell'orologio e, di nuovo, si stupì: «È ancora l'una e mezza».

Yoongi gli passò a fianco, sospirò esasperato e scuotendo il capo: «Dovrò dirtelo ancora tante volte che il tempo non deve interessarti quando sei con me o hai imparato, ora?» ovviamente non si degnò neppur di guardarlo in faccia, aggiungendo semplicemente un «Seguimi.» quando fu a qualche metro da lui, ormai davanti alla porta rossa. Jimin si maledisse per aver anche solo pensato di seguirlo davvero, ma una cosa che aveva imparato nella sua vita è che non si poteva tornare indietro e, di certo, da lì, lui non avrebbe saputo tornare a casa sua da solo: tanto valeva buttar giù tutta quell'ineducazione come boccone amaro e starsene zitto.

Giusto il tempo di un fiocco di neve - {Yoonmin}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora