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Yoongi se ne stava seduto su un mobiletto attaccato al muro con le gambe aperte, teneva la mano sui gioielli di famiglia, di tanto in tanto chiudeva gli occhi e dalla sua mano si creava neve fresca per raffreddargli la zona; i suoi occhi di ghiaccio fissavano l'altro davanti a sé con tanto odio che, se avesse potuto - e non poteva davvero, da quel che ormai aveva capito ore prima - l'avrebbe congelato magicamente in un solo istante, tanto per fargli dispetto. Jimin provava a non guardarlo, a osservare il luogo intorno a lui senza far cadere lo sguardo sul magico sconosciuto che lo aveva portato a casa sua, sebbene sentisse tutto l'odio che gli stava mandando colpirlo come spilli. Gli occhi scuri del ventenne osservavano l'atrio principale, immenso e colorato, che non aveva potuto guardare per bene all'arrivo, troppo preso dall'eccitazione del momento e dalle parole dell'altro: un enorme albero di natale, pieno di luci e decorazioni scintillanti, illuminava tutto intorno a lui; le pareti erano quasi tutte di vetro e mostravano il tramonto in lontananza risplendere sulla neve bianca. Jimin avrebbe voluto chiedere se il tempo stesse o no passando, ma - primo - aveva il terrore di tornare a rivolgergli la parola come niente fosse e - secondo - immaginava già qualche battuta sul quanto fosse stupido e che fosse tutto opera della magia del natale. Il suo orologio si era fermato da tempo, ormai, ma si chiese se, magari, semplicemente non glielo avesse bloccato con la magia.

Quando con la coda dell'occhio notò un nuovo sbuffo di neve venir creato dalla sua mano Jimin sospirò stanco, alzando prima gli occhi al cielo e, poi, posando lo sguardo scuro finalmente sul biondo a gambe aperte: «Sei lì da mezz'ora!»

Yoongi assottigliò gli occhi, arricciò il naso in un'espressione disgustata e annuì: «Sentiti in colpa».

Jimin gonfiò le guance indispettito, poggiò le mani sui fianchi e mantenne il contatto visivo: «È quello che cerchi di fare. Ormai non ti fa più male, ma cerchi di farmi sentire in colpa».

«Funziona?» chiese con un sorrisetto forzato.

Jimin puntellò la guancia con la lingua e sollevò le spalle in un gesto veloce: «Forse i primi cinque minuti, ora hai rotto il cazzo».

«Sei tu che me lo hai rotto».

«Te lo sei meritato». Si osservarono in cagnesco poi Yoongi fece scoccare la lingua al palato e tolse la mano, incrociando le braccia al petto e lasciando le gambe aperte. «Così sembra che ti sei pisciato addosso, forse dovresti chiuderle».

«Non mi faccio la pipì addosso da tanto tempo, tranquillo.» abbozzò un ghigno divertito «Semmai sembrerà che sono venuto».

Jimin boccheggiò un istante a quelle parole, arrossì violentemente e gli diede le spalle, pensando velocemente ad una risposta ad effetto: «Non so cosa sia meglio. Pisciarsi addosso o venirsi nelle mutande.» sorrise di nascosto, compiaciuto dalle sue stesse parole «Quella invece è una cosa che fai spesso?»

«Sì, ed è più piacevole, ma forse non te lo ricordi, dato l'anno di assoluta castità e l'assenza di qualcuno che ti sopporti nella vita».

Jimin si rigirò immediatamente, lanciandogli un'occhiata disgustata, sebbene il suo volto continuasse ad essere di un colorito rossastro che mostrava il suo imbarazzo: «Fai schifo, fattelo dire». Fece per rigirarsi, poi tornò a guardarlo. «E chiudi quelle gambe!» dandogli poi di nuovo le spalle.

«Si stanno asciugando, lasciami perdere e torna a guardarti intorno come un coglione».

Il ventenne strinse i pugni, incrociò le braccia al petto e fece un profondo respiro, chiudendo gli occhi. Odiava quel ragazzo - o essere magico che fosse - e se avesse potuto se ne sarebbe andato in giro per il posto da solo, godendosi ogni sorriso donato dagli elfi, ogni colore, ogni luce. Jimin amava il natale, ma il figlio della persona che lo rappresentava maggiormente glielo stava facendo odiare.

Giusto il tempo di un fiocco di neve - {Yoonmin}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora