«Sì, signora, capisco perfettamente cosa sta cercando di dirmi, ma...»
«Non ci sono "ma" che tengano, signorina!» sbottò la donna strizzata in un tailleur grigio, agitando le braccia e spandendo attorno a sé una nuvola di profumo floreale. «Sono in coda a quello sportello da due ore... anzi, no! Tre ore, ormai, visto che sono praticamente le dieci!»
Anna si passò una mano sui capelli stretti in uno chignon molto professionale e lanciò un'occhiata a Giulia, sperando che la sua responsabile potesse accorrere in suo aiuto. La donna, però, se ne stava seduta al computer vicino alla finestra e digitava furiosamente sulla tastiera, apparentemente immersa nel proprio lavoro e dunque sorda a tutto ciò che la circondava.
Eh, figuriamoci! Pensò Anna, con una punta di fastidio. Doveva imparare a cavarsela da sola, certo, ma aveva iniziato a lavorare all'URP dell'Ospedale di Lanzate da un mese soltanto e non era ancora capace di liquidare con eleganza gli utenti più boriosi e insistenti. E la signora con il tailleur grigio era molto insistente.
La ragazza sospirò e si aggiustò gli occhiali sul naso. «Come le ho già detto, l'accesso agli sportelli è regolato da un sistema automatico...»
«Che non funziona!» sbottò la donna, sbattendole sotto il naso un piccolo tagliando tutto stropicciato. «Lo vede? C'è scritto P12, il che significa che davanti a me c'erano soltanto undici persone: com'è possibile che ci vogliano tre ore per fare undici prenotazioni?»
«Il fatto è...» tentò di spiegare Anna, ma la donna la interruppe di nuovo.
«Sa qual è il problema? Che chiamano tutte le altre lettere ad eccezione delle "P"!» sbottò, fissando il foglietto di carta lucida come se esso fosse la casa di tutti i suoi mali. «Chiamano sempre e solo le "A" e le "H", ma le "P" mai! Non è possibile che ci vogliano più di tre ore per fare una prenotazione!»
La ragazza fece per rispondere, ma la vibrazione del cellulare posato sulla sua scrivania la distrasse per un istante. Da quando è così rumorosa? Si chiese, leggermente a disagio.
«So che...» Anna tentò di spiegare alla donna che le stava davanti quale fosse il funzionamento del sistema che regolava l'accesso agli sportelli, ma il cellulare vibrò un'altra volta, e poi altre due, dando vita a un vero e proprio concerto di ronzii. Ma chi diavolo mi scrive? Si chiese la giovane, senza riuscire a evitare di compiere un mezzo giro su se stessa e di lanciare un'occhiata dubbiosa alla scrivania.
«Vuole andare a rispondere al telefono?» le chiese la signora in tailleur, sollevando un sopracciglio con aria derisoria.
La ragazza si voltò di scatto verso di lei, resistendo a stento alla tentazione di rifilarle una risposta acida. «No, non è necessario» replicò, mordendosi la lingua. «Come le stavo spiegando, c'è un motivo, se la lettera "P" viene chiamata meno spesso delle altre. Vede? La "P" sta per prenotazione. La "A" sta per accettazione e le "H" vengono assegnate solo ai pazienti che hanno diritto all'accesso prioritario. Dal momento che le prenotazioni possono tranquillamente essere fatte anche telefonando al centralino o al numero verde regionale, allo sportello si è deciso di dare priorità a quegli utenti che non possono che venir qui di persona. Non dico che sia un sistema perfetto, ma ha una sua logica, no?»
La donna la soppesò con lo sguardo. «E allora togliete la possibilità di prenotare in ospedale e basta!» sbottò. «Io ho preso due ore di permesso dal lavoro: come lo giustifico, questo ritardo? Potrebbero anche pensare che me ne sono stata in giro a farmi i fatti miei per un'ora!»
Anna soffocò un sospiro. «Non si preoccupi: la collega allo sportello le rilascerà un certificato che attesta che lei è stata in coda per più tempo del previsto.»

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Yaroslav
ChickLitA quasi ventinove anni, Anna si trova di fronte a una scelta: lasciare la sua vecchia vita per ottenere un lavoro oppure rimanere disoccupata. Anche se a malincuore, Anna lascia Lorenzo, il suo ragazzo, e si trasferisce a più di duecento chilometri...