Capitolo 9

386 45 2
                                    

C'era silenzio in casa.

Non c'era nessuno che facesse rumore, che disturbasse la calma che stava riempiendo la casa in falso stile Tudor. Cynthia era andata fuori con suo figlio per una giornata, e probabilmente stava ridendo con lui da qualche parte, o stava parlando con lui, o stava canticchiando fra sé e sé mente guidava la macchina e lui russava leggermente dal sedile di dietro, con la guancia contro il vetro e i capelli arruffati.

Billy se ne era andato via da un po', non lasciando alcuna traccia del suo passaggio, nella silenziosa casa di periferia, a parte la tazza vuota che sedeva, dimenticata, in cucina, col fondo ricoperto da feccia di tè che era stato bevuto da un poco. Un po' di pezzi di carta accartocciati, che tenevano scritte parti di testi provvisori, giacevano, anche questi, abbandonati su un tavolo nel soggiorno.

Nonostante la casa fosse silenziosa, c'era qualcuno che stava ancora coricato a letto nella camera da letto del secondo piano. I suoi occhi erano chiusi pacificamente e la sua bocca aperta, le braccia e le gambe si estendevano scompostamente come se stesse provando a occupare più spazio possibile, sembrava che stesse per cadere da una parte del letto, con una gamba che pendeva da quel lato.

Improvvisamente John iniziò a borbottare, tutta parte del suo sogno, ovviamente, e sotto le palpebre i suoi occhi si muovevano freneticamente. La casa era così isolata, così silenziosa che nessuno l'avrebbe sentito, neppure se avesse urlato invece di borbottare.

Era come se fosse sotto terra, in un bunker con muri spessi tre metri; era completamente isolato. Avrebbe potuto urlare e urlare quanto voleva e nessuno sarebbe stato lì a sentirlo o aiutarlo. Perfino se un improbabile passante fosse stato a fare un giro vicino la proprietà, il suono non l'avrebbe raggiunto dalle interiora della casa dove stava John.

Stava dormendo, era nel bel mezzo di un sogno, per cui non era preoccupato da questi terribili pensieri. John era completamente in un altro tempo. Forse questo era dovuto al fatto che nel profondo del suo subconcio non era pronto a lasciare andare. Forse la sua mente voleva dargli un'ultima possibilità per guardare negli occhi del vero Paul e stava tirando in superficie tutti i ricordi che aveva di Paul. Forse era dovuto a causa di qualche forza esterna misteriosa, perchè John sapeva, anche nel sogno, che le sue visioni notturne avevano qualche logica con lui ed era sicuro che non avrebbe potuto conservare tutti questi piccoli dettagli nella sua mente.

John rimase incantato davanti ai dettagli del viso di Paul, davanti a ogni ciglio smarrito, era perfetto. Sorrise a Paul, dimenticandosi completamente cosa stava dicendo. Non vi erano problemi, comunque, si poteva cancellare la maggior parte di quello che Paul andava dicendo e comprendere ugualmente il succo di quello che stava cercando di dire. Paul iniziò a usare le mani per accentuare quello che stava dicendo.

Stava tentando di comunicare a John questa sensazione che aveva avuto al mattino e non era sicuro di cosa fosse esattamente, ma era come questa strana malinconia, e pensava che avesse qualcosa a che fare con la qualità della luce del sole, pensava che sarebbe stata una buona ispirazione per una canzone.

"E non so, John, pensavo che potremmo fare questi testi che, sai, hanno più significato, e non intendo un significato su, non so, una ragazza inventata, o qualcosa del genere, ma qualcosa su questa sensazione che hai o, sai, che ho io. Voglio che chi ascolta, o chiunque altro, per quel motivo, percepisca quello che sento. Sai, la musica è più di, ehm, una melodia, ma deve far sentire qualcosa alle persone, o forse pensare qualcosa".

"Giusto", disse John, annuendo entusiasta.

"Non stavi ascoltando!" lo rimproverò Paul.

"Ripeti tutto allora, amore".

Paul si imbronciò. "Volevo solo dire che c'è bisogno che mostriamo emozione nelle nostre canzoni".

"Visto, riesci a dire tutto in meno di dieci minuti".

John abbassò la testa prima che Paul si muovesse perchè sapeva dello schiaffo sulla testa che avrebbe ricevuto. Ma Paul aveva lievi pieghe intorno agli occhi che mostravano che in realtà voleva sorridere o ridere con John, ma voleva ancor di più mantenere padronanza di sé.

Paul si alzò a prendere una chitarra e John rimase un momento a pensare. Adesso che si era fermato a riflettere sapeva che i suoi sogni erano arrivati alla fine dell'anno scorso. Ogni notte, più il tempo passava, più sapeva che Paul avrebbe fatto la stessa inevitabile fine- i sogni, dopotutto, seguivano fedelmente la realtà.

"Cosa c'è che non va, John?" chiese Paul, con un triste sorriso sulle labbra. John si domandò se Paul sapesse che era triste, quando nella realtà non si era comportato in questo modo.

"Io-" John si itasò, cercando di dar voce a tutto ciò che voleva dire, il dolore, la paura, ma non arrivò nessuna parola.

Con sua sorpresa, con un movimento aggraziato ed elegante, come ci si aspettava sempre da Paul, il bassista aveva accolto John nelle sue braccia. John inizialmente si trattenne con esitazione, come se Paul fosse fragile, ma quando Paul premette le dita sulla sua schiena, rassicurandolo, John rispose con ugual forza, e Paul sembrò vero come chiunque.

Nonostante John non avesse memoria di questa scena che si stava creando, ricordava perfettamente come ci si sentisse a tenere Paul. John sentiva l'odore pulito e saponoso dei capelli leggeri e morbidi di Paul, la consistenza ruvida della sua camicia di lino e il suo respiro vivo sotto di lui, che si muoveva con vitalità.

Paul lo strinse senza fare domande, mentre John bagnò lentamenre la sua camicia.

Almost him [Traduzione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora