Capitolo 11

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Le mani di John tremarono sulla quinta tazza di caffè. I suoi occhi erano spalancati con lo sguardo fisso, eppure sentiva che la sua mente si stava spegnendo. Si concentrò invece sul vapore appannante che si formava sugli occhiali che poggiavano a caso sul naso. La nebbia sulle lenti rotonde stava cominciando a condensarsi e delle gocce stavano sull'orlo come perle. Il sapore amaro del contenuto della tazza si distese sulla sua lingua e John afferrò il manico caldo. Portò l'orlo della tazza alle sue labbra e si costrinse a mandare giù un altro sorso di caffè nero, sentendolo bruciare per tutta la gola. Si era svegliato da qualche ora, e la sua mente, i suoi occhi e il suo corpo urlavano che ritornasse a dormire, ma la paura l'aveva inchiodato sul posto al tavolo di cucina. Cynthia stava ancora dormendo al piano di sopra, non sapeva cosa stesse andando storto. Non si era nemmeno svegliata quando lui se n'era andato via dal letto, sudato e scosso dal sogno.

Non era stato un sogno particolarmente brutto. Per chi non conoscesse il suo significato sarebbe stato solo un sogno senza senso di un normale e noioso giorno in studio. Ma questo giorno bruciava nella testa di John, perchè nella settimana che l'ha seguito si era chiesto come potesse essere stato tutto così normale quel giorno, quando il suo mondo stava per collassare. Come avrebbe potuto dare per scontato quel giorno?

Era il giorno prima che morisse Paul.

Ogni volta che chiudeva i suoi occhi pulsanti e stanchi era un grande sforzo. John sospirò e posò un dito sulla tempia, cercando di riportare a tempo la testa dolorante con il battito del suo cuore, che era troppo forte nelle sue orecchie.

Lasciò cadere la testa sul petto e John dovette sbattere le palpebre per dimenticare la stanchezza, riportando su la testa e mandando giù un altro sorso di caffè ansiosamente. La mente disperata di John cercava una soluzione e, prima di poter sviluppare l'idea, si mise le scarpe e si infilò un cappotto. Prese le chiavi andando verso la porta.

Grattandosi la testa distrattamente, John aprì la portiera della macchina e saltò dentro. Aveva il bisogno di andarsene subito e poi non sarebbe stato perseguitato dalla faccia ammaccata e malridotta di Paul, con un angolo della bocca da cui gocciolava un rivolo di sangue.

John strinse gli occhi per bloccare l'immagine per poi riaprirli nella buia notte del Surrey. Avviò la macchina, con il caffè che gli correva nelle vene, e andò via di casa. Si chiese quanto ci avrebbe messo Cynthia a notare la sua assenza e, per qualche motivo, ciò lo fece ridere fragorosamente e alquanto istericamente, tutto solo per strada.

***

Brian smise di leggere la lettera che chiedeva disposizioni per produrre più armamentario sui Beatles. Il telefono suonò di nuovo, lo alzò, chiedendosi chi potesse chiamare al suo ufficio di Abbey Road.

"Pronto?" intervenì cortesemente.

"Oh, ciao Cynthia. Buon giorno, cara. No, non l'ho visto. Oh, l'ha fatto? Davvero? Be', in questo questo... Sì, certo, vado a vedere se si trova là. No, non è affatto un problema. Sì, ti farò sapere se lo vedo".

Brian passò una mano fra i suoi capelli perfettamente pettinati. Strinse i denti ed emise un lungo respiro. Lennon stava diventando seriamente sconvolgente, aveva sentito dire. Billy, in particolare, aveva passato un'ora con le lacrime agli occhi, dicendo a Brian tutto ciò che aveva fatto John, compreso lo strano sogno che sembrava avesse avuto John.

Brian ebbe una buffa sensazione che quel sogno fosse connesso col fatto che John fosse fuggito da casa nel mezzo della notte.

Aprì la porta con un sospiro. Dopo tutto Brian era abituato a sistemare tutti i guai che combinava John, con stampa e altro. Non era sicuro che cercare il cantante, scappato da moglie e casa, ricadesse nei suoi doveri da manager, ma si sentiva in colpa per la povera Cynthia, che non aveva ovviamente idea del perchè John si stesse comportando nel modo in cui si comportava. Per quel che lei sapeva, Paul era vivo e vegeto.

Aprì la porta dello Studio Due ed esaminò l'interno. Contò i Beatles e, con suo sgomento, ce n'erano solo tre. Be', due, si corresse Brian. Billy non contava davvero.

"Ciao, Eppy", disse Ringo.

"Qualcuno di voi ha visto John?" chiese Epstein, allungando il collo per guardare dietro la batteria, rimanendo aggrappato a un'ultima disperata speranza che John potesse essere nascosto là dietro.

"No", rispose George. "Arriva quando vuole lui, comunque", aggiunse scontroso il più giovane Beatle.

Improvvisamente ci fu un colpo forte, e John aprì la porta, andando quasi a sbattere contro Brian.

"Parlavate di me?" chiese, con una luce turbolenta negli occhi.

Ci fu un momento di ammutolimento, tutti presero atto dell'apparizione di John. Non era rasato, aveva una discreta quantità di barba sul mento. I suoi capelli erano disordinati e i suoi occhi erano profondamente sottolineati da borse gonfie e violacee. Faceva un forte odore di sigarette e stava stringendo nervosamente le mani.

John diede un'occhiata alla stanza e vedendo che non avrebbe ricevuto risposta oltre al silenzio assordante, entrò nella stanza e si tolse il cappotto.

La bocca di Epstein, che era rimasta aperta in una divertente "O", si chiuse improvvisamente. "Be'", disse, e se ne andò prima di poter pensare a una continuazione per quella frase.

"Va tutto bene?" chiese Ringo.

"Sono solo stanco", brontolò John.

"Bene", disse George.

Billy si diede da fare al piano, ignorando la tensione nella stanza.

***

"Meglio lasciarlo".

"Non dovremmo riportarlo a casa sua?" chiese Ringo.

"No, si infuria se lo svegliamo", disse George.

"Ma è peggio se non siamo qui quando si sveglia", aggiunse Billy con aria preoccupata.

George e Ringo si scambiarono un'occhiata il cui significato sfuggiva a Shears.

"Rimarrai tu con lui, allora", disse George, premendo il palmo contro la porta per aprirla.

"No grazie" disse velocemente Billy.

Ringo rise leggermente e George lanciò un sorriso divertito a Billy. Shears rise con esitazione insieme a Ringo e si sentì felicemente incluso. Nessuno di loro notò che John stava silenziosamente formando parole con le labbra mentre dormiva, crollato su un tavolo.

Erano troppo lontani per vederlo, comunque.

Almost him [Traduzione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora