Giorno 3. Un bacio delicato

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Durante il pranzo, Giorgia ricevette dei messaggi sul gruppo whatsapp, in cui si confermava il pomeriggio in piscina da Samantha. Era l'unico modo per passare un pomeriggio nel divertimento, considerando che quel mercoledì era molto ventilato. Il lago era così movimentato che le onde raggiungevano quasi il giardino della famiglia Mancini. Erano stati costretti a pranzare in casa; all'aperto era un'impresa ardua tenere i tovaglioli ordinati e soprattutto evitare che i detriti del terreno volassero nei piatti. Il sole comunque era alto e splendente, senza alcuna ombra di nuvole vicine; non sarebbe stato un po' di vento a rovinare quella giornata.

Dopo aver aiutato la madre a mettere i piatti sporchi nella lavastoviglie, Giorgia seguì Eric in mansarda. Il ragazzo l'aveva aspettata appoggiato al tavolo, come fa un normale amico, solo che quel gesto provocò in lei un sorriso sulle labbra. Aspettare rappresentava per lei un gesto di grande affetto; aspettare qualcuno significa che tu rimani lì, fino a quando quella persona non termina il suo lavoro, perché vuoi raggiungere la meta successiva insieme. Aspettare significa volere quella persona al proprio fianco per fare la strada insieme. Giorgia non voleva dimostrare quel sorriso, perché era il riflesso di tante parole che cercava di trattenere. Aveva tanta voglia di buttarsi, ma aveva paura di sprofondare in un buco nero.

Quando raggiunsero la mansarda, rimasero lì, a metà tra le loro stanze, poggiandosi con le spalle al muro. Eric incrociò gambe e braccia, portando tutto il peso sulla spalla che lo sosteneva, lasciando i propri occhi su quelli azzurri della ragazza.

«Allora? Avete deciso cosa fare oggi pomeriggio?» domandò lui.

Giorgia guardò l'ora sullo schermo del cellulare. Erano le una e mezza del pomeriggio. «Alle quindici e trenta si va a casa di Samantha», sospirò. «Lei ha la piscina». Concluse la frase con un sorriso a labbra chiuse, molto accentuato.

Eric colse la sua ironia. «Non ti sta molto simpatica, vero?»

Lei si staccò dal muro con uno scatto. «Diciamo che me la faccio andare bene». Si girò verso di lui, tenendo una gamba dritta sulla quale metteva tutto il peso, mentre l'altra era leggermente divaricata, totalmente rilassata. Unì le mani in un pugno e distese le braccia lungo l'addome. «Non è una ragazza cattiva», continuò, «ci sono momenti in cui andiamo d'accordo». Sospirò nuovamente, questa volta molto più accentuato, quasi per farsi appositamente sentire. «Ma» fece una breve pausa spostando lo sguardo verso la tastiera, «non ha un carattere compatibile con il mio». Iniziò a camminare verso lo sgabello in camera di Eric. «Vuole sempre essere al centro dell'attenzione», si sedette dando le spalle al piccolo pianoforte elettrico, «e a me danno fastidio queste persone, capisci?» fece sbattere le mani sulle proprie gambe, scocciata. «Cosa voglio dimostrare? Di essere più capaci di altri? 'Tanto come siamo finiti al mondo, prima o poi ce ne andiamo anche». Abbassò leggermente il tono della voce, quasi malinconica. «E nessuno si ricorderà di noi».

Eric la guardò, mentre teneva lo sguardo fisso sul pavimento in legno, pensierosa. Con Samantha non aveva avuto modo di parlare abbastanza per decretare se il suo carattere potesse interessargli o meno, quindi non si sentiva in dovere di dare un giudizio. Aveva capito già dal giorno prima che tra lei e Giorgia navigava un rapporto di amore-odio. Samantha era sicuramente molto bella e forse quella bellezza infastidiva la sua nuova amica. Giorgia però non aveva nulla da invidiare, Eric lo sapeva bene, perché se anche la sua bocca non parlava, il cuore era la voce della verità.

«Dato che manca ancora molto», intervenne lui, «come vorresti passare il tempo?»

Quelle sarebbero state le prime vere ore del pomeriggio che avrebbero passato insieme, da soli, senza gli altri ragazzi. I giorni precedenti Giorgia lo aveva evitato e lui aveva preferito non infastidirla; sapeva che prima o poi si sarebbe ammorbidita e avrebbe tralasciato l'imbarazzo.

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