Sposami, Sigyn

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Sposami, Sigyn

Cap. 1 - Nella mia ora di libertà

"Sposami, Sigyn." Il sorriso sornione sulle labbra sottili era tra i più affascinanti che avesse mai sfoderato, non c'era alcun dubbio. Ma la proposta, come ogni sera, la disse per gioco, con aria faceta. Eppure lei abbassò le ciglia nere e fuggì il suo sguardo verde e quasi trasparente.
Esitò un momento. In fondo, ricevere una richiesta di matrimonio dal dio degli inganni in persona non era una cosa da poco e non aveva poi così tanta importanza che lui fosse chiuso dentro a una cella e lei fosse oltre le sbarre che lo imprigionavano. Gli porse i libri che le aveva chiesto il giorno prima. "Conosci la risposta. Non posso."

Loki Laufeyson non si perse d'animo per il rifiuto. "Avresti dovuto dire non voglio. Così mi lasci una speranza," osservò con gentilezza. Stavolta Sigyn non abbassò gli occhi. Sostenne il suo sguardo, lo fissò seria in volto e pallida persino, anche se nelle sotterranee prigioni di Asgard tutti sembrano più smunti di quanto non siano alla luce del sole.


"Non posso sposare un uomo che non mi ama." Il dio degli inganni sorrise di fronte alla sua fermezza, alla dolce decisione che trapelava dalle sue parole. Era adagiato contro la parete della sua cella privata con la stessa noncurante eleganza con cui in un altro tempo probabilmente si era riposato sotto un albero in primavera. Sembrava non avesse fatto caso al reticolo di ferro che gli impediva di scappare.


"Come fai a essere così sicura dell'inconsistenza dei miei sentimenti? Così mi offendi."

Le dita dell'Ase sfiorarono appena quelle della ragazza mentre prendeva dalle sue mani i pesanti volumi provenienti dalla biblioteca di Odino. Libri di magie, scienze, poemi e storie antiche – le uniche cose cui potesse dedicarsi, adesso. Sigyn non fuggì quel tocco. Lo desiderava. Lo aspettava, anzi. Ma poi, mentre il breve contatto si scioglieva sotto gli occhi vigili e silenziosi degli altri prigionieri, trovò la forza di dire la verità, per quanto amara fosse.


"Mi corteggi per noia, principe Loki."

L'Ase le sorrise di nuovo, ma stavolta le sue labbra assunsero una piega malinconica, distante. Era cominciata mesi prima, quella storia. Una specie di spettacolo teatrale ad uso e consumo di secondini e condannati. Le chiedeva di sposarla quasi ogni sera e lei, invariabilmente, declinava la sua offerta. Solo che.


"Ti corteggio perché hai capelli d'oro e sei bella, Sigyn." Se Loki avesse potuto oltrepassare le sbarre, certo le avrebbe sfiorato la ciocca bionda che le ricadeva scomposta sul collo e lei avrebbe sussultato, ma una fitta rete di grate impediva che si toccassero.

"Fuori di qui non mi noteresti." Sigyn si alzò e si allontanò di un passo, quasi l'Ase potesse raggiungerla. Un'altra constatazione amara, una verità che rimbombò tra le pareti umide della prigione. Nessuno osava fiatare o interrompere quel dialogo: né i prigionieri abbrutiti e torvi né le guardie apparentemente impostate e non solo perché quella scena era l'unica cosa di una certa rilevanza che accadeva tra quelle mura, ma perché presto Loki avrebbe ceduto, una parte della maschera si sarebbe incrinata. Era nata per gioco, tutta quella storia. Frigga non poteva recarsi giornalmente dal figlio incarcerato. Odino in persona glielo aveva vietato, ma a quel figlio troppo solo e pieno di rabbia aveva deciso un giorno di dare un conforto di tipo diverso. Un viso nuovo, fresco, che non ricordasse all'Ingannatore quello che era stato e aveva perso. Tra tutti una sola si era offerta di offrire consolazione a Lingua d'Argento. Sigyn, che archiviava libri in biblioteca. Ragazza silenziosa e delicata col naso sempre affondato nei libri, che non aveva esitato neanche un minuto a infilarsi un mantello e scendere i gradini più bui di tutta Asgard con un paio di volumi sottobraccio.

Le guardie della prigione avrebbero potuto giurare che l'interesse di Loki Laufeyson per la bionda Sigyn fosse nato nell'esatto istante in cui la ragazza era comparsa davanti alla sua cella. Il principe degli Aesir che aveva tradito Odino si era alzato in maniera piuttosto teatrale e le aveva porto omaggio con un cenno del capo, per poi rimanere a guardarla mentre la ragazza andava via. Il dio degli inganni sentendo questa storia avrebbe riso. Si sarebbe messo a spiegare che, rinchiuso com'era tra quattro mura, non avrebbe potuto non notarla né far finta di nulla. Che nei suoi occhi non c'era il dolore che leggeva in quelli di Frigga né la paura che riconosceva in quelli delle guardie o degli altri prigionieri. Perché Loki Laufeyson dei sotterranei di Asgard era diventato suo malgrado signore e padrone.

Lacci stretti tra Fedeltà e IngannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora