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Avete mai la sensazione di cadere nel vuoto o in un fosso buio, vorresti uscire, ti arrampichi ma poi ricadi come una mela cade da un albero. Avete mai la sensazione di sentirvi di troppo, che la gente vi parli alle spalle, che non vi volesse bene veramente, ho solo perché li fate talmente pena. Avete mai avuto la sensazione di non poter fuggire al passato? Di non poter uscire dal tuo incubo che ti tormenta da anni ormai. Ti senti calpestata come viene calpestata una gomma da masticare, dal mondo e dalle persone che ci vivono. Sai che non ti potresti fidare più di nessuno e ti racchiudi nella tua bolla, corazza e muro fatta di mattoni che mano a mano, con gli sbagli e le delusioni, si costruisce faticosamente.

A volte mi pongo questa semplice domanda: perché dovrebbero preoccuparsi di me? E ahimè a questa semplice ma anche con tanto significato, domanda non si può sempre dare una risposta.
Le risposte si cercano nel libri antichi, o in un dizionario, su internet, ma io la cercavo e le cerco tutt'ora nelle persone che mi stanno attorno, ma sopratutto in me stessa. Mi chiedo se tutto questo un giorno finirà. Smetterò di soffrire così tanto? I miei incubi che mi perseguitano smetteranno? Le persone a me più care ritorneranno da me? Avrò il sorriso stampato sulla faccia? Avrò mai la felicità che desidero più di ogni altra cosa?

Mi stiracchio tra le coperte del mio dolce, morbido e caldo letto. Sbuffando giro il volto per vedere la sveglia che giace sul comodino al
fianco del letto. Sono le 7:00 e tra un'ora dovrò arrivare in aeroporto per poter partire verso la mia nuova vita e la mia nuova città Chicago. Sono un po' in ansia perché io vivo in un paesino dell'America molto piccolo dove governa la tranquillità, e non sono abituata al caos delle grandi città, inoltre non sono mai uscita per fare un viaggio, e da qui potrete capire quanto può fare schifo la mia miserabile e inutile vita. A volte mi domando perché proprio io sia nata. Decido di restare altri 5 minuti tra le coperte e mi copro fino alla testa come se dovessi proteggermi e mi beo del caldo delle coperte e della borsa dell'acqua calda, amo il silenzio è la solitudine è odio le persone che me la interrompono. Sento dei passi nel corridoio molto pesanti e roteo gli occhi all'indietro sbuffando. Il mio bellissimo e rilassante silenzio viene interrotto dalla donna che mi ha messo al mondo, mia madre. Essa di prima mattina sembra un'isterica pazza che vaga in casa in cerca di qualcosa con cui prendersela e purtroppo la vittima sono io, ma il suo fragile e piccolo cuore governa quel poco di felicità che c'è nonostante il dolore che come me, la tormenta. Apre la porta bianca e spalanca i suoi occhi verdi scuro nel vedermi ancora nel letto sotto le
coperte. <<Melody ma cosa ci fai ancora nel letto, lo sai che tra un'ora abbiamo l'aereo. Vatti a fare subito una doccia e vestiti il più veloce che puoi>> urla e sento i suoi passi avvicinarsi e con un movimento rapido le coperte sono dall'altra parte del mio letto. Mi guarda in cagnesco, fa paura <<hai finito la tua valigia vero?>>. Questa si che è una bella domanda.
<<Ehm si lo preparata>> mento mentre faccio un sorriso nervoso, ma mia madre capisce che non è vero.
<<Melody Harper alzati da questo letto e preparati. Subito>> quando e molto incazzata mi chiama sia per cognome che per nome e in questo momento è infuriata più che mai. Se ne va chiudendo la porta non tanto piano procurando un suono fortissimo e sono costretta a tapparmi le orecchie. Non la sopporto quando fa così, e fottutamente irritante, sopratutto di prima mattina.

Scendo dal letto e appena metto i piedi sul pavimento freddo li ritraggo subito. Una mia abitudine di quando dormo e che non indosso mai i calzini e di conseguenza, la mattina mi innervosisco perché tocco il pavimento freddo più del ghiaccio, si lo so sono strana. In punta di piedi prendo i primi calzini che trovo e li indosso. Mi dirigo nel bagno, accendo la luce e mi spavento subito quando attraverso lo specchio vedendo una ragazza. Ma ora che ci penso, sono io!
Ho proprio un aspetto orribile di prima mattina. Mi spoglio e inizio a farmi la doccia canticchiando una canzone tra lo spagnolo e l'arabo.
Mi spoglio e mi immergo sotto il getto forte e caldo della doccia. Finito la doccia mi avvolgo il mio accappatoio bianco come il latte e mi lavo i denti, spazzolo i miei lunghi capelli rossi che mi arrivano al sedere. Rivado in camera, apro l'ultimo cassetto del comodino e affondo la mano in cerca della scatolina arancione e mi prendo la pillola che dovrei prendere mattina, pomeriggio e sera. Prendo questa dannata pillola da quando ho 16 anni perché da li ho iniziato ad avere gli attacchi di panico, questa pillola mi permette di non tremare e avere l'ansia. Mi vergogno molto di questa cosa infatti nessuno, neanche mia madre sa che me la prendo. Apro le ante del mio armadio color legno chiaro e inizio a vestirmi mettendo una tuta nera con una felpa verde. Mi metto un po' di mascara così risaltano i miei occhi verdi e sono pronta. Non amo molto truccarmi ma per apparire un po' più presentabile metto giusto un velo di mascara.
Prendo tutti i miei disegni che amo tanto fare e le foto fatte da mia madre, si lei ama farmi foto, dicevo prendo i miei disegni e le ultime cose e le ripongo nella piccola valigia nera e bianca.

Guardo la mia piccola stanza che mi ha accompagnato in questi lunghi e dolorosi diciotto anni. Ne ho passate davvero tante in questa stanza, dal ridere con mia madre a chiudermi per la paura dentro lo sgabuzzino buio e freddo, e per questo che sono anche claustrofobia, non sopporto gli spazi chiusi. Scuoto la testa per scacciare via quei pensieri tristi e arrivo in cucina trovando mia madre guardare la foto della mia famiglia. Quella famiglia che è stata distrutta ormai da tanto tempo.  Guarda quella foto con malinconia, tristezza e delusione. Mi dispiace davvero tanto per come le cose siano andate, non ho fatto niente per aiutarla e per questo mi faccio schifo da sola, non ho saputo proteggerla e coccolarla come dovevo fare, ma cacchio anche io stavo una merda, anche io avevo bisogno di qualcuno su cui appoggiarmi, volevo qualcuno che mi abbracciasse e che mi dicesse che sarebbe andato tutto bene, ma non c'era nessuno a consolarmi. Piangevo da sola, abbandonata dal mondo intero e adesso ho imparato a tenere le persone alla larga da me, tanto prima o poi se ne vanno tutti. Riponi fiducia in loro ma poi se ne vanno lasciandoti con mille domande senza risposta e con un dolore al petto.

<<Mamma sono pronta>> la richiamo distogliendola dai suoi cupi pensieri e facendola sussultare, rimette la foto nello scatolone e mi riserva un sorriso malinconico e odio quando fa quella specie di sorriso perché so che non è un sorriso che illumina la stanza anche se è tutta buia, ma questi tipi di sorrisi vengono fatti per rassicurarti e cacciando via le lacrime. << Si andiamo, papà ci aspetta fuori>> si riprende subito.
<<Ma questi scatoloni come li portiamo>> domando indicando i tanti scatoloni che si aggirano per casa. <<Verrano delle persone che trasporteranno tutto nella nuova casa, non ti preoccupare>>. Insieme ci avviamo alla porta e usciamo dirigendoci verso la macchina affiancata alla piccola strada. Appena entriamo al suo interno, mio padre sospira rumorosamente segno che è nervoso o arrabbiato. E un uomo cattivo e senza cuore, lo so che è mio padre però sono tutte cose vere e lo odio quasi quanto odio me stessa e la mia  vita.

Guardo dal finestrino coperto dalle goccioline a causa della pioggia, la casa che odio tanto. Questa casa e stata riempita dalle urla, dal dolore, dalla tristezza, e dalle mille incomprensioni. E stato proprio qui che la mia seconda fobia a preso forma, odio questa casa quanto  odio me stessa e la mia vita. Si la mia vita è un fottuto disastro. Un completo casino.
Osservo per l'ultima volta la mia casa ormai inghiottita dalla disperazione, osservo le case altrui, così belle e così vive. Passo le case delle mie migliori amiche che ormai ho abbandonato. Se avessi continuato a essere loro amica avrei sofferto di più e loro con me. Mi sento in colpa perché so come adesso ci si sentono. Mi dispiace così tanto avere abbandonate e allontanate da me, ma in cuor mio, dovevo farlo, dovevo allontanare tutti i miei pensieri e tutti i miei ricordi legati a questa città che mi ha fatto soffrire tanto. Spero che un giorno loro mi possano perdonare. Gli occhi si fanno lucidi ma neanche una lacrima scende dal mio viso.

Non devo piangere.

Devo essere forte.

Per tutti.

Per me.

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