Capitolo 13 ~Diario di una schiappa~

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[#13. S o Z?]
 Davanti allo specchio sono io, 
non sono io.
La lastra riflette un corpo bozzolo,
in costruzione.
Sono io,
in un futuro, a-tonico, battito d'ali.
*
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«Non ci riesco», scosse la testa. Aveva aperto gli occhi da pochi minuti e non riusciva a concentrarsi. Sapeva di doverlo fare, doveva pensare a un modo per sopravvivere alla crisi d'astinenza, ma non ne aveva voglia, non voleva smettere. Doveva scegliere tra Sergio e l'eroina.
Senza sbattere gli occhi o muovere la testa, afferrò il cellulare e se lo portò davanti alla faccia. Un messaggio di Schizzo pixellava: "Devi scrive na sorta de diario, ho letto che aiuta".
«Perché cazzo mi hai scritto un messaggio se ti trovi nella stanza accanto?!», urlò verso la porta. «Tossico», rise a bassa voce.

Colpì con il palmo aperto – come per darsi la carica – il lato del letto matrimoniale sempre rifatto, la zona "armadio" su cui buttava quei pochi panni puliti, appena comprati o lavati da Barbara. Ma comunque il tentativo di alzarsi fu penoso: i muscoli tremavano violentemente e si contraevano in spasmi dolorosi.
Fanculo, pensò Dante.

La sera prima Sergio aveva portato via ogni singolo grammo ed era stato abbastanza convincente da fargli passare la voglia di chiamare il carissimo pusher Caramella. Caramella aveva una bella macchina pagata con i soldi di Dante e qualche altro pollo buono da spennare. Navigava nell'oro delle monetine da dieci centesimi rubate dai tossici in chiesa o dei resti dimenticati nelle macchinette del caffè. Caramella aveva un cuore cremoso al latte e un involucro rosso rubino, somigliava a una caramella Rossana, con tutto il sapore nostalgico di un'infanzia ormai lasciata alle spalle; sì, Caramella aveva brufoli bianchi su tutta la faccia e una matassa roscia e riccia. Come una Rossana insomma.

Sergio era stato chiaro "non ce devi manco provà" aveva detto, muovendo la mano chiusa, eccetto il pollice, sotto al collo, nel tipico gesto del "te sgozzo". Un nuovo messaggio dal telefono lo distrasse: "Sergio ha detto de non provacce", aveva scritto Schizzo. "È stato qua stamattina presto, è annato a corre, che ne so sti giovani d'oggi che fanno co la salute", scrisse l'ennesimo messaggio.

Sbuffò e con un ultimo sforzo si mise in piedi, sembrava un vecchio con l'anca storta, ma comunque riuscì a barcollare verso la scrivania. Il piano in legno era nascosto sotto una montagna di impegni non mantenuti, come gli esami da dare e prima di iniziare a scrivere buttò tutto a terra con il braccio, passato sulla scrivania come un tergicristallo contro le macchie di cacca-pipì di piccione ostinate.
Afferrò foglio e penna e scrisse le prime lettere: "Giorno uno".
«Che cosa stupida», soffiò ed era sul punto di tornare a letto, quando Schizzo si affacciò alla porta.
«Oh, bravo. Io esco», disse didascalico. Strano, non era da lui.
«Te vai a drogà?», domandò Dante, un sopracciglio alzato. Schizzo annuì e richiuse la porta con un colpo secco.

«Giorno uno.
Schizzo si droga e io no. Non è giusto.
Sergio sei uno stronzo».
Accanto al nome di Sergio disegnò un lungo pene dettagliato.

«Tra qualche ora avrò un ago in vena, solo per questo riesco a resistere.
Voglio l'eroina. Vorrei non averglielo promesso. Lo deluderò. Sto per vomitare».
Scrisse l'ultima parola prima di correre in bagno a fare uno schizzo d'arte nella tazza.

* * *

«Giorno due. SOLO?».
Scrisse spingendo la penna sul foglio, marcando la linea per sottolineare il proprio disagio. 
«Sto male. Ieri non ho dormito. Oggi sarà peggio, me lo sento».
Batteva il piede nervoso, doveva prendere piccoli respiri per non sentire male alle ossa, le costole infilate nei polmoni. 
«Ho chiamato Sergio. Ho urlato, lui no. 
Perché devo smettere di drogarmi? Nessuno mi ca-».

Era come affogare [boyxboy]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora