Capitolo 15 ~La mamma non si infama~

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[#15. Argene:]
È il mio raggio di sole.
Non me lo porteranno via.

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Non aveva chiuso occhio ed era tutta colpa di Sergio e del suo tentativo di farsi ammazzare da Elvis. Non poteva chiamarlo, non poteva scrivergli, doveva mangiare e lavarsi, questi gli ordini del "capo". Aveva provato a ribattere dicendo di non essere un bambino, ma Sergio gli aveva risposto: "No zi, ma sei n'tossico". Aveva aggiunto "de merda", ma meglio non ricordarlo.

Sto stronzo, pensò, mentre con il cucchiaino faceva affondare i biscotti nella tazza come il Titanic nel mare, nella tipica tecnica dello "spezza e affonda". Distratto dalle canzoni sparate nelle cuffiette, affogava i biscotti tanto a lungo da farli diventare una pappetta schifosa. Era molto più preso dallo sculettare sullo sgabello, nelle mutande larghe regalategli da Barbara.

Perché doveva ingrassare?
Per la salute, sussurrò una vocina nella testa.
Per Sergio, continuò, ma Dante soffiò una risatina tra i denti. Sergio gli aveva ordinato di mangiare sì, ma la notte prima aveva disegnato con l'indice la mappa del suo corpo, passando per le colline delle costole, per poi proseguire verso le scogliere dei fianchi appuntiti, colonne d'Ercole verso il misterioso serpente marino.

Ok, forse stava esagerando con Donatella Rettore: «Il kobra non è un serpente, ma un pensiero frequente, che diventa indecente», cantava da ore. La carne di Dante sfregava contro la pelle sintetica dello sgabello e produceva fastidiosi stridii.
Senza l'eroina, quello di ascoltare canzoni trash italiane gli era sembrato il metodo migliore per placare l'ansia.

L'alba era sorta e Sergio non era ancora tornato. Doveva iniziare seriamente a preoccuparsi?

«Il kobra si snoda, si gira, mi inchioda, mi chiude la bocca, mi stinge mi tocca. Wow, wow il kobra ah!» nella foga della prestazione canora alzò un braccio in alto, le dita mosse come se stesse formulando un incantesimo.
Ti evoco mio kobra!, rise Dante, ma proprio in quel momento una mano gli strinse il polso.

Si girò di scatto con un grido. «Ho sonato dieci volte», disse Sergio con un sospiro. Gli lasciò andare il braccio e crollò sullo sgabello accanto al suo. «Come sei entrato?», domandò con un sopracciglio alzato. «Ho spaccato la porta», indicò con il pollice il portone alle sue spalle e Dante notò una carta di credito spezzata buttata a terra. Sospirò e tornò a guardare il motivo del suo esistere.

«Canti bene», sorrise Sergio, ma persino Dante, incapace com'era a capire i sentimenti altrui, notò quanto fosse tirato.
«Te la dedico», pronunciò le parole con malizia nel tentativo di far rilassare l'altro. Sergio però era distratto, stava osservando il biscotto affondare lentamente nel latte caldo, ancora fumante. «Com'è andata? Stai bene, quindi è andata bene, no?» Dante provò a intercettare la sua attenzione con la mano, ma Sergio continuava a fissare un punto indefinito. «È annata», sbiascicò e si portò una mano sul viso per massaggiarsi gli occhi.

«È morto davvero?» la domanda di Dante non era rivolta a Sergio, serviva più per prendere consapevolezza della loro ritrovata libertà. Sergio però rispose: «È schiattato sì», sbottò e si alzò in piedi.
Era arrabbiato?
«Non era quello che volev-» non fece in tempo a pronunciare l'ultima parola, Sergio lo afferrò per le guance con una sola mano.

«Pensi davero che so felice de avè ammazzato na persona?», domandò a pochi centimetri dal suo viso. Dante scosse la testa con gli occhi spalancati. No, non lo credeva, ma aveva scelto un approccio positivo per non finire schiacciato dagli eventi come già era accaduto.

Sergio buttava fuori l'aria dalle narici come un toro, vene esposte sulle fronte tesa. «L'ho preso pe le gambe e ho tirato» le prime parole erano ancora cariche di aggressività, ma all'ultimo la voce si incrinò e Sergio mollò la presa sul suo viso. «Non moriva Dà, che dovevo fa?!», confessò con la testa bassa.

Era come affogare [boyxboy]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora