Capitolo 5 ~ Q. XXX ~

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[#5. Hai i soldi?]
Sento il lamento del corpo. Ne ho bisogno.
Ed eccola lì la felicità, eccola posata su un vassoio.
Mi entra nelle vene.
Mi mangia.
La felicità dell'ultimo respiro.
La felicità è l'eroina.

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     Aveva lasciato il cellulare a casa, quel piccolo dettaglio gli era sfuggito la notte prima, ma era riuscito a svegliarsi comunque grazie al proprio stomaco. La fame, la voglia di cornetto ripieno alla Nutella e la necessità di inserire carburante in corpo lo avevano fatto alzare dopo solo qualche ora di sonno. Non era freschissimo, ma fortunatamente doveva solo finire i lavori inconclusi del giorno prima. Giulio sarebbe mancato ancora per un po', un'occasione per rilassarsi e riposare. 

A Tor Lupara c'erano solo un bar degno di questo nome, gli altri erano principalmente circoli per vecchi, locali una volta alla moda erano diventato luoghi di scommesse per il Burraco. A Tor Lupara giocare a Burraco era uno status symbol, i primi tre in classifica erano considerati V.I.P: membri del club "Viva Il Paleozoico".

Quando aprì gli occhi si ritrovò a pochi centimetri dal viso di Dante. Ricordava di avergli lasciato abbastanza spazio sul lato corto della penisola, ma probabilmente durante la notte si erano mossi. Istintivamente si tirò indietro e sbatté la testa contro il bracciolo. «Cazzo!»
Produsse un tonfo sordo, tanto da far lamentare nel sonno Dante. Ora o mai più, doveva tentare di svegliarlo. «Oh daje, in piedi» Sergio neanche dovette alzarsi, Dante era a portata di schiaffi, anzi schiaffetti, veloci e leggeri, una combo fatale.
Nulla.
«Uno: ho fame. Due: devo andare a lavoro» elencò a suon di schiaffi. «Accompagnami in macchina, facciamo prima» gli diede un'ultima pizza più forte per farlo alzare.
Ancora nulla.
«Ti offro un cornetto grosso così» gli fece il gesto davanti la faccia e vide gli occhi di Dante finalmente aprirsi, di poco certo, ma il cornetto sembrava già più vicino.
«Potevi dirlo prima» l'altro aveva la voce impastata di sonno, come se stesse cercando di mandare giù una crostata burrosa e carica di marmellata.

Dante si stava vestendo talmente tanto lentamente da far credere a Sergio di avere davanti un novantenne. Quasi quasi poteva scommettere su Dante al prossimo torneo di Burraco.
«Sono troppo lento, lo so» Dante lo guardò male, doveva essersi accorto dell'occhiata lanciata da Sergio.
«Ma no, che dici Franklin?», domandò ironico Sergio e anticipò lo sguardo confuso di Dante, aggiungendo: «Franklin la Tartaruga».
Dante non disse nulla per la prima volta in assoluto, ignorò Sergio e finì di vestirsi. «Ma come, nessuna risposta acida?»
«Hai appena citato un cartone per bambini con una tartaruga di nome Franklin. No, non ti meriti una risposta», disse serio, ma stentava a nascondere un sorriso.
Sergio lo vide e scoppiò a ridere.

«Manco il tempo di pettinarmi», si lamentò Dante. Così sfatto sembrava quasi una persona normale.
«Ma infatti quel capello dritto» indicò la testa dell'altro e Dante per poco non mandò la loro vita al Creatore. Inchiodò, facendo slittare la leggera Panda cacarella verso un cancello privato, per una decina di centimetri non sfondarono la casa di quell'ignaro coatto con l'aquila della Lazio posizionata sul muro a mo' di gargoyle. Quasi morti solo per guardarsi attraverso lo specchietto retrovisore. Sergio aveva gli occhi spalancati e le braccia tese verso il cruscotto per tenersi, se non avesse avuto i riflessi pronti si sarebbe spiaccicato con la faccia contro il parabrezza. «Ma sei scemo?», domandò con un certo affanno.
«Non ci vado in giro così» Dante cercava di dare un senso al suo caschetto lungo e moro, ignorando i clacson lamentosi o incazzati. Sergio emise un suono gutturale, di fastidio e afferrò l'elastico smorto, solitario e mezzo rotto intorno al proprio polso, brandendolo come un'arma.
«Statte fermo» prese per i capelli Dante e lo costrinse in una posa scomoda per fargli un codino brutto come la coda spelacchiata di un gatto randagio.
«Tiè, bellissimo. Ora cornetto», ordinò con un sorriso e puntò l'indice verso il retro della macchina, intimando la retromarcia e il ritorno alla loro meta: l'elegantissimo bar Scianel.
Dante lo guardò per qualche secondo senza fare o dire nulla e Sergio si ritrovò con il sopracciglio alzato nel tentativo di capire cosa volesse l'altro. «Oh?», domandò, le pieghe della fronte ben visibili.
«Pure tu sei bellissimo», sussurrò, voltando la faccia per tornare a guardare la strada durante la manovra. Sergio non riuscì a sentire chiaramente, il suo cervello elaborò una frase tipo "Purè buonissimo" e si ritrovò ad annuire poco convinto, senza voler indagare oltre.

Era come affogare [boyxboy]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora