L'uomo è coperto da una pesante veste per proteggersi dalla fitta nevicata che imperversa con forti venti sulla cima della montagna appena scalata. Dal cappuccio grigio si intravedono capelli e barba cinerei che ricoprono buona parte del vecchio volto bianco e stanco.
Il bambino, suo collega, si avvicina a passi veloci e silenziosi, poi, senza nemmeno rivolgergli parola, comincia ad osservarlo come in attesa di suoi ordini. Una veste simile a quella dell'uomo veste il bambino dai cortissimi capelli neri.
Da una tasca interna alla sua veste Agre, questo il nome dell'uomo, recupera un piccolo oggetto: una chiave, tanto lucente da far risaltare il colore nero del guanto di pelle.
Pik, questo il nome del bambino, smette di osservare Agre quando quest'ultimo ripone con cura la chiave all'interno della tasca e con un cenno del capo comunica di andare. A quel punto Pik d'improvviso scatta in avanti gettandosi per la scoscesa discesa innevata della montagna, fra rocce, alberi spogli e ruscelli ghiacciati. Dopo qualche secondo anche Agre, con più prudenza, intraprende la discesa.
Agre e Pik hanno appena completato la loro missione. Uscire dalla città non è stato molto difficile, hanno aggirato più volte le guardie che illuminavano il perimetro, ma infine sono riusciti a raggiungere uno dei molti punti cechi del confine e superarlo uscendo dalla città. Il viaggio fino alla cima della montagna non è stato in sé impervio, e l'unico inconveniente è stato lo sporcare di sangue la neve.
Appena arrivati nell'ultimo spiazzo piano prima della cima della montagna, Agre è stato colpito da un dardo alla spalla destra, scoccato da qualcuno nascosto più in alto nella neve. L'armatura leggera in pelle e acciaio di Agre riesce ad assorbire buona parte dell'energia cinetica del dardo, procurandogli solo una ferita superficiale.
Pik, rapidissimo, è riuscito a vedere l'angolazione del dardo conficcato nella spalla di Agre e a nascondersi alla vista dell'invisibile tiratore aggirando il presunto luogo dello sparo.
Agre intanto, liberatosi dal dardo, scatta in avanti correndo abilmente a zig zag nonostante i suoi centottanta centimetri d'altezza, novantotto chilogrammi e muscoli di sessant'anni. Copre la sua corsa sparando diversi dardi con la balestra integrata nella polsiera sinistra e nascosta dallo scudo a goccia legato all'avambraccio, mirando all'esiguo gruppetto di alberelli spogli poco più in alto. Il movimento è rapido, preciso ed esperto, ma i dardi si infrangono senza provocare alcun danno su alcune rocce ghiacciate e sulla corteccia di un giovane faggio. Anche i colpi avversari hanno la stessa sfortuna e non riescono a colpire Agre.
Proprio quando quest'ultimo è a pochi metri dagli alberi, un grasso uomo di poco più di trent'anni e di origini orientali compare con i suoi larghi abiti da dietro alcune grosse rocce sulla destra.
Intanto Pik riesce a raggiungere un punto sopraelevato, dietro la linea degli alberi da dove è partito il colpo che ha ferito Agre, da lì può setacciare tutto il campo di battaglia e dove è in grado di individuare tutti e tre gli operatori avversari, è evidente che gli assalitori svolgono il medesimo mestiere di Agre e Pik. Non conosce i loro nomi ma ciò che sa per certo è che stanno ostacolando la loro missione. Pik si avvicina silenzioso all'avversario più vicino, apostato in mezzo alla neve dietro un faggio vestito da abiti bianchi, mentre Agre e Bancip, questo il nome del grasso uomo, cominciano a scontrarsi, l'uno con un tirapugni munito di lama trasversale con l'impugnatura ben salda nel palmo destro e l'altro con due mazze simili a clave di ferro legate da una resistente e sottile corda.
Con velocità letale e silenziosa Pik affonda una delle sue lame del suo coltello multiuso di forma circolare nel collo di Corga, l'avversario più vicino alla sua posizione nonché il tiratore del dardo che ha colpito Agre poche decine di secondi fa. La vittima comincia a contorcersi senza emettere il minimo suono e poi, portandosi le mani alla gola per un istinto di autoconservazione oramai quasi svanito, smette di vivere.
Estraendo la lama dal collo di Corga, mantenendo lo strumento multiuso a forma di cerchio dall'apposita impugnatura coincidente con il suo diametro, la rimette al suo posto in mezzo alle decine di varie lame e attrezzi utili a scassinare porte, cancelli e serrature di ogni tipo.
Agre e Bancip lottano ferocemente ed abilmente in mezzo alla neve. Lo scontro dura pochi secondi. Con uno scatto del braccio Bancip comincia a roteare sopra la sua testa una delle due mazze attraverso la corda che le tiene saldamente attaccata in un unico corpo assieme all'altra estremità e con abilità comincia a minacciare l'avversario che intanto è intento a studiare le mosse del proprio. Bancip riesce a colpire più volte Agre con sorprendente velocità ma senza riuscire a ferirlo abbastanza da finirlo. Ma Agre ha dalla sua trent'anni in più di esperienza. Sfruttando una piccola apertura balza in avanti affondando la lama della mano destra nella carne di Bancip mentre con la sinistra lo colpisce al viso con lo scudo a goccia, il quale termina con una punta letale. Poi, evitando un'ennesima letale mazzata, Agre accoltella freneticamente la carne di Bancip come un sacco di allenamento, facendolo barcollare all'indietro in preda al dolore. Bancip giunge al limite dell'altopiano. Incoscientemente mette un passo nel vuoto e cade rotolando fra le rocce, gli alberi spogli e rigidi e la neve.
Nel contempo Pik, con circospezione, arriva in pochi secondi in cima per controllarla, trova un altro nemico, una ragazza di nome Famira.
Al minimo cenno di Pik, l'anziano Agre, dopo aver seguito Pikm, porta con esperta precisione l'avambraccio sinistro avanti al viso e, facendo da stabilizzatore con il braccio destro, colpisce Famira alla spalla da una distanza considerevole, facendola barcollare all'indietro. La bocca si apre come per gridare, ma nessun suono si ode. Quasi contemporaneamente Pik lancia la sua multi lama circolare con tre lame di diversa dimensione e forma aperte, infilzandola alla coscia, poi, approfittando degli istanti di titubanza dovuti al forte shock provocato dal dolore, Pik di getto riesce a sfilare il pacchetto dalle braccia nere di Famira ed il coltello dalla coscia tonica.
La ragazza, ferita e consapevole della sconfitta degli altri due suoi colleghi, decide di fuggire. Lancia a terra con una mano un piccolo oggetto sferico che esplodendo crea una densa nube nera, mentre con l'altra mano lancia una piccola conchiglia che comincia ad emettere come un suono continuo di scoppietii per nascondere il suono dei passi nella fuga.
Pik pulisce le lame del suo cerchio dal sangue di Corga e Famira richiudendole nei rispettivi alloggi. Agre ricarica la sua balestra nascosta dallo scudo a goccia per poi recuperare dalle piccole mani di Pik il pacchetto. Lo apre.
La chiave appare luccicante nonostante la poca luce. All'apparenza si presenta come una semplice chiave ma osservandola da vicino e con occhio attento si riesce ad individuare un mosaico labirintico di intricate intersezioni. Agre l'afferra e la accomoda in una delle due tasche interne del corpetto di cuoio ed acciaio. Poi si ferma a pensare, senza parlare. Si avvia con Pik verso lo strapiombo ad osservare la sterminata libertà e non capisce perché ne sia così rapito, quasi non riesce a distogliere lo sguardo dalle distese incolori di vento freddo. Agre non capisce, poi riprende la chiave e la osserva. Una chiave, una semplice chiave, perché è andato a prenderla? Ma sa che non è lecito chiederselo.
Non ha più tempo per pensare, Pik spicca un salto in avanti cominciando la discesa verso la base della montagna verso la città. Agre lo segue.